Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8302 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a APPIGNANO DEL TRONTO il 04/04/1961
avverso la sentenza del 08/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del giorno 8 aprile 2024, la Corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 26 gennaio 2022, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 589bis cod. pen..
1.1. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, il 14 luglio 2016 NOME COGNOME conduceva un’ambulanza a bordo della quale veniva trasportato il paziente NOME COGNOME
Percorrendo una strada curvilinea, ad una velocità inferiore al limite ma non commisurata alle condizioni del tratto stradale, il COGNOME perdeva il controllo del mezzo andando a finire sul lato opposto della carreggiata, quindi in un canale di scolo.
A seguito dell’impatto l’ambulanza riportava ingenti danni nella parte frontale; il paziente, invece, riportava delle lesioni gravissime che ne cagionavano il decesso.
Sui luoghi non venivano rinvenute tracce di frenata.
Valorizzando le concordi dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME la Corte di appello ha escluso che la perdita di controllo del mezzo potesse essere dipesa dalla rottura del braccetto, anche perché l’ambulanza era stata revisionata poco tempo prima, e non vi erano segnali di malfunzionamento.
La Corte ha quindi ritenuto esistenti sia profili di colpa generica, in quanto il COGNOME guidava ascoltando la radio ad alto volume e con al collo un auricolare; sia profili di colpa specifica, per non aver tenuto una condotta idonea a mantenere il controllo dell’ambulanza nel tratto di strada curvilineo che stava percorrendo, così violando la prescrizione di cui all’art. 141 cod. strada.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo si deduce vizio della motivazione, poiché mancante, manifestamente illogica o contraddittoria, nonché la mancata assunzione di una prova decisiva.
Si osserva che la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre perizia al fine di verificare se, come affermato dal ricorrente, la perdita del controllo del mezzo dipese (o meno) dalla rottura di un semiasse dello sterzo.
Tale circostanza trova conferma indiretta nel fatto che, una volta disposto il dissequestro dell’ambulanza, si è proceduto alla rottamazione e non alla riparazione del mezzo.
Neppure sono stati acquisiti i tabulati telefonici, al fine di verificare se il ricorrente fosse (o meno) al telefono nel momento in cui perse il controllo del veicolo, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, valorizzando il fatto che subito dopo l’incidente il COGNOME fu notato indossare degli auricolari.
Infine, menzionando un precedente di legittimità relativo a fattispecie diversa, la Corte territoriale non ha indicato le ragioni per le quali la condotta di guida dovesse essere ritenuta imprudente.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il ricorrente lamenta la mancata assunzione di prove ritenute decisive.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (cfr. Sez. 1, n. 19701 del 03/11/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670 – 01; Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 259323 – 01).
Pur riportando il principio di diritto, il motivo omette però ogni indicazione circa le specifiche ragioni per le quali, tenuto conto dell’attività istruttoria svolta e della condotta addebitata, le prove richieste debbano ritenersi decisive, nel senso appena specificato.
Ciò sia per la richiesta di accertamento peritale – su un profilo ampiamente esaminato dalla Corte con riguardo alle convergenti dichiarazioni di tre testimoni (tra cui l’addetto alla manutenzione dell’ambulanza) sia per l’acquisizione dei tabulati, non avendo la Corte territoriale affermato che il COGNOME stesse parlando al telefono al momento del sinistro (p. 6 sentenza ricorsa), essendogli invece attribuita la violazione dell’art. 141 cod. strada, oltre ad ulteriori profili colpa generica.
La doglianza, quindi, manca ogni raffronto con le motivazioni poste a sostegno della decisione, su entrambe i profili.
D’altra parte, la mancata assunzione di una prova decisiva può costituire motivo di ricorso per cassazione solo quando essa, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno dello decisione, risulti determinante per un esito diverso del processo e non si limiti ad incidere su aspetti secondari della motivazione (Sez. 2, n. 21884 del 20/03/2013, Cabras, Rv. 255817- 01); in altre parole, l’elemento probatorio pretermesso deve avere di per sé un contenuto tale da risolvere il “thema decidendum” (Sez. 1, n. 3148 del 11/02/1998, COGNOME, Rv. 210191 – 01).
1.2. Con l’unico motivo si deduce, inoltre, il vizio di omessa motivazione con riguardo alla individuazione della condotta alternativa lecita.
Si lamenta, inoltre, il carattere contraddittorio della motivazione, per aver ritenuto il COGNOME in colpa nonostante la velocità tenuta dall’ambulanza fosse rispettosa del limite imposto.
Il motivo, interamente versato in fatto, non si confrohLt con le ragioni poste a base della decisione dalla Corte territoriale (pp. 4 – 6), che ha ritenuto la velocità rispettosa dei limiti, ma ciononostante eccessiva.
Ciò che si addebita al COGNOME, infatti, è di non aver adeguato la velocità alle condizioni di tempo e di luogo, che imponevano di condurre il veicolo con una velocità inferiore, nel momento in cui si percorreva un tratto “particolarmente curvoso” (p. 4 sentenza ricorsa).
L’obbligo di moderare la velocità, infatti, quale regola cautelare di tipo “elastico”, deve essere posto in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali.
Il conducente, infatti, deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del mezzo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.
Nel caso di specie, i giudici di merito, con motivazione esente dai vizi denunciati, hanno indicato gli elementi di fatto in base ai quali hanno valutato inadeguata e pericolosa la velocità effettivamente tenuta, poiché tale da non permettere (come effettivamente accaduto) di mantenere il controllo del veicolo ed evitare gli eventi prevedibili secondo l’id quod plerumque accidit, tale dovendosi ritenere la perdita di controllo dell’ambulanza nel tratto curvilineo, con invasione dell’opposto senso di marcia ed uscita dalla sede stradale.
Il ricorso nemmeno si confronta con il pacifico principio giurisprudenziale secondo cui il rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora, come nella specie, la causazione dell’evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta
stabilite dall’art. 141 cod. strada (Sez. 4, n. 7093 del 27/01/2021, COGNOME, Rv. 280549 – 01; Sez. 4 n. 38548 del 3/5/2017, COGNOME, non mass.).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna jl ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 14 novembre 2024
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COGNOME estensore
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