Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8303 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8303 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 06/09/1965
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del giorno 11 aprile 2024, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Tivoli in data 25 maggio 2022, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 589-bis cod. pen., per aver colposamente causato la morte di NOME COGNOME.
1.1. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, il 3 settembre 2016 NOME COGNOME conduceva, in un tratto dell’autostrada A24 (loc. Roviano), una Fiat Punto a bordo della quale erano trasportati NOME COGNOMEsul sedile posteriore) e NOME COGNOMEsul sedile anteriore destro).
Nell’approssimarsi ad una manovra di sorpasso il veicolo condotto dall’COGNOME veniva urtato nella parte sinistra da un fuoristrada che sopraggiungeva a velocità sostenuta nella corsia di sorpasso; per effetto di tale urto il veicolo cambiava traiettoria ed impattava con la parte anteriore destra contro il guardrail, ed il COGNOME batteva la testa contro il montante della vettura, in quanto la cintura di sicurezza si era spezzata.
A causa dell’impatto la persona offesa riportava un gravissimo trauma cranico e toracico, che ne cagionavano il decesso, il successivo 11 settembre 2016.
Valorizzando la ricostruzione effettuata dal consulente del pubblico ministero, fondata sull’analisi di dati oggettivi (punti di impatto, angoli di impatto, entità dei danni riportati dal mezzo), la Corte d’appello di Roma ha ritenuto che l’urto avvenne quando la Fiat Punto aveva, seppur per pochi centimetri, impegnato la corsia di sorpasso.
La Corte ha quindi ritenuto esistenti profili di colpa specifica (art. 148 cod. strada), in quanto l’COGNOME nell’iniziare la manovra di sorpasso non tenne conto della posizione e della distanza del veicolo che sopraggiungeva sulla corsia di sinistra.
La Corte distrettuale ha quindi ribaltato la decisione assolutoria adottata dal Tribunale, accreditando la ricostruzione della dinamica dell’incidente nei termini poc’anzi esposti.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio della motivazione, poiché manifestamente illogica (art. 606, comma 1, lett. e, cod proc pen.).
Si osserva che, in esito alla rinnovazione istruttoria, la Corte territoriale ha immotivatamente assegnato attitudine dimostrativa alle conclusioni del consulente del pubblico ministero, fondate su elementi che la stessa sentenza ricorsa indica come “esigui”, poiché ricavati da una incompleta analisi dello stato dei luoghi al momento del sinistro, per l’assenza di “misurazioni ben definite”.
Ciò è ancor più vero ove si consideri che il punto d’urto fu erroneamente individuato nella corsia di sorpasso, che non fu possibile determinare la velocità dei veicoli e che, infine, erroneamente il trauma cranico riportato dalla vittima è stato ricondotto all’impatto con il parabrezza, anziché con il gruppo di allaccio della cintura.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di omessa motivazione, non avendo la Corte d’appello indicato le ragioni per le quali ha dubitato delle lineari e precise dichiarazioni del teste NOME COGNOME che viaggiava sul sedile posteriore della vettura condotta dal ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta un ulteriore vizio della motivazione, questa volta con riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. pen.: pur avendo accertato che il sinistro dipese anche dalla concorrente condotta del guidatore del fuoristrada rimasto non identificato, la Corte territoriale non ha applicato l’attenuante.
Attenuante il cui riconoscimento, infine, avrebbe dovuto condurre a ritenere estinto il reato, essendo interamente decorso il termine di prescrizione.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è
1.1. Il primo motivo, con cui si denuncia il carattere manifestamente illogico della motivazione è infondato.
È utile premettere che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conduceni ad
esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 – 01; conf., Sez. 1, n. 9539 del 12/05/1999, Commisso, Rv. 215132 – 01).
Posto che la Corte di cassazione, in tal caso, è giudice della motivazione e non delle prove, va inoltre ricordato che per l’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., cui fa rifermento il ricorso, l’area della sindacabilità è ulteriormente circoscritta dall’aggettivo «manifesta» che connota l’illogicità: le fratture del discorso giustificativo e l’assenza dei necessari passaggi logici del ragionamento probatorio devono essere di evidenza tale da essere immediatamente percepibili.
Il vizio deve risultare, inoltre, «dal testo del provvedimento impugnato», occorrendo che esso appaia tale nello stesso sviluppo logico del provvedimento e non nella diversa prospettiva adottata dal ricorrente.
Nella specie il ricorrente prospetta la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la sentenza ricostruisce il sinistro valorizzando le conclusioni del consulente del pubblico ministero (anziché quelle del teste COGNOME), dopo aver dato atto che queste sono state tratte dagli «elementi esigui» raccolti nell’immediatezza degli accadimenti.
In realtà, la Corte d’appello, superando la contraria argomentazione del Tribunale, ha evidenziato come dall’esame degli eeinen’i rilevati nella immediatezza, nella loro obiettività, fosse possibile sia collocare il punto d’urto nella corsia di sorpasso, sia determinare la successiva traiettoria del veicolo condotto dall’COGNOME, che pure ha ammesso di aver avvistato il veicolo nella corsia di sorpasso, prima di azionare l’indicatore di direzione (p. 6 sentenza ricorsa).
A tal fine sono stati valorizzati elementi obiettivi tratti dall’esame dello stato dei luoghi, dai rilievi fotografici e dalle deformazioni riscontrate sul veicolo del ricorrente. Esame in esito al quale è stato possibile stabilire che l’impatto fu di tipo tangenziale, con un angolo di circa 8 gradi, a dimostrazione del fatto che la Fiat Punto dell’Ottaviani aveva già iniziato la manovra di sorpasso, invadendo la corsia alla sua sinistra.
D’altra parte, che l’impatto avvenne nella corsia di sinistra lo si è ricavato non solo dalle tracce di abrasione sull’asfalto (come invece sembra sostenere il ricorrente: p. 5), aventi andamento da sinistra verso destra, ma anche dal posizionamento sulla sede stradale dei frammenti del fanalino anteriore sinistro della Fiat Punto (p. 6 sentenza ricorsa).
Sempre dall’analisi delle deformazioni riportate dal veicolo, ma questa volta sulla parte anteriore destra (con un angolo sensibilmente superiore, pari a 40 gradi), è stato possibile anche determinare la traiettoria percorsa dal veicolo dopo l’urto, con rotazione antioraria, fino ad impattare il guard rail.
La Corte territoriale ha anche spiegato le ragioni per le quali l’impossibilità di stabitla velocità del mezzo che poi si è dileguato non assume rilievo per la ricostruzione del sinistro (p. 8 sentenza ricorsa), con ciò prendendo posizione sulla specifica doglianza difensiva, poi riproposta con il ricorso per cassazione (pp. 5 6).
Reputa quindi il Collegio che le censure mosse dal ricorrente non evidenzino profili di manifesta illogicità della motivazione, essendo questa, al contrario, esente da errori nell’applicazione delle regole della logica: la sentenza ricorsa spiega infatti le ragioni per le quali è stato possibile trarre conclusioni univoche da un compendio probatorio pur non particolarmente ricco, ma costituito comunque da elementi oggettivi e tra loro convergenti verso la ricostruzione accolta dalla Corte territoriale.
Il ricorrente, invece, non riesce ad individuare una frattura logica nel percorso argomentativo, pretendendo di ricavarla ora dal ritenuto contrasto con le dichiarazioni di un diverso testimone, ora dalla constatazione secondo cui il consulente sarebbe “disposto funzionalmente al sostegno dell’ipotesi accusatoria” (p. 3 ricorso), così spostando l’attenzione su non consentiti profili inerenti la valutazione delle prove.
D’altra parte, il ribaltamento della sentenza assolutoria in pronunzia di condanna, con il conforto della rinnovazione delle prove dichiarative, è sostenuto da una motivazione c.d. rafforzata.
La motivazione della Corte territoriale, infatti, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, ha dato ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati rispetto a quelli presi in considerazione dal Tribunale (pp. 5 e ss. sentenza ricorsa): così facendo, la giustificazione razionale del ribaltamento è accompagnata dalla dimostrazione dell’incompletezza o dell’incoerenza della sentenza riformata.
1.2. Il secondo motivo è inammissibile, poiché aspecifico.
Il ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione (pp. 6 e 7 ricorso), con riguardo alla ritenuta inattendibilità di un teste oculare come il COGNOME che sedeva sul sedile posteriore della Fiat Punto al momento dell’impatto.
Sempre che risulti dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo, il vizio dedotto in ricorso è configurabile nel caso di “mancanza” di motivazione su un punto decisivo che sia stato sottoposto al giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un argomento specifico relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene in un’ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, dando una risposta solo implicita
all’osservazione della parte (Sez. i, n. 9539 del 12/05/1999, Commisso, Rv. 215132 – 01).
Nella specie il ricorrente non si confronta affatto con la motivazione offerta dalla Corte territoriale, che ha indicato i motivi per i quali non ha valorizzato la percezione soggettiva del testimone, e ciò in ragione della difficoltà, da parte di quest’ultimo, di ricostruire quanto accaduto in un ristretto segmento temporale (p. 8); difficoltà ancor più evidente ove si consideri che al momento dell’impatto il mezzo condotto dal ricorrente aveva occupato la corsia di sorpasso per pochi centimetri.
Motivazione, questa, che, per quanto detto, non si può certo ritenere “mancante”, e verso la quale il ricorrente omette ogni specifica critica.
Il carattere assertivo della doglianza si scontra, infatti, con la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso la decisione; tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, anche al fine di delimitare con precisione l’oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Sez. 6, n. 39247 del 12/7/2013, COGNOME, Rv. 257434 – 01; Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, COGNOME, Rv. 254204 – 01).
Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, infatti, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n, 8825 del 27/10/2016, COGNOME, R.v. 268822 – 01).
1.3. Il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta il vizio di motivazione in ordine al diniego dell’attenuante di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. pen., è infondato.
A fronte della specifica motivazione offerta dalla Corte d’appello (p. 9), il ricorrente ritiene di poter valorizzare la circostanza che l’urto dipese dalla condotta tenuta dal conducente del veicolo rimasto sconosciuto (p. 9 ricorso).
Osserva il Collegio che la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. peri., fa riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole: ipotesi che ricorre nel caso in cui sia accertato il c.d “concorso di colpa” fra il presunto responsabile e altro utente della strada, o qualunque concorrente causa esterna, anche non costituita da condotta umana, al di fuori delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore (cfr., Sez. 4, n. 24910 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281559 01; Sez. 4, n. 20091 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 281173 – 01; Sez. 4, n. 54576 del 07/11/2018, COGNOME, Rv. 274504 – 01; cfr. anche Sez. 4, n. 13587 del 26/02/2019, Mendoza, Rv. 275873 01, secondo cui l’attenuante va esclusa nel caso in cui sia stato accertato un comportamento
della vittima perfettamente lecito e completamente estraneo al decorso causale dell’evento).
Tuttavia, la norma non evoca alcuna percentuale di colpa GLYPH in capo al colpevole, né in capo ad altri, con la conseguenza che anche una minima percentuale di colpa altrui potrà valere a integrare la circostanza attenuante.
Nella specie, la Corte ha escluso che sia stato accertato, in fatto, un comportamento colposo, anche di minima rilevanza, della vittima o di terzi, non potendo a tal fine bastare il solo fatto che vi sia stato un urto tra veicoli, se non si dimostra che anche l’altro utente della strada abbia, pur in minima parte, dato causa al sinistro.
Neppure ricorre, nel caso in esame, l’ipotesi in cui l’evento sia dipeso da una concorrente causa esterna, non costituita da condotta umana (ipotesi presa in esame dal precedente di legittimità erroneamente invocato dal ricorrente: p. 9 ricorso).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 14 novembre 2024
onsigliere estensore
Il Pre idente