Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44980 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44980 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 10/09/1996
avverso la sentenza del 12/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli in data 12/04/2024 che ha confermato la sentenza di condanna emessa dal giudice monocratico presso il Tribunale di Napoli nord in data 23/06/2022, con la quale l’imputato veniva condannato alla pena di mesi 8 di reclusione e alla sospensione della patente per mesi 8 perché riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo di COGNOME NOME previsto dall’art. 589bis cod. pen., commesso in Aversa la sera del 1/06/2017.
Con un unico motivo di ricorso, sebbene variamente articolato, si lamenta la violazione di legge in relazione al reato contestato con specifico riferimento alle pagine 2-6 della motivazione della sentenza della Corte di appello i che si sarebbe limitata a condividere il giudizio e le argomentazioni del giudice di primo grado in merito al nesso di causalità tra la condotta posta in essere dal COGNOME e l’evento mortale che ha colpito la persona offesa COGNOME.
In particolare, la difesa; trascurai:1dd la doppia delle – dùè , – teThdahrlaí ritiene che la Corte di appello abbia semplicemente richiamato quanto descritto nella motivazione della sentenza di primo grado in relazione ai criteri fondamentali per affermare la responsabilità colposa dell’imputato. Il riferimento del ricorso è alla possibilità che l’imputato nel percorso stradale potesse realmente accorgersi o evitare la presenza di due pedoni che attraversavano la strada, uno dei quali egli investiva travolgendolo e causandone immediatamente la morte. Ritiene la difesa che la motivazione abbia omesso di soffermarsi in ordine alle circostanze dedotte nell’atto di appello, non avendo valutato e conseguentemente motivato in ordine alle doglianze difensive relative alle dichiarazioni rese dal consulente della difesa, dalla dottoressa COGNOME, dal teste COGNOME Giuseppe.
A parere della difesa, la lettura da parte della (corte di appello di tali elementi probatori testimoniali e consulenziali avrebbe portato ad una motivazione riduttiva e incompleta. L’attenzione specifica della critica difensiva si concentra su quanto emerso dalla consulenza della dottoressa COGNOME in merito alle condizioni della persona offesa al momento dell’evento con particolare riferimento al dato, emerso dall’esame medico legale, per cui la vittima aveva in corpore tracce di cocaina (nel sangue, nella bile, e nelle urine), nonché di alcool etilico nel sangue.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio rileva, innanzitutto, che la motivazione della Corte di appello ha spiegato in modo analitico la ricostruzione cinematica dell’incidente che ha portato alla morte di COGNOME: in particolare il decesso di quest’ultimo si è verificato a seguito delle lesioni riportate dallo stesso che veniva travolto intorno alle ore 22.00 dell’1/6/2017 in Aversa,mentre in compagnia di un amico attraversava INDIRIZZO, strada a doppio senso di circolazione, in un tratto urbano caratterizzato dalla presenza di un marciapiede e di un bar, oltre che di abitazioni. La scena dell’incidente è stata ben osservata dal test,, , COGNOME NOME, conducente dell’auto Seat Ibiza proveniente da Teverola che si fermava per consentire ai due pedoni l’attraversamento, mentre l’imputato nella corsia di marcia opposta, a bordo della Fiat Grande Punto non si fermava ed investiva la persona offesa / causandone la morte mediante l’impatto con il lato anteriore sinistro dell’auto. Sfoco era sbalzato in aria, per poi cadere sul cofano dell’auto e quindi rotolare sull’asfalto dove veniva rinvenuto privo di vita.
Le condizioni in cui si è verificato l’impatto mortale descritte nella sentenza non vengono poste in discussione dal ricorso che invece si limita a dubitare della valutazione di alcuni elementi probatori e si concentra sulla condizione della vittima per desumerne un eventuale comportamento improvvido o imprudente. Non spiega il ricorso, però, come la lettura di tali elementi possa coniugarsi con il principale argomento condotto lungo i due gradi di giudizio e costituito dalle condizioni della vittima per la presenza in corpore di cocaina nonché di alcol etilico nel sangue alla concentrazione di 0,64 grammi litro. Il C9r L gÒ ICiùbita della linearità e logicità delle motivazioni delle sentenze di condanna ma non spiega sotto che profilo le deposizioni citate avrebbero dovuto portare i giudici di merito a una diversa conclusione o a una più specifica motivazione.
In particolare la difesa non espone come la possibile riduzione della capacità di giudizio della vittima avrebbe dovuto essere diversamente valutata in relazione alla condotta di guida dell’imputato che peraltro è emersa in modo univoco. La difesa, al riguardo, propone argomenti meramente ipotetici desumibili dalle stesse testimonianze che nella discrezionalità della valutazione del merito di ciascuna deposizione, il giudice di primo grado e il giudice di appello hanno sviluppato con coerenza logica e alcuna lacuna argomentativa.
A tal riguardo è sufficiente verificare che quanto genericamente criticato dalla difesa circa le deduzioni portate dai testi e dal consulente tecnico, non solo depone univocamente per una ricostruzione del fatto descritto nell’imputazione e ampiamente motivato nelle sentenze conformi ma soprattutto non inficia la logica deduttiva che le sostiene, salvo chiedere sostanzialmente di entrare nel merito delle valutazioni discrezionali delle prove che la Corte di appello ha recepito, specificato e ulteriormente argomentato.
In particolare è opportuno sottolineare che il ricorso tende a rivalutare le prove che hanno portato la Corte di appello a delineare la dinamica dell’incidente, la diretta causalità della morte e il comportamento dell’agente e della vittima dell’incidente. A quest’ultimo riguardo non si deve trascurare che il comportamento presumibilmente condizionato della vittima non solo non può giustificare la violazione delle norme del codice della strada in materia di velocità che deve essere tenuta prudentemente all’interno del centro urbano, in ora serale, alla presenza di pedoni, ma soprattutto non costituisce un elemento sufficientemente dimostrato di concausa autonoma e sufficiente a produrre l’evento della morte.
Non è superfluo rilevare che i motivi di ricorso tendono a ricostruire la dinamica dell’evento alludendo a un comportamento concausale della vittima non chiarendo se e come tale critica possa lievitare fino a delineare con chiarezza e sufficienza un comportamento alternativo lecito dell’agente oppure un concorso di cause da parte della vittima ai sensi dell’art. 41, commi 2 e 3, cod. pen. .
Il ricorso non offre, in breve, elementi e argomenti specifici per poter incrinare il percorso logico deduttivo delle sentenze di merito che hanno delineato in modo esauriente, convincente e coerente il nesso di causalità tra l’impatto dell’autovettura guidata dall’imputato e l’immediata morte della vittima nel corso del quale il comportamento di quest’ultima non ha avuto alcun ruolo concausale materiale.
8. GLYPH Gli argomenti difensivi in modo aspecifico tendono soltanto a rielaborare il materiale probatorio senza giungere a far emergere una critica concreta, specifica, alla logica della motivazione e alla deduzione probatoria complessiva, sostanzialmente chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di merito che non può essere espletato in questa sede. Si tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. Al Giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli
adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte in un giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, è – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che aggrediscono la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
Il ricorso è pertanto inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
il Consigliere estensore