Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 550 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 550 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN PAOLO BEL SITO il 22/04/1971
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E presente l’avvocato COGNOME del foro di SANTA COGNOME in difesa di NOME COGNOME il quale si riporta integralmente ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 23.1.2024 la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza con cui il Tribunale di Benevento in data 19.10.2021 aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 589, comma 2, cod.pen. condannandolo alla pena di anni uno di reclusione, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante ed ha ridotto la pena a mesi sei di reclusione.
Il fatto contestato all’imputato é quello di avere, alla guida della propr autovettura Fiat Panda tg. TARGA_VEICOLO, per imprudenza, negligenza ed imperizia, ed in violazione degli artt. 140, 190 e 191 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, cagionato il decesso di COGNOME NOME (fatto avvenuto in Benevento il 29.3.2015).
Sulla base delle sentenze di merito il fatto può essere così ricostruito:
in data 4 marzo 2015 alle ore 17 e 55 in INDIRIZZO in Benevento, all’altezza del civico n. 149-153, l’anziana NOME COGNOME, dopo essere uscita da un negozio di tabacchi, aveva iniziato ad attraversare la carreggiata in corrispondenza delle strisce pedonali per recarsi sul lato opposto e nella fase finale veniva attinta sul lato destro dell’autovettura Panda condotta dal COGNOME che procedeva sulla sua destra in direzione Montesarchio ed a seguito dell’urto veniva spinta lateralmente verso il marciapiede rovinando a terra e riportando lesioni che, dopo alcuni interventi chirurgici, ne cagionavano il decesso intervenuto in data 29 marzo 2015.
Dall’istruttoria espletata risultava che la strada, larga otto metri, era a doppi senso di marcia e non presentava il fondo sconnesso, la visibilità era buona, la pioggia moderata ed il traffico regolare. Le strisce pedonali, seppure scolorite, terminavano in parte sul marciapiede ed in parte in un varco di accesso al marciapiede all’altezza dei nn. 149 e 153 e non risultavano tracce di frenata.
Sulla scorta delle testimonianze assunte, si ricostruiva che la donna era stata attinta dalla parte destra dell’autoveicolo ed il medico legale attestava che le lesioni riportate erano compatibili con una caduta determinata da un urto violento che le aveva fatto perdere l’equilibrio.
Lo stesso COGNOME aveva riferito agli agenti di aver urtato la donna con lo specchietto dell’autovettura, per poi precisare in dibattimento di aver visto la donna appoggiarsi sul suo finestrino dal lato destro.
Il decesso era stato poi la conseguenza del prolungato allettamento della vittima e del decadimento complessivamente conseguente al politraumatismo subito.
Il giudice di primo grado, ravvisato il nesso di causalità tra la condotta del Muto l’evento morte, ha ritenuto la penale responsabilità dello stesso in ordine al reato a lui scritto.
L’impianto motivatorio della sentenza di primo grado ha trovato sostanziale conferma in quella d’appello che si é limitata a rimodulare il trattamento sanzionatorio.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
Con il primo motivo deduce quanto alla violazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 523 cod.proc.pen. l’erronea applicazione di legge laddove la Corte d’appello ha ritenuto che non vi sia stata alcuna compressione del diritto di difesa nel giudizio di primo grado in quanto era obbligo del difensore non far rientrare il giudice di prime cure prima che terminasse l’arringa.
Si censura la decisione della Corte d’appello che a riguardo ha ritenuto che il difensore dovesse intervenire prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio.
Con il secondo motivo quanto agli artt. 63 e 64 cod.proc.pen. deduce l’erronea applicazione della legge in relazione all’art. 350, comma 7, cod.proc.pen.
Si censura la sentenza impugnata laddove non ha ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dall’imputato in fase di indagini senza l’assistenza del difensore.
Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. per manifesta illogicità e contraddittorietà della sentenza e travisamento della prova.
