Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5814 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5814 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 16/01/2025
R.G.N. 37252/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOME nato a San Cipriano d’Aversa il 27/05/1964 NOME COGNOME nato a San Cipriano d’Aversa il 30/03/1968 NOME nato a San Cipriano d’Aversa il 19/01/1954 avverso la sentenza del 28/05/2024 della Corte d’assise d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria già depositata, con la quale chiedeva dichiararsi l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
uditi i difensori
L’avv. NOME COGNOME si Ł riportato ai motivi di ricorso e ai motivi nuovi;
l’avv. NOME COGNOME si Ł associato alle richieste del co-difensore.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 28 maggio 2024 la Corte di assise di appello di Napoli, confermando, per gli odierni ricorrenti, la sentenza emessa in data 05 dicembre 2022 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, ha condannato, tra gli altri, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena dell’ergastolo per il delitto di cui agli artt. 110, 575, 577, comma 1, n. 3 e 4, cod. pen. commesso in data 31/10/2003 in danno di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
La Corte di secondo grado, stanti le impugnazioni proposte, in particolare, da NOME COGNOME e da NOME COGNOME ha esaminato dettagliatamente l’attendibilità dei numerosi dichiaranti le cui propalazioni sono state utilizzate dal giudice di primo grado, traendo da queste la prova della responsabilità dei vari imputati condannati, ed ha ribadito, alla luce delle contestazioni degli appellanti, la piena credibilità delle loro dichiarazioni, anche per la loro convergenza sul nucleo essenziale della vicenda omicidiaria in questione e sul contesto e la progressione criminosa, al netto
delle imprecisioni, ritenute inevitabili stante la distanza temporale dal fatto, ma relative ad elementi secondari e di scarsa rilevanza. NOME COGNOME Ł stato ritenuto credibile anche perchØ diretto partecipe alle fasi preparatoria ed esecutiva del duplice omicidio, e riscontrato dalle dichiarazioni di NOME COGNOME anch’egli esecutore diretto degli omicidi e nuovamente valutato come attendibile, stante la marginalità di un lieve contrasto, tra due suoi diversi interrogatori, circa i tempi della fase esecutoria. Anche il collaboratore NOME COGNOME altro diretto partecipe alla fase esecutiva quale specchiettista e reo confesso, Ł stato nuovamente valutato attendibile, avendo egli stesso chiarito alcune difformità ammettendo, in un interrogatorio, di avere sovrapposto il ricordo di un altro omicidio alla vicenda qui giudicata. NOME COGNOME già valutato come attendibile nel processo svolto a carico di alcuni degli esecutori materiali del duplice omicidio, Ł stato nuovamente ritenuto tale, stante la precisione e puntualità della sua narrazione, rimasta immutata anche nelle sue numerose deposizioni. Analoga valutazione Ł stata ribadita per le dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME la cui partecipazione al fatto Ł stata limitata, per quelle di NOME COGNOME che a suo tempo consentirono di iniziare a far luce sulla vicenda, di NOME COGNOME in merito al movente dell’omicidio, e di NOME COGNOME cl.’53, coimputato non appellante, che ha ammesso la propria responsabilità nella decisione di uccidere NOME COGNOME, con l’operazione che portò anche alla morte di una persona estranea, NOME COGNOME. La Corte di assise di appello ha ritenuto rilevante, per completare il quadro istruttorio, la sentenza definitiva del processo a carico di NOME COGNOME e di altri esecutori materiali, in cui la vicenda Ł stata ricostruita negli stessi termini contenuti nella sentenza di primo grado, grazie all’apporto delle ammissioni e delle chiamate in correità di molti degli imputati di quel processo, in cui il dichiarante NOME COGNOME fu ritenuto inattendibile.
All’esito di questa nuova valutazione delle chiamate in correità, la Corte ha ritenuto provata la responsabilità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME quest’ultimo confesso, quali esecutori materiali del duplice omicidio, e di NOME COGNOME quale mandante, unitamente a NOME COGNOME cl. ’53, stanti le convergenti dichiarazioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME. In ordine a NOME COGNOME, la Corte ha respinto la tesi difensiva di una nullità della sentenza per la diversità della condotta a lui addebitata, dal momento che lo COGNOME avrebbe solo informato il predetto COGNOME e NOME COGNOME della sua intenzione di commettere l’omicidio, rimanendo perciò l’unico vero mandante: l’approvazione della proposta dello COGNOME da parte di questi ultimi comporta l’assunzione di responsabilità, secondo la sentenza impugnata, essendo costoro componenti dell’organo di vertice dell’associazione criminosa, e la volontaria e concreta adesione di NOME COGNOME al progetto Ł dimostrata dall’avere egli stesso partecipato ai primi appostamenti. Anche l’uccisione del COGNOME, non programmata, deve essergli attribuita a titolo di dolo eventuale, in quanto era noto che la vittima designata si dotava spesso di un guardaspalle, per cui era palesemente accettato, da parte di mandanti ed esecutori, il rischio di dover eliminare eventuali accompagnatori, anche perchØ potenziali testimoni.
La Corte, infine, ha confermato le aggravanti contestate e il diniego delle attenuanti generiche, quanto allo Spierto perchØ, pur prendendo atto della sua confessione, ha ritenuto che essa sia intervenuta quando la prova a suo carico si era consolidata, e che i suoi gravissimi e specifici precedenti penali impongano una valutazione, nel complesso, negativa.
Avverso la sentenza hanno ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME sostituita dall’avv. NOME COGNOME articolando quattro motivi; NOME COGNOME a mezzo dei suoi difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME articolando cinque motivi; NOME COGNOME a mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
3. Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 575 cod. pen.
