Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a MAGLIANO ROMANO il 24/06/1953
COGNOME NOME nato a ROMA il 25/06/1975
avverso la sentenza del 12/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilità dei ricorsi udito il difensore
E’ presente l’Avvocato COGNOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME il quale rileva le ragioni poste alla base del ricorso e ne chiede l’accoglimento E’ presente l’Avvocato COGNOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME il quale evidenzia i motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 3/7/2023, ha ritenuto responsabili NOME COGNOME e COGNOME NOME del reato di omicidiò colposo, per avere, in cooperazione tra loro, con violazione delle norme sulla circolazione stradale, cagionato la morte di NOME trasportata sull’autovettura condotta da NOME.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12/11/2024, ha confermato la pronuncia di penale responsabilità a carico degli imputati, parzialmente riformando il trattamento sanzionatorio riservato a NOMECOGNOME a cui venivano concesse le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 589 cod. pen.
La vicenda attiene all’incidente stradale occorso in data 22 aprile 2011 sulla complanare esterna del raccordo anulare di Roma.
NOME caricava sul pianale posteriore della sua vettura, sulla quale prendeva posto al lato passeggero Pala Giovanna, quattro porte in legno con relativi telai della lunghezza di oltre due metri. Nel corso del tragitto, con direzione INDIRIZZO veniva tamponato da tergo dall’autovettura condotta da COGNOME NOME. Per effetto del tamponamento, il carico dell’autovettura Lancia Musa, sporgente rispetto alla sagoma del veicolo e non assicurato in alcun modo, scorreva lungo il pianale e colpiva violentemente NOME al collo, che decedeva sul posto.
Si contestava ad entrambi i conducenti di avere agito con imprudenza e neglienza e di avere violato le norme che disciplinano la circolazione stradale, segnatamente l’art. 164, comma 1, cod. strada per quanto riguarda NOME e l’art. 149, comma 1, cod. strada per quanto riguarda COGNOME NOME
In relazione alla posizione di NOME COGNOME la Corte d’appello, riteneva integrata la violazione dell’art. 140 cod. strada.
2. Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, formulando i seguenti motivi d’impugnazione, che, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. possono essere così riassunti.
I) COGNOME Giuseppe, con il primo motivo, ha dedotto violazione di legge; mancanza, manifesta illogicità e arbitrarietà della motivazione con riferimento alla corrispondenza tra il risultato offensivo ed i
pericolo che la regola cautelare intendeva fronteggiare; insussistenza della cooperazione colposa contestata.
La decisione della Corte di merito sarebbe censurabile per violazione di legge, nella parte in cui non applica correttamente i principi stabiliti in tema di causalità della colpa; sarebbe altresì affet da manifesta illogicità, essendo nella motivazione presente un salto logico nella parte in cui attribuisce a COGNOME la prevedibilità dell’evento in concreto occorso.
Il fatto che COGNOME non abbia mantenuto la distanza di sicurezza e non abbia frenato tempestivamente non è sufficiente per addebitare all’imputato la responsabilità del decesso della persona offesa.
L’elemento da cui la Corte d’appello inferisce la colpevolezza del ricorrente sotto il proflo soggettivo è rappresentato dalle dichiarazioni rese in interrogatorio dall’imputato, il quale riferiva, all’udienza d 17/4/2023, di avere notato una sporgenza nel veicolo condotto dal coimputato (“c’era una sporgenza”), e di essersi reso conto della mancata osservanza della distanza di sicurezza, che non gli avrebbe consentito di fermare tempestivamente il veicolo.
Tuttavia la Corte di merito non si sofferma sulla concretizzazione del rischio derivante dalla violazione della regola cautelare individuata e sulla mancanza di prevedibilità in capo a Longo dell’evento mortale quale conseguenza della violazione della regola cautelare addebitata.
La giurisprudenza di legittimità, in materia di circolazione stradale, ha stabilito che, per poter affermare la responsabilità colposa del conducente di un veicolo, non è sufficiente che il risultato offensivo tipico si sia prodotto come conseguenza di una condotta inosservante di una determinata regola cautelare, ma occorre che il risultato offensivo corrisponda proprio al pericolo che la regola cautelare violata intendeva fronteggiare. Occorre, cioè, che il risultato offensivo sia l “concretizzazione” del pericolo preso in considerazione dalla norma cautelare.
