Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11937 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11937 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2023 del TRIB. LIBERTA di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
uditi i difensori
AVV_NOTAIO NOME riportandosi ai motivi di ricorso insiste per l’accoglimento.
AVV_NOTAIO NOME si riporta a quanto detto dal co-difensore.
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona ha applicato a NOME la misura della custodia cautelare in carcere in ordine all’addebito di omicidio volontario, aggravato dai motivi abietti e futili, di NOME, colpito al petto con una fiocina, per motivi legati al mancato rispetto delle norme sulla circolazione stradale, fatto commesso in Sirolo il 27 agosto 2023.
1.1. Dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti è emerso che da un diverbio sorto per l’inversione di marcia di un’autovettura scaturì una colluttazione che vide dapprima il coinvolgimento di due soli uomini, l’indagato e NOME COGNOME, e successivamente l’intervento dei NOME COGNOME, amici di COGNOME, ragionevolmente in favore di quest’ultimo, sebbene, altrettanto ragionevolmente, per porre fine alla lite. Uno dei NOME COGNOME, specificamente la vittima, era campione di judo. Non vi fu una deliberata aggressione di COGNOME ai danni di COGNOME, quanto una reciproca volontà di alzare i toni per poi venire alle mani.
1.2. NOME COGNOMECOGNOME compagna di NOME, ha riferito che la colluttazione sembrava essere terminata quando il suo compagno fece ritorno alla propria autovettura, seguito dai tre, COGNOME COGNOME i NOME COGNOME. A riprova che non si tra di un inseguimento minaccioso v’è il fatto che NOME COGNOME riteneva che l’episodio fosse concluso e si chinava per recuperare gli occhiali del compagno dotto l’autovettura. Solo quando si sollevò vide che il compagno stava inseguendo, armato di un fucile subacqueo, uno dei tre uomini.
Non è seriamente predicabile che l’indagato ignorasse il potenziale lesivo della sua condotta né che il colpo mortale sia partito accidentalmente, come sostenuto dalla difesa; il colpo, peraltro, fu inferto dall’alto verso il basso nei confronti di un soggetto che, essendo del tutto disarmato, verosimilmente si era abbassato per proteggersi. L’indagato e la sua compagna, in quel momento, non versavano in una situazione di pericolo e non erano minacciati dal alcuno.
1.3. Quanto alla aggravante dei motivi abietti e futili, è significativa la continuità dell’azione che ha portato alla morte di COGNOME. Sebbene vi sia stata una graduale progressione e i contendenti abbiano avuto una colluttazione dopo il diverbio, cionondimeno le parti erano del tutto estranee tra loro ed ebbero in quel contesto il primo contatto tra loro. La violenza sfociata nell’omicidio trovò causa esclusivamente nella lite stradale; fu l’indagato a decidere di travalicare ad oltranza i limiti imposti dal criterio di proporzione rispetto al fatto, in sé del tu insignificante.
Il Tribunale ha quindi ritenuto la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio e del pericolo di fuga. Ha aggiunto che l’indagato è soggetto estremamente pericoloso come si desume dalle modalità del fatto, ed incapace di contenere i propri impulsi, sicché unica misura adeguata è la custodia carceraria.
I difensori di NOME COGNOME hanno articolato più motivi.
3.1. Con il primo e con il secondo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale ha ricostruito la gravità indiziaria sulla base di premesse errate e non riscontrate in atti, quali:
-che non risulta che vi fu una deliberata aggressione da parte di COGNOME ai danni di COGNOME, in tal modo ignorando le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, compagna di NOME;
-che NOME non fu inseguito da COGNOME e dai due NOME COGNOME in modo minaccioso e con l’intento di braccarlo, così scorrettamente interpretando le dichiarazioni rese da NOME COGNOME e dal fratello della vittima COGNOME NOME, con la conclusione di ritenere assente una situazione di pericolo per il COGNOME.
Il Tribunale ha poi errato affermando l’implausibilità della tesi secondo cui il ricorrente ignorò il potenziale lesivo della sua condotta e il colpo partì accidentalmente, attribuendo alla difesa una deduzione invero mai fatta, anche perché il fucile, al momento del fatto, era scarico.
Ha ancora errato nell’affermare, ai fini del riconoscimento dell’aggravante, che le parti fossero estranee tra loro, dato che NOME COGNOME e i due NOME COGNOME si conoscevano benissimo, come attestato da plurime dichiarazioni in atti.
Contrariamente a quanto ricostruito dal Tribunale, la morte di NOME non avvenne nell’immediatezza dell’evento da cui scaturì il tutto, vale a dire la lite stradale inziale, ma a distanza di tempo, quando il ricorrente, compreso di essere in minoranza, decise, dopo essere stato colpito più volte da COGNOME e dai NOME COGNOME, di rientrare nella propria autovettura. In quel momento i tre lo inseguirono, ingenerando in lui il timore di poter essere fisicamente aggredito.
3.2. I difensori del ricorrente hanno dedotto il vizio di violazione di legge anche nella formulazione del giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, sotto il pericolo di inquinamento delle prove, non comprendendosi come il ricorrente potrebbe influire sulle dichiarazioni della campagna NOME COGNOME, con la quale è stato già ammesso ai colloqui carcerari; sotto il pericolo di fuga, e ciò perché a ben vedere mai il ricorrente creò le condizioni per impedire alle Forze dell’ordine di rintracciarlo, astenendosi da comportamenti dai quali evincere la volontà di fuga.