La motivazione Ł apparente o illogica in merito alla credibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia poste a fondamento della condanna, e carente quanto alle ragioni per cui non sono state ritenute attendibili le prove contrarie. La sentenza stessa ammette che vi sono discrasie tra i loro racconti, che giustifica con il tempo trascorso dai singoli fatti e la pluralità di questi ultimi, per cui, applicando il metodo del frazionamento di tali dichiarazioni, avrebbe dovuto valutarle con attenzione, al fine di giustificare il superamento delle divergenze o affermarne la irrilevanza, mentre essa si sottrae al confronto con le deduzioni della difesa. In particolare, la chiamata di correità di NOME COGNOME viene ritenuta riscontrata da NOME COGNOME il quale non parla mai del ricorrente. Di lui parla, invece, NOME COGNOME che lo indica tra i mandanti dell’omicidio pur precisando che solo NOME COGNOME lo stesso dichiarante e NOME COGNOME avevano dei motivi di astio verso NOME COGNOME la sentenza stessa, però, ammette la carenza di precisione di questo collaboratore, che spesso ha sovrapposto i ricordi dei vari omicidi commessi o decisi. Le dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME poi, vengono utilizzate come riscontro senza alcuna analisi circa la loro affidabilità, e senza valutare che il COGNOME riferisce solo de relato della partecipazione del ricorrente alla decisione, e che il COGNOME non gli attribuisce alcun effettivo ruolo decisionale. Inoltre non Ł stata tenuta in considerazione la dichiarazione di NOME COGNOME cl. ’53, che ha affermato di avere lui stesso deciso e ordinato l’omicidio e di avere comunicato la sua decisione a Zagaria e COGNOME, ma non ha menzionato il ricorrente, e non si Ł risposto all’obiezione secondo cui la partecipazione del ricorrente ad un primo incontro, a cui fece seguito un tentativo di omicidio non andato a buon fine, dovrebbe essere ritenuta irrilevante, dal momento che l’azione fu poi compiuta molto tempo dopo, con modalità diverse e dietro l’impulso decisivo dello COGNOME, che aveva ideato un piano diverso.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 521, comma 2, e 522 cod. proc. pen. La sentenza impugnata non risponde alla deduzione di nullità della sentenza di primo grado per avere pronunciato condanna per un fatto diverso da quello contestato. Essa afferma che tale deduzione era relativa al fatto che il ricorrente avrebbe non deciso l’omicidio ma solo aderito al piano e alla decisione dello COGNOME mentre nell’appello si contestava l’assenza di correlazione tra l’accusa di essere un mandante e gli elementi che, secondo il giudice, provavano la sua partecipazione all’organizzazione degli appostamenti, condotta della quale, peraltro, ha riferito solo il collaboratore di giustizia COGNOME senza essere riscontrato, diversamente da quanto sostenuto nella sentenza.
La ricostruzione della partecipazione del ricorrente al delitto come organizzatore e non come mandante costituisce un fatto diverso da quello descritto nell’imputazione, che solo ad altri coimputati ha contestato tale duplice ruolo.
3.2. Con il terzo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’omicidio in danno di NOME COGNOME.
La motivazione Ł illogica e apparente in ordine alla responsabilità del ricorrente per l’omicidio di NOME COGNOME, e carente in ordine all’aggravante della premeditazione per tale reato. Questo omicidio non Ł avvenuto per errore esecutivo, per cui, ai sensi dell’art. 116 cod. pen., Ł necessario accertare l’elemento soggettivo del partecipe morale. La sentenza attribuisce il fatto al ricorrente per dolo eventuale, ma non Ł provato che egli fosse consapevole delle modalità particolarmente pericolose dell’agguato, visto che, a detta dei vari collaboratori di giustizia, esso venne organizzato, alla fine, dal solo COGNOME. In ogni caso deve essere esclusa, per questo omicidio, l’aggravante
della premeditazione, in quanto incompatibile con il dolo eventuale, configurato quale elemento soggettivo di tutti i correi.
3.3. Con il quarto motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 72 cod. pen. e 27 Cost.
La sentenza non ha valutato la richiesta, avanzata dalla difesa del coimputato COGNOME ma fatta propria dal ricorrente e comunque a lui estensibile, di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 cod. pen., che violerebbe gli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui stabilisce, in caso di condotta che determina la morte di piø persone, l’aggravamento della pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno, mentre per il delitto di strage Ł prevista la sola pena dell’ergastolo. Tale richiesta viene, perciò, riprodotta, stante l’evidente diversità di trattamento sanzionatorio tra il delitto di strage e quello, qui contestato, di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione.
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 575 cod. pen.
La motivazione Ł apparente o illogica in merito alla credibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia poste a fondamento della condanna, e carente quanto alle ragioni per cui non sono state ritenute attendibili le prove contrarie e non Ł stata ammessa la prova costituita dalla consulenza balistica di parte, idonea a confutare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME in merito alle armi utilizzate per gli omicidi.
La sentenza stessa ammette che vi sono discrasie tra i racconti dei collaboratori di giustizia, che giustifica con il tempo trascorso dai singoli fatti e la pluralità di questi ultimi, per cui, applicando il metodo del frazionamento di tali dichiarazioni, avrebbe dovuto valutarle con attenzione, al fine di giustificarne il superamento o affermarne la irrilevanza, mentre essa si sottrae al confronto con le deduzioni della difesa. In particolare, la chiamata di correità di NOME COGNOME le cui discrasie vengono ritenute irrilevanti senza un’adeguata motivazione, viene ritenuta riscontrata da NOME COGNOME le cui propalazioni sono state ritenute attendibili benchØ egli non le abbia riferite sempre nello stesso modo, nei suoi vari interrogatori, e le abbia addirittura modificate del tutto quanto agli autori degli appostamenti ordinati dallo COGNOME. Il COGNOME, inoltre, doveva essere ritenuto inattendibile perchØ, tra le altre discrasie, ha affermato di avere sparato con una pistola, mentre sul luogo dell’agguato non furono trovati bossoli di pistola. La medesima problematica riguarda il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, ritenuto attendibile benchØ abbia ammesso egli stesso di avere, nel narrare i particolari di questo omicidio, sovrapposto il ricordo di una diversa operazione, dando peraltro una versione inconciliabile con quella del COGNOME, in particolare quanto alla partecipazione a numerosi appostamenti, ammessa dal dichiarante COGNOME e negata invece dal COGNOME.
