Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8292 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8292 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SESSA AURUNCA il 01/03/1996
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
letta la memoria depositata dall’avv. NOME COGNOME del foro di Cassino, che ha concluso per l’accoglimento, dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 aprile 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa in data 4 aprile 2019 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con cui NOME COGNOME veniva ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., per aver cagionato la morte di NOME COGNOME per colpa consista nella violazione di norme sulla circolazione stradale.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione, poiché manifestamente illogica (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.).
Deduce il ricorrente che i giudici di merito, pur nell’assenza di tracce sulla sede stradale, hanno erroneamente ritenuto di poter collocare il punto d’urto nella corsia percorsa dalla vittima, avuto riguardo alla consulenza dell’ing. COGNOME le cui conclusioni, in realtà, sono state efficacemente contrastate dalla consulenza dell’ing. COGNOMEche i giudici hanno del tutto ignorato).
Sicché, la condanna del ricorrente, pur nella impossibilità di individuare “con estrema certezza” il punto di impatto, ha determinato la violazione della regola del ragionevole dubbio, nonché dei criteri fissati dagli artt. 125, 192 e 546 cod. proc. pen..
2.2. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.).
Osserva il ricorrente che, per essere rilevante per il diritto penale, l’evento che si addebita colposamente deve essere prevedibile ma anche evitabile.
I giudici di merito avrebbero dovuto valorizzare le argomentazioni contenute nella consulenza redatta dall’ing. COGNOME secondo le quali l’urto, poiché avvenuto nella corsia di marcia percorsa dal Castaldo, non era evitabile, anche osservando le regole cautelari in ipotesi violate.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio della motivazione, poiché mancante (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), con specifico riferimento al mancato uso, da parte del COGNOME, delle cinture di sicurezza, quale concausa dell’evento morte, che in quanto tale avrebbe dovuto incidere sulla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Allo scrutinio dei motivi è opportuno premettere che, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, la mattina del 9 marzo 2016, mentre percorreva la INDIRIZZO a bordo di un veicolo Fiat Doblò, in direzione Castel Volturno ed in un tratto interessato da pioggia battente, NOME COGNOME veniva investito dall’autovettura Fiat Punto, condotta dall’imputato.
Al momento dell’impatto, la Fiat Punto (che procedeva 60 – 65 km/h, a fronte del limite di 30 km/h) aveva una inclinazione di dieci gradi verso sinistra e, dunque, puntava verso il veicolo Fiat Dobló, mentre quest’ultimo era in asse con la carreggiata, e procedeva alla velocità di circa 45 km/h.
L’impatto avveniva nella corsia di marcia percorsa dal Vigoriti, a due metri dalla linea di mezzeria.
A seguito dell’impatto il Doblò subiva una rotazione di circa 80 gradi, ribaltandosi sul fianco destro, mentre la Fiat Punto subiva una rotazione di circa 180 gradi, posizionandosi sulla corsia di marcia originaria, ma con il fronte diretto verso Mondragone (quindi in direzione opposta a quella originariamente percorsa) e la ruota anteriore adiacente al marciapiede.
Sulla scorta delle considerazioni formulate dal consulente tecnico del pubblico ministero, i giudici di merito hanno affermato che NOME COGNOME avrebbe potuto evitare il sinistro se avesse mantenuto la propria corsia di marcia e se si fosse attenuto al limite di velocità vigente in quel tratto, peraltro interessato, nel frangent da avverse condizioni meteo.
2.1. Il primo motivo è inammissibile.
I giudici di merito – le cui motivazioni possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale – hanno valutato come gravemente colposa la condotta tenuta dal ricorrente il quale, pur a fronte di avverse condizioni meteorologiche, percorreva la sua corsia di marcia con velocità superiore a quella consentita, così perdendo il controllo del veicolo, invadendo l’opposta corsia (superando la doppia striscia continua), ed impattando il mezzo condotto dalla persona offesa, che invece procedeva con una velocità commisurata ai luoghi.
Che questa sia stata la esatta dinamica del sinistro i giudici lo hanno desunto dalle conclusioni cui è giunto il consulente del pubblico ministero, confortate dall’analisi di una serie di indicatori fattuali che hanno consentito di stabilire che l’u avvenne nella corsia percorsa dalla vittima (cfr., assenza di detriti nella carreggiata percorsa dal Castaldo; tipologia di danni riportati da entrambi i veicoli; massa complessiva dei veicoli; posizione di quiete dei veicoli, con il Doblò che, a pieno carico,
fu rinvenuto ribaltato nella sua corsia, nei pressi del marciapiedi, e con i detriti spars nelle vicinanze).
Conclusioni, queste, coerenti con quanto osservato dagli agenti di polizia municipale intervenuti nell’immediatezza.
Il ricorrente, invece, senza confrontarsi con tali argomentazioni, si limita a richiamare l’assunto del proprio consulente – le cui conclusioni sono state motivatamente confutate già dal Tribunale (pp. 7 e 8) – per proporre una diversa ricostruzione del sinistro.
