Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10021 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4   Num. 10021  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G. in persona del sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 3 maggio 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo con la quale NOME COGNOME è stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 589 bis cod. pen. Era stato contestato al NOME di avere ‘ per colpa generica e specifica, in particolare in violazione dell’art. 140 co. 1, 141 co. 1, 142 co. 1 e 2, 148 co. 2 lett. i) ed) e co. 3 cod. strada, in cooperazione colposa con NOME COGNOME, giudicato separatamente, mentre si trovava alla guida del ciclomotore TARGA_VEICOLO sul quale trasportava NOME, viaggiando alla velocità di 60 km/h in un tratto di strada ove era prescritto il limite di 20 km/h e dopo una manovra di sorpasso imprudente, rientrando nella propria corsia, impattato contro la vettura condotta dal COGNOME che percorreva la medesima via in direzione di marcia opposta ed invadeva l’opposta corsia di marcia per svoltare a sinistra senza avvedersi dell’arrivo del ciclomotore e senza concedere la precedenza.
In conseguenza dell’urto, il NOME, conducente della moto, e NOME, passeggero, venivano sbalzati dalla sella e rovinavano al suolo riportando lesioni in conseguenza delle quali il trasportato sul mezzo a due ruote, dopo qualche giorno, decedeva.
Il giudice di primo grado, riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui all’art. 589 bis co. 7 cod. pen e le circostanze attenuanti generiche /condannava il COGNOME alla pena di mesi dieci di reclusione / concedendogli i doppi (,) benefici di legge / non mancando GLYPH osservare che la accertata mancanza della patente di guida non risultava contestata all’imputato / con la conseguenza che veniva esclusa la possibilità di valutare la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 59 bis co. 6 cod. pen. Non mancava il Tribunale di evidenziare i profili di colpa legati al mancato uso del casco da parte del trasportato.
La Corte territoriale rigettava i due motivi di gravame proposti dalla difesa con i quali si chiedeva l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste e in subordine, la riduzione della pena inflitta, in misura pari al minimo edittale.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse del COGNOME, affidandolo ad unico motivo con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 530 cod. proc. pen.
Secondo la difesa la Corte territoriale non ha operato un adeguato vaglio critico del materiale acquisito consistente nella consulenza dell’AVV_NOTAIO COGNOME, dal
rapporto della Polizia Municipale del 27 luglio 2018 e dalla sentenza emessa nei confronti del coimputato COGNOME, giudicato separatamente. Nell’atto di appello si sottolineavano le parti dell’elaborato confermate dal Consulente dalle quali si evinceva che la responsabilità del sinistro occorso il 25.12.2016 in occasione del quale ha perso la vita NOME COGNOME non poteva che ascriversi al COGNOME, conducente dell’autovettura TARGA_VEICOLO contro la quale si era scontrato il ciclomotore condotto dall’imputato e sul quale viaggiava come passeggero il NOME. L’impianto argomentativo non offre ragioni circa la condivisibilità della tesi difensiva e a pagina 3 addossa, contrariamente a quanto stabilito dal consulente i , la responsabilità al NOME benché lo stesso abbia effettuato una manovra consentita, affermando che doveva prestare la massima attenzione non potendosi ritenere eccezionale l’evenienza di imprudenti condotte di guida altrui.
Da quanto detto la difesa inferisce l’apparenza della motivazione. Si legge in sentenza che se il motociclo avesse mantenuto un limite di velocità conforme avrebbe evitato l’impatto, secondo la valutazione espressa dal consulente tecnico del AVV_NOTAIO COGNOME. Secondo la difesa tale affermazione sarebbe errata / dato che il consulente; pur ritenendo estremamente pericolosa la condotta di guida del NOME ) ha prospettato diverse ipotesi tra le quali che “la manovra di conversione a sinistra del COGNOME è apparsa di estrema pericolosità e certamente determinante nella causazione del sinistro”. Il consulente, inoltre, con riferimento ai limiti di velocità apposti precariamente su preesistenti pali dell’illuminazione ha definiti “impraticabili`. 1 Ha comunque aggiunto il consulente che se l’Audi avesse dato la precedenza al motociclo l’incidente non si sarebbe verificato, anche ad una velocità di 50 km/h e nelle condizioni riferite, cioè di avere effettuato la manovra di svolta a sinistra, abbagliato dal sole. La condotta del COGNOME, dunque, ad avviso della difesa, doveva ritenersi del tutto imprevedibile e idonea ad escludere il rapporto di causalità tra la condotta del ricorrente e il decesso dell’amico.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME, ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio della ammissibilità.
t, Il ricorrente, pur deducendo genericamente violazione di lege e g vizio di motivazione, mira ad ottenere una rivalutazione del fatto che non è consentita in questa sede allorquando l’impianto motivazionale sia, come nel caso in esame, sorretto da un solido percorso logico-giuridico, peraltro” coerente con le emergenze istruttorie, per nulla apparente.