Anche in ordine alle dichiarazioni di NOME COGNOME di NOME COGNOME e di NOME COGNOME la sentenza non ha risposto alle censure contenute nell’atto di appello, confermando la loro attendibilità senza valutare le notevoli discrasie esistenti tra loro.
La sentenza, poi, utilizza, a titolo di riscontro l’esito del procedimento svolto a carico di molti coindagati che, in quella sede, hanno ammesso la loro responsabilità, così sanando alcuni vizi dell’impianto accusatorio originario, che si basava sulle dichiarazioni di tale NOME COGNOME risultato inattendibile: in realtà alcuni di quei coindagati non hanno mai reso dichiarazioni relative al ricorrente, e inoltre la ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza di primo grado di quel processo, sostanzialmente confermata da quella di secondo grado, Ł inconciliabile con quanto ricostruito nel presente processo, a partire dalla partecipazione o meno del Piccolo alla fase preparatoria degli omicidi. L’atto di appello conteneva un’approfondita disamina delle incongruenze del tutto inconciliabili, ma la sentenza impugnata si Ł sottratta al confronto con tali deduzioni.
4.1. Con il secondo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma
1, lett. d) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 523, comma 6, cod. proc. pen.
La sentenza non motiva per quale ragione non si sia dato ingresso alla nuova prova, costituita dalla consulenza balistica di parte, nonostante la sua assoluta necessità che ne consentiva l’acquisizione nonostante il processo fosse alla fase della discussione. All’udienza del 28 maggio 2024 la Corte respinse la richiesta di acquisizione per la tardività della richiesta, ma tale consulenza era indispensabile, in quanto dimostrava la incompatibilità delle dichiarazioni di COGNOME e COGNOME relative all’uso di due fucili a pompa, capaci di sparare solo 6/7 colpi ciascuno, con il rinvenimento, sul luogo dell’agguato, di ben 17 bossoli cal. 12. La Corte, pertanto, avrebbe dovuto ammettere la prova, stante la sua decisività, e comunque motivare, in sentenza, le ragioni della sua diversa valutazione.
4.2. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 72 cod. pen. e 27 Cost.
La sentenza non ha valutato la sua richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 cod. pen., che viola gli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui stabilisce, in caso di condotta che determina la morte di piø persone, l’aggravamento della pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno, mentre per il delitto di strage Ł prevista la sola pena dell’ergastolo. Tale richiesta viene, perciò, riprodotta, stante l’evidente diversità di trattamento sanzionatorio tra il delitto di strage e quello, qui contestato, di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione.
4.3. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’aggravante della premeditazione.
La motivazione Ł illogica e carente o apparente in ordine alla sussistenza dell’aggravante della premeditazione, per entrambi gli omicidi. La sentenza la afferma parlando del lungo lasso temporale tra la decisione del piano criminoso e la sua esecuzione previa predisposizione di uomini e mezzi, ma non valuta se sia provata la partecipazione del ricorrente alle fasi preparatorie, limitandosi a riferire delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia quanto alla sua partecipazione alla fase esecutiva.
In ogni caso tale aggravante deve essere esclusa per l’omicidio di COGNOME, in quanto incompatibile con il dolo eventuale, configurato quale elemento soggettivo di tutti i correi.
4.4. Con il quinto motivo di ricorso, infine, egli deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione al trattamento sanzionatorio.
La sentenza motiva in modo indifferenziato il diniego delle attenuanti generiche, di cui il ricorrente Ł invece meritevole, avendo la sentenza stessa sottolineato il suo ruolo secondario rispetto a chi materialmente sparò nel corso dell’agguato, e il fatto che solo dopo quegli omicidi egli fu affiliato all’associazione criminosa, mentre nel momento dell’azione egli non lo era.
4.5. Con motivi aggiunti, depositati in data 21 dicembre 2024, il ricorrente COGNOME ha chiesto l’esclusione della fattispecie dell’omicidio premeditato plurimo, in quanto l’uccisione di NOME COGNOME non era premeditata, essendo solo NOME COGNOME l’obiettivo dell’agguato, ed egli non poteva essere a conoscenza della eventuale volontà degli altri complici, non avendo partecipato alla fase preparatoria dell’agguato. Inoltre la sentenza travisa le prove relative al ruolo ricoperto dal ricorrente, affermando che egli, quale autista di una delle due auto impiegate dal commando omicida, sbarrò la strada all’auto della vittima, mentre due collaboratori attribuiscono tale manovra al veicolo guidato da un diverso complice.
Deve darsi atto che, nella stessa data, Ł stata depositata anche una memoria, indirizzata però al giudice di appello, contenente rilievi in ordine alla premeditazione e al trattamento sanzionatorio.
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 72 cod. pen.
La sentenza impugnata non ha risposto alla richiesta del difensore del coimputato COGNOME fatta propria da questo ricorrente e comunque a lui estensibile, di sollevare una questione di legittimità costituzionale in merito all’art. 72 cod. pen., che violerebbe gli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui stabilisce, in caso di condotta che determina la morte di piø persone, l’aggravamento della pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno, mentre per il delitto di strage Ł prevista la sola pena dell’ergastolo. Tale richiesta viene, perciò, proposta al giudice di legittimità, stante l’evidente difformità di trattamento sanzionatorio tra il delitto di strage e quello, qui contestato, di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione.
5.1. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 62bis cod. pen.
La sentenza ha negato al ricorrente le attenuanti generiche con una motivazione laconica, senza tenere conto del carattere spontaneo e incondizionato della sua confessione e dell’avere egli scelto il rito abbreviato, evitando così, con tali due decisioni, un dispendioso approfondimento dibattimentale. La sentenza non ha neppure menzionato gli altri elementi favorevoli, quali la lontananza del fatto nel tempo, la giovane età del ricorrente all’epoca del fatto e la sua sudditanza rispetto ai capi, la condotta ammissiva tenuta anche negli altri processi affrontati, che in quei casi Ł stata valutata come dimostrazione di una duratura scelta processuale.