La regola cautelare che impone di mantenre una distanza di sicurezza tra i veicoli, di cui all’art. 149 cod. strada, non è preposta ad evitare lo specifico pericolo concretizzatosi nel caso di specie, ma a garantire un arresto tempestivo per evitare collisioni con altri veicoli che precedono. Altra questione è, invece, quella relativa alle conseguenze ulteriori che possano derivare dalla collisione. Tali conseguenze, in caso di responsabilità per eventi mortali, dovrebbero riguardare l’area della
violazione delle comuni regole cautelari di diligenza, prudenza e perizia adattate al caso concreto.
Al riguardo, si sottolinea come nella sentenza di primo grado sia stata accertata la mancanza del poggiatesta sul sedile anteriore su cui prendeva posto la vittima.
Le circostanze particolari del trasporto nella macchina denotano con evidenza l’autoesposizione al pericolo della vittima, espressione di un principio di libera autodeterminazione e della piena consapevolezza del Denzi dello stato di pericolo che egli aveva determinato.
Si contesta la ricorrenza dell’ipotesi della cooperazione colposa, dovendo escludersi che vi sia stata una reciproca consapevolezza dei rispettivi contributi da parte degli imputati.
Si evidenzia che il ricorrente non aveva cognizione della presenza di un passeggero a bordo della vettura condotta da COGNOME, essendo la visuale impedita dalla presenza delle tavole caricate sul pia na le.
II) Con il secondo motivo la difesa lamenta contraddittorietà, arbitrarietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla ritenuta aggravante dell’avere commesso il fatto con violazione delle norme sulla circolazioe stradale.
La determinazione della pena a carico dell’imputato sarebbe frutto di una evidente disparità di trattamento rispetto alla posizione del coimputato. COGNOME, perfettamente consapevole del pericolo cui era stata esposta NOME, ha ricevuto un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto a COGNOME, il quale non aveva contezza delle condizioni di autoesposizione al pericolo della vittima.
Ai fini dell’applicazione di un diverso bilanciamento delle circostante attenuanti generiche in sede di appello, la Corte territoriale non avrebbe dovuto considerare il legame di coniugio di Denzi con la vittima, valutato determinante ai fini del riconoscimento del giudizio di prevalenza in favore di quest’ultimo, ma il grado della colpa, che può essere individuato sulla base dell’entità del discostamento della condotta serbata dal comportamento doveroso richiesto al soggetto agente. Al riguardo, precisa la difesa, non è stato neppure accertato che COGNOME potesse ragionevolmente prevedere la condizione di esposizione a pericolo della vittima, in conseguenza del fatto che il sedile posteriore della Lancia Musa fosse stato abbassato, così da formare un planale su
cui erano appoggiate le porte, e che il sedile della passeggera fosse stato privato del poggiatesta.
I) In favore di NOME COGNOME la difesa, con il primo motivo, lamenta il vizio della violazione di legge in relazione all’art. 589, comma 2, cod. pen.
La Corte d’appello ritiene integrata la circostanza aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen. Tale assunto sarebbe erroneo e contraddittorio: invero, nella stessa motivazione i giudici ammettono che la violazione del disposto di cui all’art. 164, comma 1, cod. strada non ha avuto alcuna incidenza causale sull’evento mortale verificatosi.
In tal modo, la Corte di merito ha eluso gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, in base ai quali, in tema di omicidio colposo da incidente stradale, l’accertata violazione da parte del conducente di una specifica norma di legge non può fare presumere l’esistenza del nesso causale tra il comportamento di questi e l’evento dannoso, che occorre sempre provare.
Correttamente riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 589, comma 1, cod. pen., la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione.
II) Secondo motivo: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte di merito, accogliendo la principale doglianza difensiva, ha ritenuto che non fosse configurabile la violazione dell’art. 164, comma 1, cod. strada a carico dell’imputato, in quanto il carico presente nella vettura sporgeva dalla parte posteriore per meno di 3/10 della lunghezza del veicolo e l’omessa segnalazione della sporgenza non avrebbe inciso sul nesso causale, impedendo il tamponamento. L’unica contestazione che ha trovato riscontro in atti è quella riguardante la mancanza di un idoneo fissaggio delle porte all’interno del veicolo; detto comportamento omissivo, tuttavia, non configura l’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 589 cod. pen., non essendo riconducibile alla violazione di una norma sulla circolazione stradale, ma alla violazione del generico obbligo di prudenza. Correttamente qualificato il fatto ai sensi dell’art. 589, comma 1, cod. pen., la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare il reato estinto per intervenuta prescrizione.
