Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13381 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13381 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VERONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 24 marzo 2023 la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza con cui il Gip del Tribunale di Verona, a seguito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto COGNOME NOME colpevole del reato di cui all’art. 589 bis cod.pen. condannandolo alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione con la sospensione della patente di guida per anni due, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 589, comma 7, cod. pen., ha rideterminato la pena in mesi dieci e giorni venti di reclusione.
Dalla lettura delle sentenze di merito il fatto risulta ricostruito nei termini seguito indicati:
in data 21 giugno 2019, alle ore 14 circa in Verona, lungo la tangenziale INDIRIZZO, in prossimità del INDIRIZZO della luce INDIRIZZO, l’autocarro TARGA_VEICOLO tg. TARGA_VEICOLO, condotto da COGNOME NOME, andava a collidere con la Ford Focus tg. TARGA_VEICOLO condotta da COGNOME NOME che si trovava ferma parzialmente all’interno della corsia di emergenza, il cui conducente, che in quel momento si trovava fuori dalla vettura, a causa dell’urto veniva sbalzato sotto il guard rail dove veniva trovato esanime in posizione supina. I sanitari, giunti sul posto, ne constatavano il decesso.
Sulla dinamica del sinistro veniva svolta una consulenza tecnica su incarico del Pubblico Ministero da cui si evinceva che la velocità dell’autocarro era di Km 65/h, inferiore al limite di velocità vigente (pari a Km 90/h) e che al momento dell’urto la Ford Focus si trovava ferma, probabilmente per un surriscaldamento, a cavallo tra corsia di marcia e quella di emergenza, quest’ultima di larghezza paria m 1,7.
Il punto d’urto, rilevabile dalla traccia gommosa lasciato dal pneumatico anteriore destro dell’autocarro, veniva individuato a circa 0,3 m. dalla linea di margine.
Alla luce di tali elementi, il giudice di primo grado riteneva provata l responsabilità dell’imputato in relazione al reato a lui ascritto, ritenendo che decesso fosse causalmente collegato all’incidente provocato dalla condotta di guida del COGNOME che, non avvedendosi per tempo dell’ostacolo o non calcolando bene le misure, era andato a collidere contro il veicolo fermo in violazione dell’art. 141, comma 2, C.d.S.
Il tratto di strada peraltro era rettilineo, l’orario era diurno e la visibil buona. Priva di pregio risultava, invece, la versione difensiva secondo cui una
vettura nel sorpassarlo gli avrebbe occultato la visuale in quanto, oltre ad essere sfornita di riscontri, non valeva ad escludere la colpa.
La sentenza d’appello riteneva, invece, parzialmente fondato l’appello relativamente al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis, comma 7, cod.pen., reputando che l’evento fosse stato altresì cagionato dal concorso di colpa della persona offesa, la quale aveva arrestato la propria vettura sulla corsia di emergenza, invadendo parzialmente la corsia di marcia, ed, una volta scesa dal veicolo, aveva omesso di indossare il giubbotto catarifrangente e di collocare il segnalatore di pericolo posizionandosi inoltre incautamente nella parte posteriore-laterale della propria autovettura.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un motivo con cui deduce l’errata applicazione della legge penale con particolare riguardo all’art. 141, comma 2, C.d.S.
Si assume che la Corte territoriale, nell’esaminare il motivo di appello attinente alla non corretta applicazione dell’art. 141, comma 2, d.lgs. n. 285 del 1992, non ha effettuato alcuna valutazione autonoma, riportando esattamente quanto argomentato in parte motiva nella sentenza di primo grado.
Rileva che l’art. 141 comma 2 C.d.S. è una norma di chiusura del sistema sanzionatorio che impone comunque l’individuazione di una condotta specifica del conducente del veicolo, onde evitare che si possa ricomprendere in tale fattispecie qualsiasi comportamento non astrattamente riconducibile ad una specifica violazione del Codice della strada.
Nella specie, la norma non appare correttamente richiamata proprio in ragione del fatto che non viene individuata una condotta specifica che permetta di comprendere in cosa si sia concretato il comportamento negligente o imprudente dell’imputato.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é inammissibile per plurime ragioni.
In primis va rilevato che il giudice di primo grado ha ritenuto che il sinistro stato causato direttamente dal COGNOME che, non avvedendosi per tempo dell’ostacolo o non calcolando bene le misure, è andato a collidere contro il veicolo fermo. A corroborare tale ricostruzione, ha posto in rilievo che il tratto d strada era rettilineo, l’orario era diurno e la visibilità era buona. Quin l’imputato aveva la possibilità di avvistare tempestivamente l’auto ferma sul
margine destro ed adeguare la sua condotta di guida, spostandosi leggermente a sinistra per evitare la collisione.
Ebbene a fronte di tale puntuale disamina, l’atto di appello proposto dal COGNOME si è limitato a contestare genericamente la ritenuta violazione dell’art. 141, comma 2, C.d.S. e la sentenza d’appello ha tout court recepito la ricostruzione del sinistro come operata dal primo giudice, pur se, in accoglimento di una doglianza difensiva, ha ritenuto che l’evento sia stato altresì cagionato dal concorso di colpa della persona offesa.
Così ricostruito l’apparato logico argomentativo della sentenza impugnata, alla luce di quanto statuito dal giudice di primo grado, tenuto conto delle censure difensive, il presente ricorso deve ritenersi inammissibile.
E ciò in applicazione del principio secondo cui il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Rv. 283808).
?COGNOME
Il ricorso é altresì inammissibile in quanto~ -ico. Ed invero, a fronte della ricostruzione del sinistro operata dalle due sentenze di merito, il cui apparato logico-motivatorio va considerato unitariamente, trattandosi di una c.d. doppia conforme di condanna, si limita a dolersi dell’errata applicazione dell’art. 141, comma 2, C.d.S. deducendo la mancata considerazione di non meglio precisate circostanze di tempo e di luogo che escluderebbero l’elemento della colpa in capo all’odierno imputato.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 15.2.2024