Il procuratore generale, depositando anche una requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi inammissibili tutti i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, nel loro complesso, sono infondati, e devono perciò essere rigettati.
La censura relativa all’omessa valutazione, da parte dei giudici di appello, della richiesta di sollevare di una questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., proposta con il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME, il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME e il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, deve essere dichiarata inammissibile. La questione di legittimità costituzionale proposta, infatti, Ł manifestamente infondata, e deve pertanto ribadirsi il consolidato principio di questa Corte, secondo cui «Ł inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifestainfondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio» (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281, tra le molte).
Detta questione Ł stata riproposta davanti a questa Corte, e deve ribadirsene la manifesta infondatezza.
I ricorrenti sostengono che l’art. 72 cod. pen. viola gli artt. 3 e 27 Cost. perchØ sanziona il delitto di omicidio plurimo premeditato con la pena dell’ergastolo aggravata dall’isolamento diurno, mentre una condotta analoga, ed anzi piø grave, quale il delitto di strage previsto dall’art. 422 cod. pen., Ł sanzionata con la sola pena dell’ergastolo, nonostante che il legislatore del codice penale, nel 1930, avesse previsto una sanzione ben maggiore, addirittura la pena di morte. L’eliminazione della pena di morte e la sua sostituzione con la pena dell’ergastolo, stabilita dal d.lgs.lgt. n. 224 del 10/08/1944, ha creato tale ingiustificata e illegittima disparità sanzionatoria, giungendo a punire con una pena maggiore un’azione, quale l’omicidio anche di sole due persone, che deve essere ritenuta meno grave di quella che cagiona la morte di piø persone con modalità che mettono in pericolo la pubblica incolumità e sono tali da terrorizzare la popolazione.
Le affermazioni dei ricorrenti circa la violazione del principio di uguaglianza stabilito dall’art. 3 Cost. sono manifestamente infondate. L’art. 72 cod. pen. e l’art. 422 cod. pen. disciplinano in modo diverso due condotte che sono oggettivamente diverse: il delitto di strage consiste in un’azione unica e costituisce, perciò, un unico reato, anche se cagiona un evento di rilevante gravità, mentre nel caso dell’omicidio plurimo l’autore commette una pluralità di azioni distinte, anche se contestuali, e quindi commette una pluralità di reati. La previsione dell’art. 72 cod. pen. di un aumento di pena nel caso che vengano commessi piø reati puniti con l’ergastolo, o piø reati uno dei quali punito con l’ergastolo, Ł quindi motivata dalla sussistenza di un concorso di reati, ognuno dei quali deve ricevere la propria sanzione: escludere l’aumento previsto dalla norma comporterebbe, infatti, la totale esclusione di sanzione per tutti i reati commessi in concorso con un reato punito con l’ergastolo. E’ quindi evidente che la norma non viola l’art. 3 Cost., perchØ il diverso trattamento sanzionatorio Ł giustificato dalla diversità di situazioni, dal momento che l’art. 422 cod. pen. punisce un unico reato, mentre l’art. 72 cod. pen. stabilisce la pena da irrogare nel caso del concorso tra piø reati.
E’ evidente anche l’insussistenza di una violazione dell’art. 27 Cost., invocata dai ricorrenti senza alcuna indicazione delle sue ragioni: il trattamento sanzionatorio stabilito dall’art. 72 cod. pen. non Ł contrario al senso di umanità, e la sua maggiore gravità rispetto a quello stabilito per il delitto di strage Ł giustificata, come detto, dalla pluralità di reati, che impone di irrogare una pena per ciascuno di essi, anche al fine di rispettare il principio stabilito dallo stesso art. 27 Cost., della finalità rieducativa del condannato.
Il paradosso rilevato anche da questa Corte, nella sentenza Sez. 1, n. 42518 del 14/07/2022, Rv. 283686, citata dal ricorrente COGNOME, non consegue ad una violazione di norme costituzionali fondatamente ipotizzabile, e pertanto non può essere oggetto di un intervento da parte dell’autorità giudiziaria.
La censura proposta nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME e nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME Ł infondata, e deve essere rigettata.
Entrambi i ricorrenti sostengono l’apparenza e illogicità della motivazione nella valutazione dell’attendibilità dei collaboratori di giustizia e chiamanti in correità, e della convergenza delle loro dichiarazioni, ma la sentenza si Ł conformata ai principi stabiliti, su questo argomento, dalla giurisprudenza di legittimità.
La Corte di assise di appello ha nuovamente valutato l’attendibilità dei vari dichiaranti, tutti confessi circa la loro stessa partecipazione al duplice omicidio qui contestato e già ritenuti attendibili in altri procedimenti relativi a questa vicenda, ed ha ribadito che la convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dei chiamanti in correità, quando sono relative a crimini risalenti nel tempo commessi da appartenenti alla criminalità organizzata, deve essere valutata con riferimento al nucleo essenziale della vicenda, in particolare alle modalità del delitto, al suo contesto e alla sua causale, nonchØ alla identità dei partecipi, essendo prevedibile una certa imprecisione, e una conseguente divergenza, su alcuni elementi e persino su alcuni partecipanti al fatto, dovuta sia al decorso del tempo, sia al possibile sovrapporsi dei ricordi tra episodi simili commessi dal collaboratore, sia alla possibile conoscenza parziale del fatto, per il ruolo specificamente ricoperto da ciascun dichiarante. Questa valutazione Ł conforme ai principi dettati da questa Corte, secondo cui «In tema di chiamata in correità, qualora i riscontri esterni siano costituiti da ulteriori dichiarazioni accusatorie, esse devono convergere in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione ed avere portata individualizzante, intesa quale riferibilità sia alla persona dell’incolpato che alle imputazioni a lui ascritte, senza che possa pretendersi la piena sovrapponibilità dei loro rispettivi contenuti narrativi, dovendosi piuttosto privilegiare l’aspetto sostanziale della concordanza sul nucleo centrale
e significativo della questione fattuale da decidere» (Sez. 6, n. 47108 del 08/10/2019, Rv. 277393, tra le molte, citate anche nella sentenza impugnata).