Si censura la sentenza impugnata laddove ha valutato ai fini della condanna le dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME che sono in netto contrasto con quelle rese dagli operanti di P.G., peraltro neanche coincidenti tra di loro.
Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. d) ed e) cod.proc.pen. per mancata assunzione di una prova decisiva nonostante la richiesta della difesa nel corso dell’istruttoria dibattimentale e la mancanza della motivazione sul punto.
Si assume che la Corte d’appello non ha in alcun modo motivato circa la richiesta di rinnovazione istruttoria in ordine alla causa delle lesioni patite dalla COGNOME che nell’assunto difensivo non derivavano dall’impatto con il veicolo bensì da quello con il manto stradale disconnesso.
Con il quinto motivo si duole della mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 2 cod.pen. da cui consegue la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Si assume che l’aggravante de qua deve essere esclusa in quanto il ricorrente non ha violato alcuna disposizione del
codice della strada atteso che la persona offesa, dopo aver perso l’equilibrio, aveva colpito lo specchietto retrovisore destro del veicolo condotto dal Muto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é nel suo complesso infondato per le ragioni che si andranno partitannente ad esporre.
1. Il primo motivo é manifestamente infondato.
In primo luogo la censura é reiterativa di quanto dedotto in appello e non si confronta con le statuizioni della sentenza impugnata che ha rilevato che la doglianza difensiva é stata sollevata solo dopo la lettura del dispositivo, come risulta dal verbale dell’udienza. A ciò si aggiunga che non é stato neanche allegato il pregiudizio arrecato alla difesa dell’imputato, ovvero quali sarebbero state le richieste e le argomentazioni che detta difesa avrebbe voluto e che non ha potuto svolgere rispetto alle conclusioni già rassegnate.
2. Il secondo motivo é inammissibile.
È invero inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n./ 17/07/2019, Rv. 277710).
Ed invero, la censura non si confronta con la sentenza impugnata che, chiamata a pronunciarsi circa l’eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputa nell’immediatezza dei fatti, ha ritenuto l’irrilevanza delle medesime a fronte di un ampio compendio probatorio costituito dalle dichiarazioni rese dai testimoni e dai consulenti tecnici nonché dai rilievi eseguiti dalla Polizia stradale, elementi da quali ha desunto in termini di certezza la ricostruzione del sinistro stradale per cui é processo.
3. Il terzo motivo é del pari inammissibile.
Ed invero in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, ‘dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorat quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti
sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della vale probatoria del singolo elemento (Sez.2 n. 9106 del 12/02/2021, Rv 280747).
Nella specie la censura invoca una diversa valutazione delle dichiarazioni testimoniali dei testi escussi in primo grado con particolare riguardo a quelle rese dai testi di P.G.
Quanto al dedotto travisamento della prova va rilevato che nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorren rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Rv. 283777).
Nella specie il ricorrente non ha neanche allegato il dato probatorio asseritamente travisato.
4. Il quarto motivo é infondato.
Va premesso che in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 5782 del 18/12/2006, dep. 2007, Rv.236064).
Nella specie, la Corte di merito ha implicitamente disatteso la richiesta avente ad oggetto una nuova perizia cinematica e medica atteso che dalla istruttoria già espletata risultava acclarato il nesso di causalità tra la condotta di guida del Muto ed il decesso della COGNOME, non trovando viceversa alcun riscontro probatorio l’ipotesi alternativa, prospettata dalla difesa, secondo cui le lesioni pa1:i dall’anziana donna, che poi avrebbero portato al suo decesso, derivavano non già dall’impatto con l’auto del prevenuto bensì con il manto stradale disconnesso che la faceva rovinare sul marciapiede.
Il quinto motivo é inammissibile attenendo a questione non dedotta in appello.
Ed invero in tema di ricorso per cassazione, non possono essere dedotte questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni
rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stat possibile dedurre in precedenza.
In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso I 7.11.2024