III) Con il terzo motivo di ricorso, la difesa lamenta violazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Le argomentazioni poste a fondamento del diniego dell’art. 131bis cod. pen. sarebbero eccentriche ed inconferenti. La Corte d’appello
non ha fatto buon governo dei criteri che sovrintendono all’applicazione dell’istituto. Seguendo il ragionamento illustrato in sentenza, la causa di non punibilità invocata non sarebbe mai applicabile al reato di omicidio colposo.
Il fatto che NOME non abbia assicurato il carico nel veicolo non ha comportato alcun pericolo o intralcio per la circolazione. Il grado di colpa rinvenibile nella sua condotta dovrebbe ritenersi lieve, essendo il decesso della vittima dipeso dal concatenarsi di una serie di eventi rarissimi, attivati dalla condotta di guida di COGNOME, unico responsabile del tamponamento.
IV) Quarto motivo: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La contraddittorietà del costrutto argomentativo su cui si fonda la decisione impugnata risulta ancora più evidente nella parte in cui la Corte d’appello, subito dopo avere escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., valutando la condotta del ricorrente, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di doglianza proposti da entrambi i ricorrenti risultano manifestamente infondati; pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla stregua di quanto argomentato dai giudici di merito sulla base delle risultanze processuali, in data 22 aprile 2011, intorno alle ore 21, NOME COGNOME viaggiava quale trasportata sul sedile anteriore destro dell’autovettura Lancia Musa, condotta dal marito NOME COGNOME. Nell’abitacolo erano presenti quattro porte con relativi telai, imballate e sporgenti dal cofano posteriore dell’autoveicolo. Proveniente da INDIRIZZO e diretta verso la INDIRIZZO Roma, giunta sul tratto complanare, l’autovettura condotta da NOME COGNOME veniva tamponata da tergo dall’autovettura condotta da NOME COGNOME che percorreva la carreggiata nella stessa direzione di marcia. A seguito dell’urto, la Lancia Musa proseguiva per inerzia la sua andatura, arrestandosi dopo circa cento metri. In detta circostanza COGNOME NOME era colpita alla parte posteriore del capo e del collo da una porta in legno.
Circa la causa del decesso, il medico legale nominato dal P.M. concludeva che la stessa fosse da ricondursi ad una profonda ed estesa lesione
da corpo contundente in regione cranio-cervicale, dovuta al violento colpo inferto al capo della vittima dai manufatti in legno presenti nel veicolo.
La Corte d’appello ha osservato come indubbia fosse, nella causazione del decesso della persona offesa, l’efficienza causale rivestita dal comportamento serbato dall’imputato COGNOME il quale trasportava con un mezzo non abilitato le tavole di legno sporgenti e non aveva provveduto in alcun modo ad assicurare che queste rimanessero ferme durante la marcia.
In detta circostanza, il mezzo condotto da COGNOME NOME – che si era reso conto del carico sporgente, come dallo stesso ammesso nel corso dell’esame a cui si era sottoposto – aveva tamponato il veicolo che lo precedeva, così determinando l’avanzamento del carico che era andato ad urtare violentemente la passeggera, causandone la morte.
L’elemento causale posto in essere da NOME COGNOME ha sostenuto la Corte territoriale, non poteva considerarsi l’unico fattore determinante la morte della persona offesa, trattandosi di un ostacolo non imprevedibile nella circolazione stradale.
L’evento dannoso, quindi, era stato causato in via concorrente dalla condotta colposa di entrambi i conducenti, i quali, ai sensi dell’art. 113 cod. pen., avevano cooperato nel cagionare il decesso della persona offesa.
Quanto alla posizione di COGNOME Giuseppe, le critiche mosse nel primo motivo di doglianza al contenuto della sentenza di appello – conforme a quella di primo grado – hanno ad oggetto tre aspetti della vicenda: 1. La individuazione della regola cautelare violata e la causalità della colpa; 2. La prevedibilità in concreto dell’evento; 3. L’inesistenza di una cooperazione colposa tra i conducenti delle due vetture.