I giudici di appello, pertanto, hanno ribadito la credibilità soggettiva di NOME COGNOME e l’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, perchØ egli sin dal 2016 ha confessato la sua partecipazione alla fase preparatoria e a quella esecutiva del delitto qui contestato, e ha descritto le modalità dell’agguato in modo sostanzialmente identico in due diversi interrogatori, benchØ svolti a due anni di distanza. Le affermazioni di inattendibilità da parte dei due ricorrenti COGNOME e COGNOME, fondate su alcune diversità tra i due interrogatori, ad esempio in merito ad un precedente tentativo di omicidio non portato a termine, o in merito a dichiarazioni non confermate dalle prove raccolte, come l’uso di pistole, sono state respinte con una motivazione logica e conforme alla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, trattandosi di difformità non inerenti il nucleo fondamentale della vicenda e le modalità degli omicidi, e perciò inidonee a scalfire l’attendibilità complessiva di questo chiamante in correità e delle sue propalazioni.
I giudici hanno ribadito la credibilità soggettiva di NOME COGNOME e l’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, perchØ anch’egli ha reso ampia confessione in merito alla sua partecipazione alla fase preparatoria e a quella esecutiva del delitto contestato, nel separato procedimento a suo carico. Hanno altresì evidenziato la convergenza delle sue dichiarazioni con quelle di altri dichiaranti, in particolare quelle di NOME COGNOME e la irrilevanza di alcune discrasie tra i suoi plurimi racconti, ad esempio circa il tempo di attesa prima che lo specchiettista avvisasse gli esecutori dell’arrivo della vittima.
E’ stata ribadita la credibilità soggettiva di NOME COGNOME e l’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, perchØ anch’egli Ł confesso circa il suo ruolo di specchiettista nell’omicidio in questione, di cui ha ricostruito le modalità esecutive in modo analogo a quanto dichiarato dai due collaboratori sopra citati, pur avendo ammesso di avere, in certi particolari, sovrapposto il ricordo con quello di un altro omicidio da lui commesso. L’attendibilità delle sue dichiarazioni, pertanto, Ł stata valutata con riferimento alla narrazione effettuata nei primi interrogatori, avendo il dichiarante precisato che la sovrapposizione si riferiva solo ad una dichiarazione specifica.
Anche in ordine alla chiamata in correità di NOME COGNOME Ł stata rivalutata la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle sue dichiarazioni. Anche COGNOME Ł confesso in merito alla sua partecipazione anche alla fase decisoria dell’omicidio, ed ha confermato le sue dichiarazioni in un procedimento svolto a carico di altri imputati coinvolti nella vicenda, in cui si Ł sottoposto senza riserve all’esame e al controesame dibattimentale: la sua attendibilità, pertanto, Ł stata ritenuta saggiata anche dalla precisione e puntualità della sua narrazione, non scalfita dalle domande e dalle contestazioni dei difensori degli accusati in quel procedimento.
Simile rivalutazione Ł stata effettuata anche in ordine alle dichiarazioni di NOME COGNOME confesso circa la sua partecipazione alla fase organizzativa dell’agguato e ritenuto credibile per la precisione della sua ricostruzione; in ordine alle dichiarazioni di NOME COGNOME coinvolto peraltro solo in due appostamenti; di NOME COGNOME ritenuto in verità inattendibile in un separato procedimento a carico di molti degli esecutori materiali degli omicidi; di NOME COGNOME autore solo di alcuni appostamenti; di NOME COGNOME cl. ’53, che si Ł assunto la responsabilità di avere deciso l’uccisione di NOME COGNOME.
La convergenza delle varie dichiarazioni Ł stata verificata anche con la sentenza definitiva emessa dalla Corte di assise di appello a carico di alcuni degli esecutori materiali, tra cui i predetti NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno, con un’unica eccezione, reso ampia confessione circa la proprie condotte e quelle degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, consentendo così una sua ricostruzione sovrapponibile, come già sottolineato, a quella resa dagli altri collaboratori sopra
esaminati.
L’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle numerose chiamate in correità, pertanto, Ł stata ritenuta sussistente, dalla sentenza impugnata, all’esito di una nuova, approfondita disamina dei predetti dichiaranti, evidenziando la convergenza dei vari racconti in ordine al nucleo essenziale della vicenda, sia quanto alla fase decisionale, essendo stati indicati in modo analogo e sovrapponibile la causale dell’omicidio di NOME COGNOME, le ragioni di astio verso la vittima e l’identità dei mandanti, tutti appartenenti al vertice del clan dei casalesi, sia quanto alle fasi preparatoria ed esecutiva del duplice omicidio, indicando gli organizzatori dell’operazione e i partecipi ai vari appostamenti, nonchØ infine descrivendo le modalità dell’agguato e rivelando l’identità dei suoi esecutori materiali. La motivazione della sentenza, sul punto, Ł pertanto ampia, logica e non contraddittoria, risultando invece infondati i rilievi dei due ricorrenti.
La responsabilità di NOME COGNOME, da lui contestata nel primo motivo di ricorso, Ł stata, pertanto, ribadita con una motivazione logica e conforme alle risultanze processuali, essendo stato il suo ruolo di partecipe alla decisione di uccidere NOME COGNOME, e quindi di mandante dell’omicidio, dichiarato da NOME COGNOME, da NOME COGNOME che effettuò con il ricorrente anche un paio di appostamenti con esito negativo, da NOME COGNOME che ricevette da NOME COGNOME, oltre che da NOME COGNOME classe ’53, l’incarico di organizzare l’agguato, da NOME COGNOME che, secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado, fu presente con NOME COGNOME ad una riunione in cui NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME parlavano della decisione assunta di uccidere la predetta vittima.
