Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7213 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti dalle parte civili COGNOME NOME nata a SAN TAMMARO il DATA_NASCITA e COGNOME NOME nata a PORTICO di CASERTA il DATA_NASCITA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a GRICIGNANO DI AVERSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a GRICIGNANO DI AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Napoli il 25 gennaio 2023 ha integralmente confermato la sentenza, impugnata dal P.M., dalle parti civili e dagli imputati, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 10 febbraio 2018, all’esito del dibattimento, ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di omicidio stradale (capo A), con la formula perché il fatto non costituisce reato, e da quello di “fuga” di cui all’art. 189, comma 6, del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285 (capo B), con la formula perché il fatto non sussiste, mentre ha condannato entrambi gli imputati alla pena stimata di giustizia in relazione al reato d omissione di soccorso stradale di cui all’art. :189, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992 (capo B).
2.1 fatti, in estrema sintesi, come concordemente ricostruiti dai Giudici di merito.
La mattina del 31 agosto 2013, intorno alle 08.30, si è verificato in provincia di Caserta un incidente stradale con esiti letali.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, ciclisti amatoriali, erano in sella alle proprie biciclette da corsa lungo la INDIRIZZO n. INDIRIZZO nel tratto Aversa Capua, strada che attraversa alcuni centri abitati. Attraversando, in particolare, il centro abitato di San Tammaro, ove vige il limite massimo di velocità di 50 km orari, NOME COGNOME ha investito la bicicletta da passeggio condotta da NOME COGNOME, che stava attraversando la strada in direzione da destra verso sinistra, nella prospettiva di NOMECOGNOME; subito dopo NOME COGNOME ha investito il velocipede di COGNOME e la persona stessa di COGNOME, che ha riportato gravi lesioni che ne hanno determinato, dopo alcuni minuti, la morte.
Agli imputati è stato contestato dal Pubblico Ministero di avere condotto le biciclette da corsa a velocità eccessiva, inadeguata alla concreta condizione dei luoghi, senza essere in grado di arrestare la marcia in caso di pericolo, incuranti di essere in un centro abitato e in un tratto di strada costeggiato da edifici e senza avere verificato l’approssimarsi all’attraversamento della !Dici condotta da NOME COGNOME.
Sia il Tribunale che la Corte di appello hanno, però, assolto gli imputati dai più gravi reati di omicidio colposo e di “fuga”: quanto alla violazione dell’art 589-bis cod. pen. perchè – hanno ritenuto i Giudici di merito – nonostante l’ampia istruttoria svolta (esame di numerosissimi testi, sia di accusa sia a difesa, anche qualificati, acquisizione di fotografie e rilievi della Polizia stradal acquisizione ed esame dei filmati di una telecamera presente in loco e del verbale di autopsia, esame di un imputato ed acquisizione dei verbali di
interrogatorio resi da entrambi nel corso delle indagini), non è stato possibile ricostruire né la velocità alla quale procedevano gli imputati né il loro comportamento né quello della vittima né la esatta dinamica degli impatti; e, quanto alla violazione del comma 6 dell’art. 189 del codice della strada, perché le immagini videoriprese, estrapolate della Polizia scientifica, hanno mostrato con certezza che gli imputati si sono fermati e che sono rimasti in loco, senza allontanarsi, per vari minuti, andando via solo dopo l’arrivo e la ripartenza dell’ambulanza; non avendo, però, prestato concreto soccorso, sono stati condannati per la violazione del comma 7 dell’art. 189 del codice della strada.
Si è ritenuta – motivatamente – impraticabile in concreto la perizia sollecitata dalle parti civili (pp. 8-11 della sentenza di appello e p. 48 di quella di prim grado).
3.Tanto premesso, ricorrono per la cassazione della sentenza le sole parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite separati ricorsi curati dal medesimo Difensore di fiducia (AVV_NOTAIO del Foro di Santa Maria Capua Vetere), affidandosi, rispettivamente, a tre motivi (la Difesa di NOME COGNOME) e a due motivi (la Difesa di NOME COGNOME) con i quali si denuncia promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
Si precisa che i motivi nell’interesse di NOME COGNOME sono testualmente identici al secondo ed al terzo motivo svolto da NOME COGNOME, che ha invece un primo motivo autonomo.
3.1. Con il primo motivo (svolto, appunto, solo da NOME COGNOME) ci si duole della violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., essendo, ad avviso della Difesa, la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente, priva di un effettivo tessuto motivazionale che dia conto delle risultanze processuali acquisite e del percorso logico seguito.