E’ noto che l’art. 606 / lett. e) , cod. proc. pen. prevede che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve tendere a verificare che la motivazione sia “effettiva”, ossia idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto alla base della decisione; che non sia “manifestamente illogica” cioè che non presenti errori nella applicazione delle regole della logica; che non sia internamente “contraddittoria”, dunque, scevra da inconciliabilità logica tra le affermazioni in essa contenute e, infine, che non risult “incompatibile” con gli “altri atti del processo”.
Non è sufficiente, dunque, che gli atti del processo richiamati dal ricorrente siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti o con la ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che offrano una ricostruzione più persuasiva rispetto a quella operata dal giudicante.
Occorre, piuttosto, che gli atti richiamati dal ricorrente per supportare il dedotto vizio della motivazione siano dotati di una capacità dimostrativa tale da disarticolare il ragionamento svolto del decidente e che dimostrino tale incompatibilità sì da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione o, come in questo caso, da dimostrarne “l’apparenza”.
A questa Corte spetta, dunque, un controllo sulla persistenza di una motivazione “effettiva”, non “manifestamente illogica” e “internamente coerente” a seguito delle deduzioni mosse dal ricorrente con riferimento ad “atti del processo”. Rimane, per converso, esclusa la possibilità, in sede di controllo della motivazione, rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, come pure l’autonoma adozione di parametri di ricostruzione ritenuti maggiormente plausibili rispetto a quelli adottati dal giudice di merito.
E’ di tutta evidenza che diversamente opinando, questa Corte diverrebbe l’ennesimo giudice del fatto a fronte del compito attribuitole dal legislatore di controllo di quelle motivazioni alle quali le parti non abbiano prestato acquiescenza, 11/  GLYPH t_ Mi. rispetto dello standard di razionalità intrinseca e di capacità di spiegare l’ite logico seguito dal giudice per pervenire alla decisione.
Alla luce della necessaria premessa risulta di tutta evidenza l’inammissibilità del ricorso.
La sentenza emessa dalla Corte territoriale, che va letta in uno a quella del Tribunale, versandosi in ipotesi di c.d. doppia conforme, con motivazione non viziata da errori nell’applicazione della legge né da incongruenze o contraddizion) ha spiegato le ragioni per le quali gli elementi acquisiti consentono di ritenere provata la responsabilità dell’imputato.
La Corte ha posto l’accento sulla circostanza accertata sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale che NOME COGNOME viaggiava a bordo del proprio motoveicolo, con a bordo un passeggero, ad una
velocità di circa 66 km/h in un tratto di strada in cui il limite era pari a 20 km/ risultante dalla cartellonistica stradale “visibile”, dando atto anche delle tracce di frenata e del loro andamento (pag. 3 della motivazione).
I giudici di merito hanno compiutamente rilevato che l’impatto tra il motociclo condotto dal NOME e l’autovettura condotta dal COGNOME si è verificato nella corsia di marcia di competenza del motociclo occupata dalla vettura condotta dal COGNOME che effettuava una manovra di svolta per immettersi in un fondo privato posto alla sua sinistra.
Si è tuttavia evidenziato che la condotta di guida del COGNOME, pur posta in violazione di norme del codice della strada, non ha affatto inciso sul piano della responsabilità dell’imputato il quale, in ragione della velocità di guida mantenuta, a fronte della invasione di corsia da parte della vettura, non ha potuto porre in essere quelle manovre di emergenza che avrebbero evitato l’evento o avrebbero limitato le conseguenze negative dello stesso.
