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Omicidio e stalking: l’aggravante e l’appello del PM

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37953/2025, si è pronunciata su un caso di omicidio e stalking, confermando la condanna dell’imputato. La Corte ha stabilito che l’aggravante specifica sussiste anche in presenza di un intervallo temporale tra i due reati, se la condotta persecutoria riprende. Inoltre, ha ribadito i limiti all’appello del Pubblico Ministero contro sentenze che, per effetto del bilanciamento delle circostanze, irrogano una pena detentiva invece dell’ergastolo.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omicidio e Stalking: la Cassazione Definisce Aggravante e Limiti d’Appello

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 37953/2025, affronta un caso drammatico di omicidio e stalking, fornendo chiarimenti cruciali su due aspetti fondamentali: i presupposti per l’applicazione della specifica circostanza aggravante e i limiti al potere di appello del Pubblico Ministero. La pronuncia consolida principi giuridici di grande rilevanza sia sul piano sostanziale che processuale.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado per l’omicidio della sua compagna convivente. La condanna era aggravata dal fatto che l’imputato fosse già stato autore del delitto di stalking (atti persecutori) nei confronti della stessa vittima. Il giudice di primo grado, pur riconoscendo le aggravanti, aveva concesso le attenuanti generiche, ritenendole equivalenti e condannando l’uomo a 24 anni di reclusione anziché all’ergastolo.

Sia il Pubblico Ministero che l’imputato avevano proposto appello. Il PM lamentava l’eccessiva mitezza della pena, mentre la difesa contestava l’esistenza stessa dell’aggravante legata allo stalking, sostenendo che vi fosse stata un’interruzione significativa tra i comportamenti persecutori e l’omicidio.

La Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione del PM e rigettato quella dell’imputato, confermando la decisione di primo grado. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Aggravante dell’Omicidio e Stalking: la Decisione della Cassazione

Il punto centrale del ricorso della difesa riguardava l’applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 576, n. 5.1 del codice penale. Si sosteneva che l’omicidio, avvenuto a distanza di quasi due anni dai fatti di stalking per i quali era già intervenuta una condanna, fosse scaturito da un movente autonomo (la gelosia per la scoperta di una nuova relazione della donna) e non fosse quindi l’epilogo della precedente condotta persecutoria.

La Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando la linea dei giudici di merito. Secondo la Corte, l’aggravante in esame non richiede una stretta contiguità temporale. Ciò che rileva è l’esistenza di una “prospettiva finalistica unitaria”. Anche se vi è stato un intervallo di tempo, nel caso di specie era stato dimostrato che, nei mesi precedenti all’omicidio, l’imputato aveva ripreso il suo “modello comportamentale persecutorio”: controlli pressanti, pedinamenti e minacce.

L’omicidio, quindi, non è stato visto come un evento isolato, ma come l’atto finale e più estremo di un’unica progressione criminale volta all'”annientamento della personalità della vittima”.

I Limiti all’Appello del Pubblico Ministero

Altrettanto significativo è il rigetto del ricorso del Procuratore Generale. La questione era procedurale: il PM può appellare una sentenza che, grazie al bilanciamento delle circostanze, applica la reclusione invece dell’ergastolo?

La Corte, richiamando la riforma dell’art. 593 del codice di procedura penale, ha risposto negativamente. L’appello del PM è consentito solo in casi tassativi, tra cui l’applicazione di una “pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”. Secondo la Cassazione, la pena della reclusione, quando deriva dal corretto meccanismo del bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, non costituisce una pena di “specie diversa”, ma è il risultato previsto dalla legge. Di conseguenza, l’appello del PM era, come correttamente statuito dalla Corte territoriale, inammissibile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Sul piano sostanziale, per l’aggravante omicidio e stalking, il criterio decisivo è la connessione finalistica e psicologica che lega le condotte, non la mera distanza temporale. La ripresa di un comportamento di controllo e minaccia, anche dopo una pausa, salda la condotta persecutoria all’evento omicidiario in un unico disegno criminoso. Sul piano processuale, la Corte ha fornito un’interpretazione restrittiva delle facoltà di appello del Pubblico Ministero, in linea con l’intento del legislatore del 2018 di deflazionare il carico dei giudizi di secondo grado, stabilendo che il risultato del giudizio di bilanciamento delle circostanze non rientra tra i vizi di pena appellabili.

Le Conclusioni

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela delle vittime di violenza domestica, chiarendo che l’aggravante per un omicidio commesso da uno stalker non viene meno facilmente, anche di fronte a riconciliazioni o intervalli di tempo, se la dinamica di sopraffazione psicologica riprende. In secondo luogo, consolida i limiti al potere di impugnazione della pubblica accusa, confermando che la valutazione del giudice di merito sul bilanciamento delle circostanze è sindacabile in appello dal PM solo in casi eccezionali, non quando rappresenta l’esito di una corretta applicazione delle norme.

Un intervallo di tempo tra gli atti di stalking e l’omicidio esclude l’aggravante?
No, non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’aggravante sussiste se, nonostante la distanza temporale, la condotta persecutoria riprende e si inserisce in una ‘prospettiva finalistica unitaria’ che culmina nell’omicidio.

Il Pubblico Ministero può appellare una sentenza che infligge la reclusione invece dell’ergastolo a seguito del bilanciamento delle circostanze?
No. Secondo la Corte, questa situazione non rientra nel caso di applicazione di una ‘pena di specie diversa’ previsto dall’art. 593 c.p.p. come presupposto per l’appello del PM. La pena è il risultato legittimo del meccanismo di bilanciamento.

Qual è l’elemento chiave che lega lo stalking all’omicidio per far scattare l’aggravante?
L’elemento chiave è la connessione finalistica, ovvero il fatto che l’omicidio rappresenti lo sviluppo finale della condotta persecutoria, entrambi inseriti in un unico disegno criminoso volto a limitare e annientare la libertà e la personalità della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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