COGNOME e COGNOME hanno anche dichiarato che, come premio per la buona esecuzione dell’omicidio, essi vennero formalmente affiliati al clan, unitamente ad altri esecutori materiali, mediante il rito della pungitura eseguito in presenza, tra gli altri capi, di NOME COGNOME; anche NOME COGNOME ha riferito che, dopo l’omicidio, venne ringraziato da NOME COGNOME alla presenza di NOME COGNOME. Queste dichiarazioni confermano il ruolo apicale di questo ricorrente e, sia pure in modo indiretto, la sua adesione alla decisione di uccidere il rivale NOME COGNOME. E’ illogica, infatti, l’affermazione del ricorrente secondo cui egli non sarebbe responsabile dell’omicidio perchØ, dopo l’esito negativo dei primi appostamenti, vi fu una interruzione dei tentativi di compiere l’agguato, fino a quando NOME COGNOME. ’53 non prese l’iniziativa e decise autonomamente tale uccisione, divenendone perciò l’unico mandante e l’unico responsabile. NOME COGNOME cl. ’53 ha dichiarato, in effetti, che, dopo una stasi nell’organizzazione dell’omicidio, egli dichiarò ad NOME COGNOME e a NOME COGNOME che avrebbe proceduto indipendentemente dalla loro adesione, ma lo svolgimento dei fatti dimostra che i dirigenti del clan, compreso NOME COGNOME condivisero la decisione del complice, trattandosi peraltro di eseguire una deliberazione che essi avevano già adottato e che non avevano mai revocato, tanto da premiare, poi, gli esecutori materiali del loro ordine. Correttamente, pertanto, i giudici hanno ritenuto che la dichiarazione di NOME COGNOME cl. ’53 non comportasse alcuna diversa valutazione del ruolo ricoperto dal ricorrente, e hanno affermato la sua responsabilità per il duplice omicidio.
Anche il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME Ł infondato e deve essere rigettato.
Egli sostiene la nullità della sentenza perchØ lo avrebbe condannato per un fatto diverso da quello contestato, cioŁ per avere agito quale organizzatore di alcuni agguati e partecipe ad essi, e non quale mandante. In realtà la sentenza di appello, conformemente a quella di primo grado, ha dichiarato il ricorrente colpevole quale mandante dell’omicidio, pur avendo riferito le dichiarazioni di NOME COGNOME circa la partecipazione, da parte di entrambi, a due appostamenti. E’ stato poi
logicamente escluso, da entrambe le decisioni di merito, che la mera adesione alla volontà omicida dichiarata da NOME COGNOME cl. ’53 attribuisca al ricorrente un ruolo diverso da quello di mandante dell’omicidio, avendo tale adesione, peraltro confermativa di una volontà omicida che il ricorrente aveva già manifestato, contribuito a rendere esecutiva quest’ultima deliberazione, da lui stesso assunta.
Non vi Ł, pertanto, alcuna diversità tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, quanto alla responsabilità attribuita a NOME COGNOME quale mandante.
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME relativo alla sua responsabilità, deve essere rigettato per le ragioni esplicitate nel superiore paragrafo 3.
La prova della sua colpevolezza, quale esecutore materiale del duplice omicidio, Ł stata individuata nelle dichiarazioni dei collaboratori COGNOME, NOME COGNOME COGNOME valutate attendibili e concordanti sul ruolo di questo ricorrente, ed anche sulla sua partecipazione ad alcuni appostamenti compiuti nei giorni precedenti il delitto, nonchØ ad un primo tentativo di uccidere NOME COGNOME non portato a termine, come ricostruito nella sentenza di condanna a carico del COGNOME e di altri esecutori materiali. La motivazione, sul punto, Ł pertanto logica e conforme alle risultanze processuali, anche nella valutazione di irrilevanza delle discrasie tra le varie dichiarazioni, ritenute tutte relative ad elementi secondari, e non idonee ad intaccare il nucleo centrale della vicenda e della condotta di questo ricorrente.
Anche il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato, emergendo la sua infondatezza dalla motivazione relativa alla prova della sua responsabilità.
L’effettuazione di una perizia balistica, o l’acquisizione della consulenza balistica svolta dalla difesa, al fine di accertare la incompatibilità tra il numero dei bossoli cal. 12 rinvenuti sul luogo dell’agguato e il numero massimo dei colpi che possono essere sparati da due fucili a pompa, non aveva, infatti, alcuna decisività, dal momento che avrebbe solo potuto far emergere una discrasia su un elemento secondario, senza però scardinare la credibilità della ricostruzione della fase esecutiva riferita dai predetti dichiaranti, e la prova della partecipazione ad essa del ricorrente.
I vari dichiaranti hanno parlato delle armi utilizzate durante l’agguato, riferendo la detenzione di due fucili a pompa, due kalashnikov, alcune pistole: la loro descrizione non Ł stata sempre precisa, e non Ł del tutto concordante tra le diverse dichiarazioni. Il ricorrente, inoltre, ha evidenziato alcune discrasie, come il riferimento all’uso di pistole, benchØ sul posto non sia stata trovata traccia di colpi di pistola, e come il numero di bossoli sparati da fucili a pompa, superiori alla dotazione di due di questi. Si tratta, però, di un elemento che può facilmente essere ricordato in modo impreciso dai vari partecipanti all’agguato, sia per la possibilità di una sovrapposizione di ricordi per coloro che hanno compiuto altri omicidi, sia per la possibilità che non tutti fossero a conoscenza del tipo di arma detenuta dal complice, sia per la possibilità che non tutte le armi a disposizione siano state utilizzate o che, al contrario, ne siano state usate anche altre, originariamente non previste.
L’individuazione precisa delle armi utilizzate, però, non Ł indispensabile per la ricostruzione del fatto e, soprattutto, per la ricostruzione del ruolo svolto dal singolo partecipante, in quanto tale elemento non attiene al nucleo centrale e significativo della vicenda omicidiaria, nØ ha una rilevanza tale da minare l’attendibilità delle varie chiamate in correità. Alla luce del principio giurisprudenziale sopra richiamato, pertanto, deve ribadirsi che, nella valutazione di vicende quale quella qui giudicata, la convergenza tra le chiamate in correità deve essere riscontrata «in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione … senza che possa pretendersi la piena sovrapponibilità dei loro rispettivi contenuti narrativi, dovendosi piuttosto privilegiare l’aspetto sostanziale della concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere» (Sez. 6, n. 47108 del
08/10/2019, cit.).
