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Omicidio colposo sub: la responsabilità civile resta

Un subacqueo, nel tentativo di aiutare una compagna con un erogatore difettoso, chiude per errore la sua bombola di emergenza, causandone la morte per annegamento. La Corte di Cassazione ha confermato la sua responsabilità civile e la condanna al risarcimento dei danni, nonostante il reato di omicidio colposo fosse ormai estinto per prescrizione. La Corte ha ritenuto che la condotta errata del sub sia stata la causa determinante del decesso, escludendo la scusante dello stato di necessità.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omicidio colposo sub: la responsabilità civile non va in prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5150/2024) affronta un caso drammatico di omicidio colposo sub durante un’immersione, stabilendo un principio fondamentale: l’estinzione del reato per prescrizione non cancella la responsabilità civile e l’obbligo di risarcire il danno. La decisione sottolinea l’importanza della diligenza e della preparazione nelle attività pericolose, dove un errore nel soccorso può avere conseguenze fatali e legalmente rilevanti.

I Fatti di Causa

Durante un’immersione nel Lago di Como, una subacquea si trova in grave difficoltà a causa di un’anomalia al suo erogatore, che provoca una copiosa e anomala fuoriuscita di bolle d’aria. Un suo compagno di immersione, accortosi della situazione, interviene per aiutarla. Tuttavia, invece di fornirle il proprio erogatore di riserva o di assisterla nella risalita, compie un errore fatale: nel tentativo di chiudere la valvola della bombola difettosa, serra invece il rubinetto della bombola di emergenza, l’unica fonte di ossigeno ancora funzionante per la donna. Privata dell’aria, la subacquea cade in uno stato di panico e subisce la cosiddetta “ebbrezza da profondità”, annegando poco dopo.

L’Iter Processuale

Il percorso giudiziario è stato complesso. Inizialmente, il subacqueo era stato assolto in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione, però, aveva annullato la sentenza d’appello, rinviando il caso per una nuova valutazione. Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato il reato di omicidio colposo sub estinto per prescrizione, ma ha comunque condannato l’imputato al risarcimento dei danni in favore dei familiari della vittima, riconoscendo la sua responsabilità civile. L’imputato ha quindi presentato un ultimo ricorso in Cassazione, che è stato definitivamente rigettato con la sentenza in esame.

La condotta colposa nell’omicidio colposo sub

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nell’analisi della condotta dell’imputato. I giudici hanno stabilito che, durante un’immersione di gruppo, si crea un reciproco affidamento e una “posizione di garanzia” tra i partecipanti. Ciascuno ha l’obbligo di soccorrere il compagno in difficoltà. In questo caso, l’imputato non solo non ha prestato il soccorso più adeguato (come passare il proprio erogatore), ma ha posto in essere una manovra errata e gravemente negligente che ha direttamente causato la morte della compagna. Il guasto tecnico iniziale, secondo la Corte, non sarebbe stato di per sé mortale; è stata l’azione successiva dell’imputato a trasformare una situazione di difficoltà in una tragedia.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso presentati dalla difesa. In particolare, ha chiarito che:

1. Non sussiste lo stato di necessità: La difesa aveva invocato lo stato di necessità, sostenendo che l’imputato avesse agito temendo per la propria incolumità. La Corte ha rigettato questa tesi, affermando che non si può invocare tale scusante quando la situazione di pericolo è stata determinata o aggravata dalla propria condotta colposa.

2. Il nesso causale è provato: L’errore commesso dall’imputato non è stato un fattore secondario, ma la causa determinante dell’evento. La Corte ha ritenuto, con elevata probabilità, che senza quella manovra errata, la vittima non sarebbe morta.

3. La responsabilità civile sopravvive alla prescrizione: La Corte ribadisce un principio consolidato: l’estinzione del reato per prescrizione blocca solo le conseguenze penali (come la reclusione), ma non influisce sugli aspetti civili. Il giudice penale, pur dichiarando la prescrizione, deve comunque decidere sulla domanda di risarcimento del danno presentata dalle parti civili. Se la responsabilità dell’imputato emerge chiaramente dagli atti, la condanna al risarcimento è dovuta.

Le conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per chi pratica sport rischiosi. Evidenzia come l’obbligo di soccorso debba essere adempiuto con competenza e diligenza, poiché un intervento errato può trasformare un soccorritore in un responsabile. La decisione conferma che la giustizia civile prosegue il suo corso anche quando quella penale si arresta per il decorso del tempo, assicurando che le vittime di condotte negligenti e i loro familiari possano ottenere un giusto risarcimento per il danno subito.

Se un reato si estingue per prescrizione, il responsabile è esente anche dal risarcimento del danno?
No. La sentenza chiarisce che l’estinzione del reato per prescrizione non elimina la responsabilità civile. Se accertata la colpa, l’imputato è comunque tenuto a risarcire i danni causati alle parti civili.

Un errore commesso nel tentativo di soccorrere una persona in difficoltà può generare responsabilità penale e civile?
Sì. La Corte ha stabilito che la condotta dell’imputato, sebbene volta a prestare aiuto, è stata talmente negligente e errata da diventare la causa diretta della morte. L’errore nell’intervento di soccorso ha quindi fondato la sua responsabilità.

È possibile invocare lo stato di necessità se si è agito per paura, ma commettendo un errore?
No. Secondo la Cassazione, la scusante dello stato di necessità non è applicabile se la situazione di pericolo è stata causata o aggravata dalla stessa condotta colposa della persona che la invoca. In questo caso, l’errore dell’imputato ha creato il pericolo mortale finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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