Peraltro, costituisce ius receptum di questa Corte il principio che, in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere fra varie tesi prospettate da differenti periti e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibil purché dia conto delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità d procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (Sez. 4, n. 2766 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 40800 del 07/05/2019, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, COGNOME non mass. sul punto; Sez. 4, n. 34747 del 17/5/2012, COGNOME, Rv. 253512 – 01; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, COGNOME, Rv. 241907 01).
Non giova al ricorrente neppure il richiamo della regola di giudizio del ragionevole dubbio (pp. 1 e 2 ricorso): se il giudice è tenuto, infatti, a saggiare l capacità esplicativa della ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, ciò non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e detta regola non può, quindi, essere utilizzata per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative, una volta che tale duplicit sia stata oggetto, come nel caso di specie, di attenta disamina (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 – 01; Sez. 2, n. 25016 del 08/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519 – 01).
Il ricorrente, invece, evoca il canone del ragionevole dubbio proprio per esaltare la diversa ricostruzione offerta dal proprio consulente, e quindi sollecitare una diversa valutazione delle prove.
E’ parimenti consolidato, inoltre, l’orientamento secondo il quale la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (Sez. 4, n. 44616 del 10/10/2023, Abakumov, non mass.; conformi, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, COGNOME, Rv. 271679; Sez. 4, n. 37838 del 1/7/2009, COGNOME, Rv. 245294; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, Pulcini, non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. n. 238321).
2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
La prevedibilità dell’evento, e la sua evitabilità attraverso il comportamento alternativo lecito, sono temi specificamente affrontati dai giudici di merito, i relazione alle circostanze concrete che hanno caratterizzato il sinistro (pp. 11 e 14 sent. Tribunale).
Il ricorrente, invece, dubita dell’efficacia impeditiva della condotta alternativa lecita partendo dal presupposto – come visto sconfessato dalle conformi decisioni di merito – che l’impatto sia avvenuto nella corsia di marcia da lui percorsa.
Il motivo, pertanto, sebbene formalmente dedotto con riguardo all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., si alimenta di una (non consentita) diversa lettura dei dati processuali o di una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza (cfr., Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269217-01).
2.3. Anche il terzo ed ultimo motivo è inammissibile.
Il ricorrente si duole della assoluta carenza di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, determinato in misura non prossima al minimo edittale, senza considerare “l’eventuale mancato uso della cintura di sicurezza da parte della vittima” e l’incidenza sul verificarsi del decesso (pp. 4 – 5 ricorso).
Il motivo, con il quale il ricorrente lamenta anche la violazione dell’art. 133 cod. pen., non si confronta con la motivazione offerta dai giudici di merito (p. 4 sentenza ricorsa), anche con riguardo all’incidenza del mancato utilizzo delle cinture – che il ricorrente, peraltro, prospetta in termini del tutto eventuali.
Il motivo, inoltre, non è consentito in sede di legittimità, nella parte in cui mir ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME non massinnata; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME
Rv. 271243; conf., Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142 – 01).
D’altra parte, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Ciò posto il Collegio, nel ribadire il principio di diritto secondo cui l’obbligo una motivazione rafforzata in tema di trattamento sanzionatorio sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01), osserva come i giudici di merito hanno richiamato l’attenzione sugli indicatori di cui all’art. 133 cod. pen., ed in particola sulla significativa violazione di diverse regole cautelari e dunque sul grado della colpa (pp. 14 e 15 sentenza di primo grado; p. 5 sentenza ricorsa).
Conseguentemente, il modesto scostamento dal minimo edittale si fonda su una congrua motivazione, avendo i giudici di merito individuato indici di disvalore di tipo oggettivo (attinenti alla gravità del fatto, con riguardo alla pluralità delle reg cautelari violate), pur mitigati da indici legati alla personalità del ricorrente.
Quanto alla invocata prevalenza delle attenuanti generiche, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 24593101; nello stesso senso, Sez. 4, n. 43385 del 13/11/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 43684 del 01/10/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 41101 del 13/09/2024, Spiaggia, non mass.; Sez. 4, n. 28651 del 26/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450-01).
Nel caso di specie, i giudici di merito (p. 5 sentenza ricorsa; pp. 14 e 15 sentenza del Tribunale) hanno giustificato la decisione di ritenere equivalenti le circostanze attenuanti generiche e le aggravanti motivandola in considerazione del divario tra la condotta tenuta e quella doverosa omessa.
Così facendo, i giudici hanno dimostrato di aver preso in considerazione e valutato gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ed in particolare sia caratteristiche della condotta, sia il grado della colpa, pervenendo alla conclusione, senz’altro motivata e argomentata in modo del tutto privo di incoerenze e di illogicità, tanto meno manifeste, che la soluzione dell’equivalenza era la più idonea a realizzare
l’adeguatezza della pena da irrogare nel caso concreto, pur alla luce del comportamento processuale e la buona biografia penale del ricorrente.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2024