Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12752 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12752 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/02/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BARI
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a COGNOME VALMAGGIORE il 05/03/1963
parti civili:
COGNOME NOME
COGNOME NOME
DICIOMMA ANNAMARIA
DICIOMMA SEBASTIANO
DICIOMMA NOME
NOME
avverso la sentenza del 07/03/2018 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore:
avvocato NOME COGNOME del foro di FOGGIA, in difesa delle parti civili COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME che conclude riportandosi alle conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese;
avvocato COGNOME NOME del foro di FOGGIA, in difesa di NOMECOGNOME che conclude per l’inammissibilità del ricorso o in subordine per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’assise d’appello di Bari ha confermato la sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia in data 27 febbraio 2017 con la quale NOME COGNOME è stato dichiarato responsabile del delitto di omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento in danno di NOME COGNOME (artt. 589, 61, primo comma, n. 3, cod. pen.), così riqualificata l’originari imputazione di omicidio volontario ex art. 575 cod. pen., e, con la concessione dell’attenuante del concorso doloso della persona offesa (art. 62, primo comma, n. 5, cod. pen.) equivalente a quella della previsione, è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito, che hanno qualificato il fatto quale omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento rispetto all’originaria contestazione di omicidio volontario, sostenuta dal Pubblico ministero anche nell’atto di appello, i fatti sono stati ricostruiti secondo i seguent essenziali accadimenti.
L’episodio si è verificato in piena notte (alle ore 1:00 circa) presso l’azienda agricola dell’imputato, sita in aperta campagna e priva di adeguato impianto di illuminazione, allorquando egli, avvisato dal figlio residente in un’abitazione posta nelle pertinenze dell’azienda della presenza di alcuni soggetti che armeggiavano nei pressi della recinzione, dopo avere prelevato il fucile calibro 12 caricato a pallettoni, si sporgeva dal balcone posto al primo piano e, dopo aver esploso un primo colpo in aria, esplodeva un secondo colpo in direzione più bassa cosicché tre dei quindici proiettili contenuti nella rosata colpivano alle spalle la vittima uccidendola quasi istantaneamente; il corpo di NOME veniva rinvenuto a poca distanza dalla recinzione dell’azienda nei pressi del serbatoio di combustibile che era oggetto del tentativo di furto.
La ricostruzione dei fatti, che deriva essenzialmente dalle dichiarazioni dell’imputato e del figlio NOME NOME COGNOME veniva ritenuta riscontrata dai rilievi oggettivi concernenti il reperimento delle due cartucce esplose e del corpo della vittima, nonché delle tracce di striatura sulla tettoia posta a protezione del serbatoio di carburante che era stata colpita da uno dei proiettili facenti parte della rosata, pur essendosi registrata una parziale modifica della iniziale versione fornita (da ultimo l’imputato ha riferito di aver esploso entrambi i colpi in aria a scopo intimidatorio, mentre in precedenza aveva più volte ribadito che il secondo colpo era stato indirizzato più in basso per il panico che
aveva provato a causa delle urla di paura del coniuge, ovvero per avere urtato la ringhiera del terrazzo con l’arma).
Entrambi i giudici di merito hanno giudicato non utilizzabili le dichiarazioni spontaneamente rese dall’imputato alla polizia giudiziaria intervenuta nell’immediatezza e da questa annotate nella relazione di servizio.