Incontestato lo svolgimento del fatto come ricostruito dai giudici di merito, la difesa sostiene che la regola cautelare individuata – art. 149 cod. strada – non sia posta a presidio di eventi del tipo di quello concretamente verificatosi.
L’assunto è privo di pregio: la norma, imponendo di mantenere la distanza di sicurezza tra i veicoli circolanti, è diretta sia allo scopo di evitare ostacoli improvvisi che si possano parare innanzi al conducente, sia allo scopo di prevenire collisioni con le vetture che precedono, le quali costituiscono fattore di rischio per l’incolumità degli occupanti dei veicoli.
Mutando il precedente orientamento, che individuava la ratio della norma in parola nella prevenzione del rischio di tamponamento tra i veicoli, il più recente indirizzo di questa Corte sottolinea come la stessa formulazione letterale della disposizione riveli l’ampia portata della regola cautelare posta dall’art. 149
cod. strada, finalizzata a prevenire, attraverso l’imposizione dell’obbligo di osservare un’adeguata distanza rispetto al veicolo che precede, qualsiasi ostacolo o pericolo che risulti in qualsiasi modo ricollegabile (direttamente o indirettamente) alla circolazione del veicolo che precede (cfr. Sez. 4, n. 37973 del 17/05/2012, COGNOME, Rv. 254363).
E’, quindi, del tutto corretto il ragionamento seguito dalla Corte di merito nella parte in cui, dopo attenta analisi delle circostanze fattuali, sostiene:”a COGNOME è certamente imputabile il fatto di non aver azionato tempestivamente i dispositivi di frenata e di non aver mantenuto una giusta distanza di sicurezza, essendosi peraltro reso conto delle condizioni ‘pericolose’ in cui viaggiava il mezzo antagonista. Nella dinamica del sinistro, invero, riconducibile a una fattispecie di tamponamento, trova poi applicazione l’art. 149, opportunamente richiamato nella sintesi accusatoria, che così recita: «durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l’arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono». L’avvenuta collisione costituisce prova evidente dell’inosservanza da parte del Longo della distanza di sicurezza”.
Il fattore causale originario del rischio (presenza del carico nella vettura di COGNOME), unitamente alla condotta colposa di COGNOME (mancato rispetto della distanza di sicurezza, omessa regolazione della velocità del veicolo in modo da garantire il tempestivo arresto innanzi ad un ostacolo prevedibile), hanno svolto una funzione sinergica nella causazione dell’evento morte della vittima.
Quanto alla prevedibilità dell’evento mortale quale conseguenza della violazione delle regole cautelari individuate, di cui fortemente dubita la difesa, occorre rammentare come, per consolidato orientamento della Corte dì legittimità, la prevedibilità dell’evento non attenga alle modalità del decorso causale, ma alla classe di eventi collegati alla violazione della regola cautelare deputata a salvaguardare il rischio concretizzatosi [cfr., in motivazione, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn: “Sotto il profilo causale la pur necessaria prevedibilità dell’evento non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma la classe di eventi in cui quello oggetto del processo si colloca”; da ultimo, Sez. 4, n. 35016 del 17/06/2024, Appendino, Rv. 286987 – 02:”In tema di colpa, la prevedibilità dell’evento, anche sotto il profilo causale, non riguarda un determinato accadimento nelle sue specifiche articolazioni, inevitabilmente unico e, come tale, irripetibile ed imprevedibile, ma attiene a “classi di eventi”, sistematizzati in categorie secondo un processo razionale che, se fondato su criteri logici, è incensurabile in sede di legittimità. (Fattispecie relativa a omicidio colposo, in cui l’azione dolosa di diffusione di sostanza urticante tra la folla presente in una piazza per assistere
ad una partita di calcio, proiettata su di un maxi-schermo, è stata ritenuta la mera occasione, attualizzante la categoria di rischio individuata nelle possibili reazioni di panico originate dalla folla accalcata, che aveva causato lo schiacciamento e la morte di due persone)”].
Sul piano soggettivo, poi, i giudici di merito hanno sottolineato come la gravità della situazione di pericolo determinata dalla presenza del carico sporgente collocato nell’autovettura condotta da NOMECOGNOME fosse stata concretamente percepita dall’imputato, il quale aveva ammesso, nel corso delle dichiarazioni rese nel giudizio, di avere visto il carico sporgente dalla vettura che lo precedeva.