Si richiamano fonti di prova, dichiarative e documentali, che sarebbero state ignorate dai decidenti e che invece, ove prese in considerazione, dimostrerebbero che la bici del sig. COGNOME è stata urtata da tergo quando il conducente aveva già superato la linea di mezzeria, che era discontinua e quindi permetteva l’attraversamento e persino la inversione ad “U”, e che i due imputati, che sono stati destinatari di contravvenzione amministrativa per avere guidato a velocità non adeguata alle concrete circostanze, viaggiavano senza tenere la destra in fila indiana ma molto vicini tra loro, quindi in maniera pericolosa, cioè senza osservare la distanza di sicurezza, tanto che – si sottolinea – il secondo ciclista (COGNOME), pur avvisato con un urlo dal primo (COGNOME), non ha avuto tempo per effettuare una manovra di emergenza.
3.2. Con il secondo motivo (nell’interesse di entrambe le parti civili ricorrenti) si censura promiscuamente violazione dell’art. 589-bis cod. pen. e vizio di motivazione, che sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica, in relazione alla mancata affermazione di penale responsabilità degli imputati per il reato di omicidio stradale, in relazione all’art. 149 del codice della strada, che prescrive, appunto, di rispettare la distanza di sicurezza, perché la dinamica dell’incidente descritta nel motivo che precede, alla stregua delle fonti di prova ivi indicate e che sarebbero state travisate nella loro portata informativa dai decidenti, avrebbe dovuto condurre alla condanna degli imputati.
3.3. Si critica, poi (nell’interesse di entrambe le parti civili), mancanza di motivazione in relazione alle specifiche censure mosse dalle parti civili con l’atto di appello, con specifico riferimento alla dinamica degli accadimenti, al punto dell’impatto ed alla mancata osservanza da parte degli imputati della distanza di sicurezza e degli obblighi di tenere la destra e di guidare a velocità adeguata.
Vi sarebbe nel caso di specie, ad avviso della parte civie, un concorso di colpa degli imputati ai sensi dell’art. 110 cod. pen.
Gli imputati si sarebbero dati alla fuga violando l’art. 189, comma 6, del codice della strada.
Si sarebbe trascurato che nel corso dell’interrogatorio COGNOME ha dichiarato che si stavano allenando e che viaggiava “a ruota” del compagno che lo precedeva.
Le parti civili chiedono, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 16 dicembre 2023 ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Entrannbi i ricorsi sono manifestamente infondati, per le seguenti ragioni.
Tutti i motivi, costruiti in fatto, propongono, in realtà, una ricostruzione degl accadimenti ed una valutazione degli stessi differente ed alternativa rispetto a quella fatta propria dai decidenti nella doppia conforme, reiterando temi già adeguatamente affrontati nelle sentenze di merito.
Con riguardo alla dinamica (ed agli specifici aspetti della velocità, della distanza di sicurezza, della posizione sulla carreggiata e del punto di impatto) non risponde al vero che i Giudici di merito abbiano ignorato le critiche.
Infatti, pur ritenendo – con adeguata motivazione – di non poter ricostruire con esattezza gli accadimenti, i Giudici di merito hanno specificato che, essendovi sul lato destro nel senso di marcia più automobili parcheggiate, i
ciclisti opportunamente non tenevano la destra rigorosa, pe – evitare eventuali “sportellate” (p. 50 della sentenza di primo grado), che i due imputati percorrevano strada con diritto di precedenza rispetto alla provenienza della vittima (pp. 50-51 della sentenza del Tribunale) e che l’assenza di danni visibili alle bici degli imputati depone nel senso di una velocità non elevata, comunque contenuta entro i limiti vigenti in quel tratto (p. 11 della sentenza impugnata e p. 49 di quella del Tribunale).
Risultano peraltno erronee in diritto le affermazioni, contenute nell’ultimo dei motivi di ricorso, secondo cui vi sarebbe un concorso di colpa degli imputati ai sensi dell’art. 110 cod. pen. e gli imputati sl sarebbero dati alla fuga violando l’art. 189, comma 6, del codice della strada (sestultima e quintultima pagina di entrambi i ricorsi), in quanto l’art. 110 cod. pen., come noto, si applica solo ai reati dolosi e dal reato di “fuga” i due sono stati irrevocabilmente assolti.
Infine, è meramente assertiva ed indimostrata l’affermazione, che pure si rinviene nell’ultimo motivo di ricorso, secondo la quale si sarebbe trascurato che nel corso dell’interrogatorio COGNOME ha dichiarato che si stavano allenando e che viaggiava “a ruota” del compagno che lo precedeva cioè immediatamente a tergo (quintultima pagina di entrambi i ricorsi).
Essendo, dunque, i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuna anche della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ‘ ed equa, in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti parti civili a pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/01/2024.