Ricorre il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Bari che denuncia:
la violazione di legge, in riferimento agli articoli 350, commi 5, 6 e 7, 357, comma 2, lettera b), 442, comma 1-bis, cod. proc. pen., per essere state erroneamente dichiarate non utilizzabili le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato alla polizia giudiziaria intervenuta subito dopo il delitto, in quant l’assenza di una separata e autonoma verbalizzazione è irrilevante secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, mentre nel giudizio abbreviato risultano pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese dall’imputato anche senza l’avvertimento di cui all’articolo 63 cod. proc. pen., sicché la motivazione non si confronta con quanto dichiarato nell’immediatezza dall’imputato alla polizia giudiziaria in ordine alla circostanza «di avere sparato due colpi a scopo intimidatorio dal terrazzo della sua abitazione verso la recinzione del cortile nei pressi della cisterna del gasolio, in quanto precedentemente avvertito dal figlio della presenza di individui; salito sulla terrazza con il fucile regolarmente detenuto sparava due colpi in direzione delle sagome intraviste nell’oscurità a scopo intimidatorio» (primo motivo);
la violazione di legge, in riferimento agli articoli 43, 61, primo comma, n. 3, 589, 575 cod. pen., e il vizio della motivazione con riguardo alla qualificazione della condotta alla stregua dell’omicidio colposo con previsione, anziché dell’omicidio doloso, essendosi erroneamente valutati gli elementi di fatto relativi alla direzione del colpo che ha poi attinto la vittima, senza tenere conto che esso ;n fu esploso da posizione sopraelevata, anche COGNOME la ricostruzione del consulente della difesa secondo il quale «il fucile si trovava leggermente inclinato verso il basso rispetto lo sparatore poco meno di mezz’aria», come anche conferma l’imputato che riferisce di avere sparato «più in basso», dovendosi tenere conto delle caratteristiche della munizione utilizzata (calibro 12 caricato a pallettoni senza borre e perciò caratterizzato da un’ampia rosata che per le sue
caratteristiche è destinata ad attingere chiunque si trovi nell’ampio raggio d’azione della stessa),z dovendosi inoltre escludere, sulla base delle stesse dichiarazioni dell’imputato, che lo stesso non si fosse avveduto della presenza delle persone, descritte in numero di tre o quattro e travisate di cui una «aveva qualcosa di lungo in mano», proprio nella zona ove ha volontariamente esploso il colpo di fucile (secondo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che saranno esposte.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Nel giudizio abbreviato, soprattutto se non subordinato a integrazioni probatorie, la peculiarità del rito speciale implica la necessaria utilizzazione di tutte le prove in relazione alla consistenza e completezza delle quali il giudice abbia ritenuto di poter decidere allo stato degli atti, essendo onere dell’interessato eccepire in limine (cioè prima dell’instaurazione del procedimento) la loro eventuale illegittima acquisizione, onde impedirne l’apprezzamento da parte del giudice ai fini della valutazione di anticipata definibilità della res iudicanda. Se l’imputato opta per l’adozione del rito speciale, senza sollevare contestazioni o senza che il giudice ritenga di formulare rilievi d’ufficio, egli non può poi dolersi della utilizzazione di atti facenti parte fascicolo del Pubblico ministero. Una volta introdotto il rito e, quindi, delimitat con certezza e con il concorso della volontà delle parti la piattaforma probatoria ai fini della decisione, non è più consentita la formulazione di eccezioni sulla validità degli atti o sull’utilizzabilità dei dati probatori contenuti nel fascicolo Pubblico ministero, salvo che i dati probatori in parola siano stati acquisiti in violazione di specifici divieti normativi, così da essere affetti da radicale nullità inutilizzabilità rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
Come chiarito dalla costante giurisprudenza di legittimità le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla polizia giudiziaria o comunque da questa recepite (con riguardo a un colloquio tra l’indagato e un terzo: Sez. 1, n. 15760, del 20/01/2017, Capezzera, Rv. 269573) sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari e, per ciò stesso, nel giudizio abbreviato (Cass. S.U., n.
1150 del 25/09/2008 dep. 2009, Correnti, Rv. 241884; recentemente: Sez. 5, n. 32015 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273642).
2.2. La polizia giudiziaria, a norma dell’art. 357, comma 2, cod. proc. pen., deve redigere verbale, tra l’altro, degli atti non ripetibili compiuti e de dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini.
Pur non essendo richiesto che la polizia giudiziaria rediga un autonomo verbale per ciascuna delle attività svolte, specialmente se in contestualità spaziotemporale, resta fermo che le dichiarazioni spontaneamente rese dall’indagato, proprio perché allo stesso riferibili come espressione della sua volontà di rendere una dichiarazione, devono trovare confezione formale in un verbale che sia dal medesimo sottoscritto, non potendo essere sostituito detto atto dall’annotazione di polizia giudiziaria che di dette dichiarazioni fornisca contezza o riassunto.
Si è precisato, proprio in relazione alla necessità che le dichiarazioni siano riportate in un verbale, che nell’ipotesi in cui le dichiarazioni vengano rese alla polizia giudiziaria mentre procede a perquisizione o sequestro, le stesse ben possono essere inserite nel verbale di perquisizione o di sequestro, senza che occorra redigere distinto e autonomo verbale (ex plurimis: Cass. 1, n. 15563 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 243734; Sez. 6, n. 8675 del 26/10/2011 dep. 2012, COGNOME, Rv. 252279), ma proprio perché il relativo verbale viene sottoscritto dall’indagato.
2.3. Ciò premesso, le dichiarazioni spontaneamente rese da NOME COGNOME non sono riportate in un verbale, ma unicamente in un’annotazione di polizia che esse sinteticamente richiama.