E’ d’uopo in proposito rilevare come la condotta imprudente altrui, nell’ambito della circolazione stradale, non costituisca causa di esonero da responsabilità, purché rientrante nel limite della prevedibilità .
Nella fattispecie in esame, la prevedibilità dell’evento realizzatosi in conseguenza della violazione delle disposizioni individuate, deputate a prevenire il rischio verificatosi, riposa su argomentazioni non meritevoli di censura, condotte sulla base di valutazioni correttamente operate ex ante, tenuto conto delle circostanze concrete in cui si è verificato il sinistro.
Destituite di fondamento sono le critiche alle argomentazioni sostenute dai giudici di merito circa la ricorrenza della cooperazione colposa tra gli imputati: il ricorrente, si è evidenziato in sentenza, ha fornito un contribut causale al verificarsi dell’evento, conscio della situazione di pericolo determinata dall’altrui comportamento.
Per consolidato orientamento della Corte di legittimità, la cooperazio nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause indipendenti pe necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi all’incedere di una comune procedura in corso, senza ch
necessaria la consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta (cfr. ex multis Sez. 4, n. 26239 del 19/03/2013 COGNOME, Rv. 255696).
4. In punto di trattamento sanzionatorio, le doglianze avanzate sono del pari manifestamente infondate. La determinazione della pena è sostenuta da conferente motivazione. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in rapporto di prevalenza è giustificata dalla gravità del fatto e dalla congruità della pena. Il giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta, come nel caso in esame, da sufficiente motivazione (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 229298; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266460, in cui si evidenzia come, ai fini del giudizio di comparazione, giustifichi adeguatamente la soluzione dell’equivalenza il fatto che il giudice si sia limitato a ritenere tale scelta que più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena).
Quanto alla posizione di NOME COGNOME il primo ed il secondo motivo di ricorso sono riproduttivi di ragioni di doglianza già attentamente vagliate dalla Corte di merito e disattese con argomentazioni non meritevoli di essere censurate in diritto.
Alla stregua della imputazione, era contestato all’imputato di essere incorso nella violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale, segnatamente dell’art. 164, comma 1, cod. strada, per avere caricato nella vettura sulla quale viaggiava la passeggera quattro porte con relativi telai, lunghe 2,15 metri, sporgenti rispetto alla sagoma della vettura e non assicurate in modo da restare ferme durante la marcia.
La Corte di merito si è fatta carico di offrire risposta alla censura difensiva, in questa sede riproposta nei medesimi termini, in base alla quale non ricorrerebbe alcuna violazione delle norme in materia di circolazione stradale, non essendo il carico sporgente superiore alla proporzione indicata nella norma di riferimento (art. 164, comma 2, cod. strada, che consente una sporgenza non superiore a 3/10 della lunghezza del veicolo ). All’uopo i giudici hanno posto in evidenza come l’imputato, utilizzando la vettura per un uso diverso da quello consentito ed alloggiando nel portabagagli il notevole ingombro che fuoriusciva dalla vettura, fosse comunque incorso nella violazione dell’art. 140 cod. strada, che impone agli utenti della strada di comportarsi in modo da non costituire pericolo per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.
Risulta pertanto integrata, come ritenuto correttamente in sentenza, la fattispecie di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., per essere stato il fatt commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la cui osservanza, come logicamente sostenuto in sentenza, avrebbe scongiurato l’evento o avrebbe determinato conseguenze meno gravi.
In argomento è d’uopo richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale, ai fini della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 589, comma secondo, cod. pen., è sufficiente la violazione della regola generale di cautela di cui all’art. 140 cod. strada (si vedano in proposito Sez. 4, n. 18204 del 15/03/2016, COGNOME, Rv. 266641:”Ai fini della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 589, comma secondo, cod. pen., è sufficiente la violazione della regola generale di cautela di cui all’art. 140 cod. strada (secondo la quale gli utenti della strada debbono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale) che, ponendo un principio informatore della circolazione, è implicitamente richiamata in ogni contestazione di colpa generica”, conforme a Sez. 4, n. 35665 del 19/06/2007, COGNOME, Rv. 237453: “Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, comma secondo, cod. pen., non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l’inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza. (In motivazione la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi far parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell’art. 140 cod. strada, la cui violazione, dunque, assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica)].