La Corte, nel respingere gli argomenti dedotti dalla difesa con specifico motivo di gravame relativb al mancato riconoscimento della condotta di guida del COGNOME quale fattore interruttivo del nesso causale tra la condotta del NOME e l’evento morte del NOME, ha richiamato le valutazioni espresse dal consulente tecnico, nella prospettazione delle diverse ipotesi pure ribadite dal ricorrente, con le quali si è concluso nel senso che «una velocità contenuta entro il limite di velocità prescritto per quel tratto di strada (20 km/h) avrebbe evitato il sinistro, consentendo la frenata efficace e risolutiva per ovviare alla invasione di corsia operata dalla vettura»
Con motivazione affatto apparente la Corte territoriale ha spiegato che ìal netto delle violazioni al codice della strada poste in essere dal COGNOME, la sua condotta di guida non può essere ritenuta unica ed esclusiva causa del sinistro, non solo facendo proprio il ragionamento del consulente circa la velocità pari al triplo rispetto a quella consentita in quel tratto di strada, ma ulteriormente rilevando come le tracce di frenata che risultavano impresse sull’asfalto rivelavano che il motociclo, poco prima dell’impatto, stesse percorrendo la corsia di marcia opposta a quella di pertinenza in ragione di un sorpasso di autovetture che lo precedevano, con invasione, sia pure temporanea / della corsia di marcia opposta. Siffatta manovra, per quanto ritenuta consentita dal consulente tecnico, imponeva, ad avviso dei giudici di merito, particolare cautela al fine di mantenere il controllo del veicolo. La sentenza di primo grado, con argomento con il quale non si confronta il ricorrente, riporta la precisazione del consulente tecnico del P.RAGIONE_SOCIALE. laddove afferma
velocità del motociclo non era da considerarsi semplicemente superiore al limite vigente ma è apparsa di estrema pericolosità soprattutto in considerazione dell’angusto contesto viario con il quale il NOME avrebbe dovuto interagire con
estrema cautela e sicurezza per sé e per gli altri» ed ancora che «l’invasione di corsia da parte del motociclo, pur se consentita /è apparsa di estrema pericolosità soprattutto in considerazione dell’asserita presenza delle due autovetture che hanno costretto il centauro a compiere repentinamente una manovra di rientro nella propria corsia di marcia».
Le sentenze conformi non presentano alcun errore nella valutazione del significato probatorio degli elementi acquisiti nel corso della istruttoria dibattimentale laddove si soffermano sulla riconducibilità della condotta attribuibile all’odierno ricorrente che è stata adeguatamente vagliata in relazione al contestato antecedente logico rispetto alla morte del NOME quale fattore causale nel determinismo dell’evento. Né è apparente la motivazione laddove la Corte afferma che non può ritenersi eccezionale o fuori da ogni umana prevedibilità l’evenienza di condotte di guida altrui imprudenti.
E’ lo stesso ricorso a richiamare giurisprudenza di questa Corte (pag. 6) secondo cui l’utente della strada deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone e cose», tenendo sempre conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non risultino assolutamente imprevedibili» (Sez. 4, n. 26131 del 03/06/2008, Rv. 241004).
La Corte si è soffermata sulla rilevanza della violazione della regola cautelare del rispetto del limite di velocità e delle conseguenze che da detta violazione sono derivate spiegando che l’evento è da ricollegarsi ad una condotta omissiva che, ove posta in essere, avrebbe senz’altro consentito al NOME di mantenere il controllo del proprio veicolo in modo tale da compiere le necessarie manovre, quali frenare o sterzare, che avrebbero scongiurato quel rischio che la regola cautelare mirava proprio a prevenire, ossia rr,,Iquell’urto avvenuto con una potenzialità offensiva derivante dall’impatto avvenuto a velocità non adeguata alle condizioni della strada, così come si ricava dal limite di 20 km/h. Se, dunque, il COGNOME ha impegnato la propria corsia di marcia ad una velocità non consentita, in una condizione di avvistamento dei mezzi provenienti dal senso di marcia opposta, non è invocabile il fattore interruttivo del nesso causale, dato dalla svolta a sinistra effettuata dal COGNOME poiché, a maggior ragione, in virtù del sorpasso in precedenza effettuato dall’imputato, egli avrebbe dovuto adottare la massima cautela al fine di evitare situazioni di pericolo per sé e per gli altri.
Essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000) segue oltre la condanna al pagamento delle spese del procedimento quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 28 gennaio 2025