Mancando, quindi, un verbale che contenga le dichiarazioni spontaneamente rese dall’imputato deve escludersi che di esse, per come riportate nell’annotazione di polizia giudiziaria, possa farsi uso nel giudizio abbreviato, come correttamente affermato dai giudici di merito, sicché il motivo di ricorso, che lamenta la mancata utilizzazione di dette dichiarazioni, è infondato.
Il secondo motivo di ricorso, che sostanzialmente denuncia il vizio della motivazione con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto alla stregua dell’omicidio volontario, è fondato.
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Sussistono, infatti, numerose contraddizioni al percorso logico della motivazione stesa dai giudici di merito per quello che concerne la rilevante questione della direzione del colpo e della volontarietà, sotto il profilo dell alternatività o eventualità, dell’azione.
3.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, peraltro pacificamente confortata dagli elementi di fatto che risultano non controversi, il secondo colpo di fucile è stato esploso, non casualmente (come a un certo punto ha tentato di accreditare l’imputato) e nella direzione in cui si trovava la vittima tale posizione risultava chiaramente nota all’imputato fin dalle prime indicazioni ricevute dal figlio che per primo aveva avvertito i rumori indicativi dell’azione furtiva che era in corso di consumazione e che si stava proprio recando in quella direzione per allontanare i ladri.
Tali elementi di fatto, pur pacificamente esposti nella sentenza impugnata, non hanno trovato una adeguata spiegazione logica rispetto all’affermazione che l’imputato non aveva visto, né poteva concretamente vedere i malfattori per le condizioni ambientali in cui si trovava.
3.2. Non risulta, d’altra parte, che i proiettili esplosi dalla cartuccia pallettoni siano stati in qualche modo deviati dal loro naturale percorso caratterizzato da un andamento dall’alto verso il basso (l’imputato si trovava sul balcone posto a un’altezza di circa 4 metri), come dichiara lo stesso imputato (che ha riferito di avere puntato l’arma «più in basso») e come conferma la consulenza tecnica secondo la quale «l’arma impiegata non era puntata verso la persona ma nella sua direzione con una linea di tiro più alta rispetto al suolo verso mezz’aria e più spostata a sinistra».
Allo stesso modo risulta incontroverso che una significativa porzione dei proiettili facenti parte della rosa creata dalla cartuccia a pallettoni ha attinto zone vitali la vittima, mentre un altro proiettile ha urtato la tettoia posta copertura del serbatoio di carburante nei pressi del quale si trovava la vittima, sicché risulta non adeguatamente e logicamente supportata l’affermazione che egli sarebbe stato colpitD da proiettili periferici, come ad escludere la volontarietà dell’azione di sparo.
In proposito la sentenza impugnata, dopo avere correttamente illustrato ed evidenziato le caratteristiche delle cartucce a pallettoni che tendono a produrre una zona di fuoco sufficientemente ampia da cogliere chi si trovi in quel raggio di
azione, senza cioè che sia necessario indirizzare specificamente al bersaglio (come invece avviene con le munizioni a palla singola), ed avere evidenziato come tale caratteristica, necessariamente nota all’imputato, costituisca una specifica capacità offensiva dell’arma impiegata, che consente anche a un tiratore sprovvisto di particolari doti di mira di cogliere il bersaglio, affer apoditticamente che la vittima fu raggiunta da proiettili periferici e che la direzione del colpo non è dimostrativa della volontà omicida, neppure nella forma del dolo eventuale.
Tali significativi elementi non sono stati logicamente valutati dai giudici di merito i quali si sono limitati ad affermare che l’imputato non poteva vedere la vittima.
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3.3. D’altra parte, come risulta dalle stesse dichiarazioni (dell’imputato, questi, non solo ebbe la possibilità di individuare i malfattori, tanto da essere in grado di indicare il numero, lo stato di travisamento e la disponibilità di un oggetto di lunghe dimensioni, ma ha avuto tutto il tempo di esplodere un primo colpo di avvertimento e poi posizionarsi in una diversa direzione per lasciar partire il secondo colpo con il fucile a pompa di cui si era dotato.
Tali specifici elementi, che risultano non controversi, non hanno trovato una logica spiegazione e risultano in palese contraddizione con le conclusioni raggiunte dai giudici di merito i quali hanno sostanzialmente avallato l’ipotesi che il colpo sia stato esploso alla cieca, senza cioè mirare specificamente la vittima perché la stessa non era stata neppure individuata.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio alla Corte d’assise d’appello di Bari perché proceda a colmare le lacune innotivazionali sopra evidenziate.
Non si procede alla liquidazione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili poiché esse devono essere liquidate al definitivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’assise di appello di Bari. Liquidazione delle spese processuali a favore delle parti civili rinviata al definitivo.
Così deciso il 27 febbraio 2019.