La decisione di non ammettere nØ l’acquisizione della consulenza balistica svolta dalla difesa, nØ l’effettuazione di un’apposita perizia, pertanto, Ł logica e non presenta alcun vizio, essendo tali richieste istruttorie prive di decisività.
Deve inoltre ricordarsi che «La mancata effettuazione di un accertamento peritale», così come la mancata acquisizione di una consulenza di parte (si veda Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, dep. 2023, Rv. 284058), «non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività» (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270937).
Devono, infine, essere dichiarati infondati, e perciò rigettati, il terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e il quarto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME nonchØ i suoi motivi aggiunti, relativi alla sussistenza del necessario dolo in ordine alla uccisione di NOME COGNOME e alla sussistenza dell’aggravante della premeditazione per entrambi gli omicidi e, in particolare, per l’omicidio di quest’ultimo.
8.1. Le modalità dell’omicidio, come riferite in modo dettagliato dai vari chiamanti in correità e come riportate nelle due sentenze di merito, dimostrano che l’uccisione di NOME COGNOME fu decisa in epoca molto antecedente alla sua esecuzione, e fu seguita da una non breve fase organizzativa, caratterizzata da piø appostamenti, da un primo tentativo non andato a buon fine, da una conferma della volontà omicida a seguito dell’intervento di NOME COGNOME cl.’53, e da nuovi appostamenti, fino alla sua esecuzione. Durante le fasi organizzative emerse in modo evidente che la vittima designata, avendo motivo di temere un agguato o essendo addirittura a conoscenza della decisione di ucciderlo, secondo quanto riferito da NOME COGNOME cl. ’53 e accertato nella sentenza di condanna a carico di COGNOME ed altri, si premuniva di affiancarsi uno o piø guardaspalle; il primo tentativo di omicidio, che doveva avvenire sulla Domitiana, fallì proprio perchØ la vittima era accompagnata da cinque o sei suoi accoliti, come riferito dai dichiaranti COGNOME e COGNOME
La valutazione contenuta nella sentenza impugnata, che alla pag. 60 afferma che l’omicidio di NOME COGNOME Ł stato commesso con dolo eventuale, avendo sia i mandanti, sia i partecipanti alla fase organizzativa, accettato il rischio di dover eliminare anche gli eventuali accompagnatori della vittima designata, Ł pertanto logica e conforme alle risultanze processuali. D’altronde lo specchiettista aveva riferito al commando, il giorno dell’esecuzione, della presenza di un’altra persona a bordo dell’auto su cui viaggiava NOME COGNOME secondo quanto riferito da NOME COGNOME (così a pag. 43 della sentenza di primo grado), e il fatto che il commando abbia proceduto ugualmente appare confermare che, come ritenuto dai giudici di appello, il mandato omicidiario riguardava anche gli accompagnatori della vittima designata, quanto meno perchØ potenziali testimoni. E’ peraltro logica anche la motivazione della sentenza di primo grado, secondo cui il fatto che il mandato omicidiario comprendesse anche l’uccisione di eventuali accompagnatori, e che l’omicidio di NOME COGNOME non sia stato un evento non voluto, bensì una possibilità preventivata ed accettata, risulta dimostrato anche dall’organizzazione dell’agguato, che prevedeva un commando di sette persone, munite di armi micidiali, come i fucili a pompa e i fucili mitragliatori, e addirittura di un lanciagranate: Ł evidente, infatti, che l’uso di tali armi avrebbe cagionato la morte di chiunque si fosse trovato in compagnia della vittima designata, ed Ł perciò credibile che l’agguato sia stato organizzato in tal modo proprio per far fronte all’eventualità della presenza di
accompagnatori (così a pag. 69 della sentenza di primo grado).
8.2. Anche la decisione dei giudici di appello di confermare la sussistenza dell’aggravante della premeditazione, per entrambi gli omicidi, Ł logica, sufficientemente motivata e conforme alle risultanze processuali.
Tale aggravante, come noto, «richiede due elementi: uno, ideologico o psicologico, consistente nel perdurare, nell’animo del soggetto, di una risoluzione criminosa ferma e irrevocabile; l’altro, cronologico, rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile fra l’insorgenza e l’attuazione di tale proposito» (Sez. 1, n. 27307 del 18/06/2003, Rv. 225261, tra le molte). Nel presente caso la puntuale descrizione della vicenda, come riportata nelle due sentenze di merito, dimostra ampiamente la sussistenza di entrambi i requisiti, essendo il proposito criminoso di uccidere NOME COGNOME ed un suo eventuale accompagnatore rimasto fermo nell’animo dei mandanti e degli organizzatori dell’agguato, e quindi nell’animo dei due ricorrenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME per tutto il periodo trascorso prima della esecuzione del mandato, protrattosi per settimane. Tale aggravante deve essere ritenuta sussistente anche con riferimento all’omicidio di NOME COGNOME, essendo il mandato comprensivo dell’ordine di eliminare eventuali accompagnatori, come detto, ed essendo perciò anche tale proposito rimasto fermo per il medesimo non breve arco temporale.