3.3. Con il terzo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione, dal momento che il fatto ben potrebbe essere ritenuto scriminato
dalla legittima difesa, o al più dall’eccesso colposo in legittima difesa o, in subordine, essere riqualificato come omicidio preterintenzionale, dovendosi in ogni caso essere riconosciuta l’attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.
2. Il primo e il secondo motivo sono infondati. Il Tribunale ha motivato adeguatamente in punto di gravità indiziaria e non è incorso nel vizio di travisamento della prova, ricostruendo con logicità di argomenti la vicenda sulla base delle dichiarazioni rese da quanti vi assistettero e vi presero parte.
Un contributo significativo è provenuto da NOME COGNOME, fidanzata del ricorrente, la quale ha dichiarato, come indicato dall’ordinanza impugnata, che dopo un primo momento la lite sembrava esser conclusa, tanto che il suo compagno si diresse verso la loro autovettura, il che fece fondatamente ritenere che fosse intenzionato ad andare via.
È pur vero che in questo tragitto il ricorrente fu seguito da COGNOME e dai NOME COGNOME, ma il dato, riferito dalla dichiarante, non sta ad indicare che er incipiente un’aggressione ai danni del ricorrente. Ed infatti, ha proseguito il Tribunale, il comportamento tenuto da NOME COGNOME, che vide il compagno fare ritorno presso di lei seguito dai tre soggetti, non fu di allarme, come sarebbe stato se avesse percepito una situazione di pericolo incombente, tanto che trovò il tempo e il modo di dedicarsi, in quel frangente, al recupero degli occhiali del compagno, che si trovavano per terra sotto l’autovettura.
A fronte di una situazione in cui non era percepibile un pericolo imminente, il ricorrente scelse, in luogo di andare via, di aprire la portiera dell’autovettura, prelevare il fucile subacqueo e inseguire uno delle tre persone che ne avevano accompagnato il percorso, probabilmente al fine di sincerarsi, mantenendo una condizione di superiorità anche soltanto per il numero, del suo effettivo allontanamento.
L’aspetto messo in luce dall’ordinanza, e che trova fondamento nelle dichiarazioni di NOME COGNOME – che il ricorso invece lamenta esser state mal valutate ma non certo nei termini di un censurabile travisamento – è di importanza centrale, finendo col marginalizzare l’incidenza di altre affermazioni del Tribunale.
Non ha alcun rilievo, nella economia argomentativa dell’ordinanza, se COGNOME aveva una pregressa conoscenza con i NOME COGNOME e se vi fu una deliberata aggressione di COGNOME ai danni del ricorrente. Quel che il Tribunale
ha avuto l’accortezza di mettere in evidenza è che, una volta che la lite era cessata e che la situazione di pericolo era venuta meno, il ricorrente, invece di allontanarsi, come il suo comportamento lasciava intendere anche alla sua compagna, mutò atteggiamento e diede luogo ad una nuova fase di deliberata aggressione, non giustificata dalla necessità di difesa,
Una volta che l’aggressione occasionata dal diverbio per una inversione di marcia si era esaurita, poco importa stabilire, ai fini dell’apprezzamento di quel che accadde dopo, se si trattò di una reciproca volontà dei contendenti di “alzare i toni e poi di venire alle mani”, come affermato dal Tribunale, o se il ricorrente subì per intero l’aggressione altrui, ossia di COGNOME spalleggiato dai NOME COGNOME
A quel che si verificò prima non può essere assegnata una significativa incidenza sul tratto di vicenda che si sviluppò successivamente, quando non era in atto una situazione di pericolo e non era necessario difendersi per mezzo di una aggressione armata coloro che erano stati protagonisti di una prima colluttazione. Le due fasi, segnate come spartiacque dal venir meno di una situazione di pericolo, furono pur sempre tra loro collegate dalla univocità del movente di entrambi i tratti di aggressione, individuabile nel diverbio per una manovra stradale e quindi in un motivo di indubbia futilità.
2.1. In punto di pericoli cautelari, il Tribunale ha ben motivato sia per quel che attiene al pericolo di inquinamento probatorio, spiegando la sostanziale diversità tra colloqui carcerari e coabitazione con la compagna nella prospettiva di indurla al mutamento del dichiarato; e al pericolo di fuga, trattandosi di indagato che nell’immediatezza del fatto cercò di sottrarsi alle ricerche dell’Autorità. In aggiunta il Tribunale ha preso correttamente in esame i profili di personalità si come evincibili dalle modalità di commissione del fatto e ha logicamente argomentato sulla sussistenza del pericolo di cd. reiterazione criminosa.
3. Quanto sin qui argomentato giova a dare conto della logicità e dell’adeguatezza della motivazione resa dal Tribunale per escludere la legittima V esa; quindi, e conseguentemente di un eventuale eccesso colposo in legittima difesa. La preterintenzionalità dell’omicidio è stata implicitamente negata, ancora una volta in modo corretto, con la descrizione della modalità con cui il ricorrente portò l’aggressione mortale ai danni della vittima e comunque il motivo di ricorso sul punto è connotato da genericità, al pari di quello con cui si è inteso censurare il mancato riconoscimento dell’attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa, per assenza della esposizione degli elementi di atto e delle ragioni di diritto a sostegno di entrambe le pretese.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 1’11 gennaio 2024
Il consig . re estensore
Il Presidente