Occorre anche rammentare come nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d’imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, la sostituzione o l’aggiunta di un profilo di colpa, sia pure specifico rispetto ai profili originariamente contestati non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto (cfr., ex multis, Sez. 4, n. 6564 del 23/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284101; conforme a Sez. 4, ord. n. 38818 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232427:”Nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d’imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, la sostituzione o l’aggiunta di un profilo di colpa, sia pure specifico, rispetto a profili originariamente contestati non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto, con sostanziale ampliamento o modifica della contestazione. Difetti, il riferimento alla colpa generica evidenzia che la contestazione riguarda la condotta dell’imputato globalmente considerata in riferimento all’evento verificatosi, sicché questi è posto in grado di difendersi relativamente a tutti gli
aspetti del comportamento tenuto in occasione di tale evento, di cui è chiamato a rispondere”).
Per altro verso, come osservato in modo pertinente dalla Corte d’appello, il profilo di colpa individuato, riconducibile, come si è detto, al violazione dell’art. 140 cod. strada, si ricava dalla compiuta descrizione del fatto risultante dalla imputazione, non essendo dirimente al riguardo la precisa indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (cfr. Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019, Poltrone, Rv. 276602:”In tema di contestazione dell’accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa”).
Consegue la manifesta infondatezza della prospettazione difensiva riguardante l’erronea mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 589 comma 1, cod. pen., a cui avrebbe dovuto conseguire la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
E’ il caso di aggiungere, per completezza argomentativa, come il reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., avuto riguardo all’epoca di commissione del fatto, risalente al 22 aprile 2011, per effetto del raddoppio dei termini stabili dall’art. 157, comma 6, cod. pen., si prescriva nel termine massimo di anni 17 e mesi 6 dalla data di consumazione del reato.
6. Del pari inammissibile deve reputarsi il terzo motivo di ricorso, concernente la lamentata violazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Giova premettere come le Sezioni Unite della Corte di cassazione abbiano chiarito che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dalla norma in parola, giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (così Sez. U, n. 13681, del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Si rende necessaria, ai fini della considerazione dei criteri applicativi dell’istituto, una equilibrata valutazione di tutte le peculiarità della fattispe concreta, in quanto è la concreta manifestazione del reato che segna e connota il disvalore del fatto, non esistendo – avverte la pronuncia richiamata – un’offesa tenue o grave in chiave archetipica (ibidem § 6).
Riferendosi la norma alla connotazione storica della condotta, il giudice deve valutare, sulla base di un giudizio versato nel merito, perciò insindacabile in sede di legittimità ove sostenuto da argomentazioni logiche e coerenti, se sussistano i presupposti per la concessione del beneficio, dopo aver considerato le forme di estrinsecazione del comportamento tenuto dall’imputato, la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il concreto bisogno della pena.
Nel caso di specie, il giudice di merito, facendo corretta applicazione dei principi sopra indicati, ha evidenziato come la gravità delle violazioni alle norme del codice della strada riscontrate, l’elevato grado di colpa che ha caratterizzato le condotte di entrambi gli imputati e la gravità delle lesioni subite da NOME, che hanno portato all’exitus mortale, non consentano di qualificare il fatto in termini di minima e trascurabile offensività del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata.
Trattasi di circostanze apprezzate con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Al riguardo, le critiche difensive portate alle argomentazioni sostenute dalla Corte d’appello sono tendenti a sollecitare una diversa considerazione di aspetti valutativi di merito, non consentita in questa sede.
7. La concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante ritenuta non inficia la validità delle argomentazioni poste a fondamento della mancata applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen.
La Corte di merito ha giustificato la concessione del beneficio in virtù del rapporto di coniugio con la vittima, considerando un aspetto riguardante la condizione soggettiva dell’imputato (art. 133, comma 2, cod. pen.). Tale profilo rimane estraneo alla valutazione da compiersi ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, che deve avere riguardo agli elementi di cui al primo comma dell’art. 133 cod. pen.
Non si individua, pertanto, l’intima contraddizione lamentata dalla difesa nel ricorso [In argomento si veda Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 279112, così massimata:”Non vi è contraddizione tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche, atteso che i parametri di valutazione previsti dall’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare
ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo”].
8. Consegue alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616
cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa
delle ammende.
In Roma, così deciso il 2 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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