Devono inoltre essere disattese le affermazioni contenute nei motivi aggiunti depositati dal ricorrente COGNOME, secondo cui egli non avrebbe premeditato l’omicidio di NOME COGNOME perchØ non avrebbe partecipato alle fasi preparatorie dell’agguato, e secondo cui la sentenza avrebbe travisato il suo ruolo nell’agguato, non avendo egli speronato l’auto della vittima. La prima affermazione Ł manifestamente infondata, perchØ i dichiaranti sopra citati hanno attribuito al COGNOME la partecipazione a molti degli appostamenti che precedettero l’agguato, delineandone così un ruolo centrale nell’organizzazione dell’omicidio, e imponendo di ritenerlo consapevole della forte probabilità che la vittima designata fosse accompagnata da altre persone, e della volontà dei mandanti di uccidere anche queste ultime. Del tutto irrilevante, poi, Ł l’errore contenuto nella pag. 58 della sentenza impugnata, sull’essere stata l’auto del COGNOME a sbarrare la strada alla vittima: i dichiaranti hanno attribuito tale condotta ad un diverso esecutore, ma non vi Ł dubbio che il ricorrente guidava l’altra auto impiegata nell’agguato, e trasportava su di essa due dei killer e le relative armi. La sua condotta, quindi, Ł stata ugualmente funzionale alla commissione dei due delitti, che richiese la contemporanea presenza di sette persone, almeno cinque delle quali munite di armi e incaricate di sparare sulla vittima designata e su chiunque si trovasse in sua compagnia.
8.3. L’affermazione dei due ricorrenti, secondo cui l’aggravante della premeditazione non sarebbe compatibile con il dolo eventuale, non Ł fondata: non vi sono pronunciamenti in tal senso della giurisprudenza di legittimità, a parte l’isolata sentenza Sez. 1, n. 5073 del 24/03/1986, Rv. 173004, e questa Corte ha dichiarato l’incompatibilità di tale aggravante con il concorso anomalo, ma non con il dolo eventuale, che costituisce una forma meno intensa del dolo intenzionale (si veda Sez. 1, n. 12875 del 20/02/2009, Rv. 243729). In questo caso, peraltro, la natura del mandato omicidiario, che secondo entrambi i giudici di merito comprendeva sin dall’inizio la decisione, sostenuta da dolo intenzionale, di uccidere NOME COGNOME, ma anche quella, sostenuta da dolo eventuale, di uccidere i suoi accompagnatori, la cui presenza era ritenuta probabile, rende logica la valutazione di una premeditazione di entrambi gli omicidi concretamente compiuti.
Il quinto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME relativo al trattamento sanzionatorio, Ł infondato e deve essere rigettato.
9.1. La sentenza impugnata ha escluso la concedibilità delle attenuanti generiche con una motivazione logica, completa e sufficiente, anche se breve, richiamando gli elementi dell’art. 133
cod. pen., quali la gravità del fatto e la capacità criminale dei vari appellanti. Tali elementi dimostrano, in effetti, una rilevante gravità della condotta tenuta, non solo per la duplicità degli omicidi ma anche per le modalità dell’agguato, portato da molte persone e con armi micidiali, nonchØ compiuto al culmine di una lunga fase preparatoria e organizzativa, a cui questo ricorrente ha partecipato; le modalità dell’agguato e la sua partecipazione a numerosi appostamenti dimostrano anche la capacità criminale del COGNOME e l’intensità del suo dolo.
Questa Corte ha statuito che «In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione Ł insindacabile in sede di legittimità, purchØ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione.» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269). La sentenza impugnata ha emesso una motivazione precisa ed esaustiva, nonchØ conforme a tale principio; non sussistono, pertanto, ragioni per il suo annullamento.
9.2. L’affermazione, contenuta nella memoria indirizzata alla Corte di assise di appello e depositata unitamente ai motivi aggiunti, secondo cui il giudice di primo grado avrebbe dovuto applicare, nel calcolare la pena per i due delitti di omicidio uniti in continuazione, il limite stabilito dall’art. 78 cod. pen., Ł manifestamente infondata: tale norma si applica, come esplicitamente indicato nella parte iniziale del primo comma, «nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 73», cioŁ di reati puniti con pene detentive temporanee o con pene pecuniarie. Nel caso di specie, entrambi i delitti sono puniti con la pena dell’ergastolo, e si applica, pertanto, la diversa ipotesi prevista dall’art. 72 cod. pen., per la quale non opera il limite stabilito dall’art. 78 cod. pen.
Deve, infine, essere respinto, perchØ infondato, il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME relativo alla omessa concessione delle attenuanti generiche.
La sentenza impugnata, riportandosi alla decisione del giudice di primo grado, ha motivato tale diniego in modo logico ed esaustivo, ribadendo la impossibilità di valorizzare la confessione del ricorrente, e sottolineando anche i suoi gravissimi e specifici precedenti penali. Il giudice di primo grado ha, piø dettagliatamente, valutato che, mentre la confessione di NOME COGNOME aveva fornito un contributo rilevante per individuare altri complici, ed era intervenuta prima del giudizio e con modalità tali da consentire di valorizzare la sua condotta processuale, la confessione dello Spierto era limitata all’ammissione della sua personale responsabilità, non aveva perciò fornito alcun contributo informativo, ed era intervenuta solo durante il processo e quando egli era a conoscenza delle dichiarazioni accusatorie rese da molti dei suoi complici. La sua confessione, perciò, Ł stata logicamente ritenuta necessitata dalle prove già emerse, e non tale da costituire una manifestazione di resipiscenza, meritevole di una valutazione in senso favorevole e di una riduzione della pena.
Tale argomentazione, confermata, come detto, dalla sentenza di secondo grado, appare adeguata ed esaustiva, e il diniego delle attenuanti generiche Ł correttamente motivato dalla gravità del fatto, dalla caratura criminale del ricorrente, che ha partecipato all’agguato sparando alle vittime ed Ł gravato da molti precedenti penali anche specifici, e dall’assenza di elementi valutabili positivamente. Anche nel ricorso non vengono indicati elementi favorevoli di rilevanza tale da poter superare detta valutazione negativa, non essendo tali la scelta processuale di accedere al rito abbreviato o la lontananza nel tempo dei delitti commessi, e non essendo sussistenti, o non provate, l’asserita spontaneità della confessione del ricorrente, la sua giovane età all’epoca del fatto (avendo egli trentacinque anni), la sua sudditanza rispetto ai capi e un’asserita condotta ammissiva anche in altri processi. Non vi sono ragioni, pertanto, per l’annullamento della sentenza sul punto contestato.
Sulla base delle considerazioni che precedono i tre ricorsi devono, pertanto, essere respinti, e tutti i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 16/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME