Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1711 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1711 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore
E’ presente come sostituto processuale con delega orale dell’avvocato COGNOME del foro di ROMA in difesa di:
NOME NOME l’AVV_NOTAIO
il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza resa in esito a giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale nei confronti di NOME NOME, dichiarato colpevole dei reati di cui agli artt. 589-bis e 589-ter cod. pen perché, percorrendo alla guida dell’autovettura Nissan Juke la INDIRIZZO in direzione Piramide, giunto al semaforo posto nei pressi del INDIRIZZO, all’altezza dell’incrocio che consente ai veicoli la svolta verso INDIRIZZO, sebbene il semaforo proiettasse luce rossa per i veicoli che, come quello del NOME marciavano in direzione Piramide, proseguiva la marcia (in violazione dell’art. 146 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285) “tagliando la strada “al ciclomotore condotto da COGNOME NOME, il quale percorrendo la INDIRIZZO in senso opposto, stava affrontando con la luce verde l’incrocio sopraddetto e così, mentre invertiva il senso di marcia per immettersi in INDIRIZZO, a causa del mancato rispetto della luce semaforica da parte dell’imputato, collideva con la fiancata sinistra della Nissan, cadendo a terra per il violentissimo urto e decedendo poco dopo. L’imputato accelerava la marcia e si dava alla fuga senza prestare soccorso alla persona offesa.
1.2. La ricostruzione operata dai Giudici di merito si era fondata su diverse testimonianze dalle quali emergeva che il conducente dell’autoveicolo, attraversato a velocità sostenuta il semaforo con luce rossa, subito dopo aver investito la persona offesa, si allontanava accelerando e che, tre giorni dopo il fatto, si informava con un tassista sulla presenza di telecamere sulla vi Ostiense. L’autoveicolo investitore veniva rinvenuto dagli operanti regolarmente parcheggiato a circa duecento metri dal luogo del sinistro. Esso presentava danni sulla sola parte laterale sinistra della carrozzeria, aveva l ruote prive delle due borchie sinistre, i due airbags laterali sinistri esplosi altre parti mancanti, assolutamente compatibili con i resti ritrovati sul luog del sinistro.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso al difensore dell’imputato per i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 192 e 530, comma 2, cod. proc. pen., per non avere la Corte territoriale rettamente valutato le doglianze difensive, essendosi limitata a ripetere le argomentazioni del giudice di primo grado;
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 192 e 589-bis, comma 7, cod. pen.,
attesa l’accertata positività all’alcoltest anche della vittima del reato. Non comprende perché tale circostanza non sia stata reputata rilevante dal Giudice di appello;
2.3. Con il terzo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 192 cod. proc. pen. e 589-ter cod. pen., perché la stringata motivazione offerta sul punto dalla sentenza impugnata non soddisfa l’obbligo motivazionale. Massime di esperienza inducono ad escludere che possa parlarsi di fuga nel momento in cui un soggetto (come avvenuto nel caso di specie) decida di parcheggiare regolarmente l’autovettura incidentata a poca distanza dal luogo dell’impatto dove successivamente si è recato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché del tutto generico, rivalutativo e manifestamente infondato. È pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cessazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal Giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (ex multis, Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, COGNOME Piccolo, Rv. 240109).
COGNOME Quanto al primo motivo, che sostanzialmente afferisce alla responsabilità dell’imputato, la Corte di appello ha ritenuto di elevate forz probante e credibilità le dichiarazioni del testimone oculare, COGNOME NOME, riscontrate dai rilievi compiuti dagli operanti e dalla planimetria del sinistro questi disegnata, dai danni riportati dai veicoli e dalla posizione finale d motociclo, nonché dagli altri, diversi, testimoni oculari i quali hanno, senza incertezze, confermato il colore rosso del semaforo regolante l’incrocio tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, nel momento in cui detto incrocio era stato attraversato dall’imputato a velocità sostenuta, senza frenare o rallentare, all
guida della Nissan Juke, che, dopo l’impatto, aveva proseguito la marcia accelerando e allontanandosi velocemente dal luogo dell’evento. La Corte territoriale ha concluso con motivazione del tutto congrua e non manifestamente infondata, sostenendo come non sia apprezzabile alcun dubbio in ordine alla dinamica del sinistro e alla condotta di guida dell’imputato, prima e dopo il sinistro.
Parimenti inammissibile il secondo motivo: la Corte territoriale ha osservato come l’accertata positività della presenza di alcol nel sangue della vittima non concretizzi alcun contributo di colpa del conducente del ciclomotore, il quale aveva impegnato l’incrocio per effettuare l’inversione di marcia in direzione Piramide con luce semaforica verde, ad una velocità ritenuta non imprudente, e come l’evento, così come emerge dalla pacifica ricostruzione dello stesso, sia unicamente ascrivibile alla condotta dell’imputato, nei termini più sopra richiamati.
Manifestamente infondato si appalesa anche il terzo motivo di ricorso, relativo al reato di cui all’art. 589-ter cod. pen. Nel rispondere alla doglian difensiva, secondo cui il NOME non si sarebbe allontanato dal luogo del sinistro, dandosi alla fuga, ma avrebbe tenuto un comportamento giustificato dalle condizioni-psicofisiche insorte in ragione dell’incidente, la sentenza impugnata ha osservato che la condotta dallo stesso tenuta induce a ritenere che abbia agito lucidamente nei momenti successivi al sinistro. Come emerso dai rilievi degli operanti, infatti, dopo essersi immediatamente ed intenzionalmente allontanato dal luogo del sinistro, l’imputato parcheggiava l’autovettura in modo regolare per poi allontanarsi in taxi dal luogo dei fatti farvi ritorno con il medesimo mezzo, chiedendo informazioni al tassista, COGNOME NOME, della eventuale presenza di telecamere in zona. È proprio quest’ultima circostanza, a detta della Corte, a dimostrare la lucidità de prevenuto, il quale acquisiva informazioni sulla possibilità o meno di essere successivamente identificato come conducente del veicolo interessato dal sinistro stradale. La sentenza impugnata osserva, infine, che l’intenzionalità della condotta di fuga dell’imputato è data dalla sua costituzione in epoca successiva al rinvenimento del veicolo a bordo del quale viaggiava, «rinvenimento da lui non ignorato e che si traduceva nella definitiva impossibilità di sottrarsi all’individuazione da parte delle forze dell’ordine».
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 ottobre 2023
COGNOME
Il Consigliere estensore
Il Presi ente