Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20893 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
QUARTA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 27/05/2025 R.G.N. 41385/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME nato a LOCRI il 05/02/1964 avverso la sentenza del 24/10/2024 della Corte d’appello di Reggio calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore E’ presente come sostituto processuale con delega depositata in aula dell’avvocato Barletta NOME del foro di Locri in difesa di NOME l’avv COGNOME NOME del foro di Roma che conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza emessa l’11.05.2017 dal GUP del Tribunale di Locri e appellata dal Procuratore generale,ha dichiarato NOME responsabile del reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, condannandolaalla pena di mesi otto di reclusione con i benefici di legge.
All’imputata si contesta di avere, per colpa generica e specifica ( art. 141 comma 2 D.lgs 285/1992), mentre era alla guida dell’autovettura Seat modello TARGA_VEICOLO e percorreva INDIRIZZO del Comune di Locri, con direzione di marcia Catanzaro- Reggio Calabria, investito, cagionandone la morte, il pedone COGNOME COGNOME che era intenta ad attraversare la strada da destra verso sinistra, rispetto al senso di marcia dell’autovettura. Nella specie la urtava con il gruppo ottico anteriore sinistro del veicolo e successivamente con il vetro parabrezza. In Locri il 14.12.2013.
Secondo la ricostruzione fattuale dei giudici di merito, la COGNOME, di anni ottantuno, stava attraversando la stradada destra verso sinistra rispetto al senso di marcia percorso dalla Cecere e in una zona non delimitata da strisce pedonali; l’imputata non si avvedeva per tempo del pedone, non riusciva a frenare l’autovettura e così la investiva ( fol 3 sentenza impugnata).
Il punto di urto Ł stato rilevato a circa 3,90 mt dal marciapiede, mentre le tracce di frenata sono state rilevate a 9,60 mt; Ł stato accertato che la velocità era pari a 42 Kmh e, quindi, compatibile con il limite previsto nel centro abitato; era presente illuminazione comunale e i fari della autovettura della imputataerano perfettamente funzionanti.
Il Gup del Tribunale di Locri, a seguito del giudizio abbreviato, aveva assolto l’imputataavendo ritenuto che l’evento dell’attraversamento era del tutto imprevedibile e inevitabile, con ciò discostandosi anche dalle conclusioni del Ct del PM che aveva ritenuto che, sulla base della illuminazione pubblica esistente, la Cecere avrebbe potuto accorgersi prima della presenza
dell’anziana signorache aveva attraversato l’incrocio in poco piø di 5 secondi. Il Giudice di primo grado ha qualificatocome negligente il comportamento della vittima che avrebbe dovuto utilizzare l’attraversamento pedonale situato a 80 mt dal luogo dell’incidente e in ogni caso avrebbe dovuto attraversare in senso perpendicolare come previsto dall’art. 190 CDS ( fol 4 sentenza impugnata).
La Corte territoriale, dopo aver disposto perizia, ha concluso, sulla scorta delle conclusioni peritali, affermandola responsabilità della imputata che, pur avendo rispettato il limite di velocità, non aveva tenuto una condotta prudente e adeguata allo stato dei luoghi, trattandosi di centro cittadino, in orario pomeridiano, con una illuminazione sufficiente per scorgere il pedone che stava in fase di attraversamento da destra verso sinistra e che era stato investito mentre si trovava al centro della carreggiata eche, stante anche l’età avanzata, certamente non aveva compiuto azioni nŁ repentine nŁ imprevedibili o improvvise.
Ha ritenuto che il comportamento dell’imputata fosse imprudente per colpa generica e violazione delle norme sulla circolazione stradale in particolare degli artt. 140 e 141 CDS, per non aver adeguato la velocità e la guida alle condizioni e alle caratteristiche del traffico e dei luoghi, trattandosi di un centro abitato e avendo la concreta possibilità di avvistamento del pedone in fase di attraversamento.
Avverso la sentenza di appello l’imputata ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia articolando i seguenti motivi:
3.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento in particolare ai principi che attengono alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento e all’obbligo normativo che sussisteva in capo al pedone ai sensi dell’art. 190 CDS di servirsi dell’attraversamento pedonale che distava 80 mt. Lamenta che la sentenza impugnata ha escluso la repentinità dell’attraversamento solo sulla basedell’età avanzata della vittima e quindi argomentando in forza di un dato generale ed astratto; non ha valutato che proprio l’età avanzata avrebbe potuto comportare che la vittima in maniera imprevedibile ed eccezionale si fosse soffermata o avesse rallentato nell’attraversamento.
Lamenta che il Giudice di secondo grado si Ł affidato in maniera acritica alle conclusioni peritalie ha omesso di considerare il comportamento colposo del pedone e la sua incidenza sulla prevedibilità ed evitabilità in concreto dell’eventoe di indicare quali manovre avrebbe dovuto porre in essere l’imputata per evitare l’incidente, omettendo così di compiere un approfondito esame della condotta alternativa lecita.
Deduce che l’art. 141 CDS Ł norma cautelare aperta e che un automobilista che rispetti le prescrizioni sulla velocità in centro abitato non può essere tenuto responsabile penalmente per non aver posto in essere un’ulteriore condotta idonea a neutralizzare l’imprudenza altrui; nel caso di specie proprio il comportamento colposo della vittima escludeva la responsabilità della ricorrente ponendosi come non prevedibile e da solo sufficiente a produrre l’evento.
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto le circostanze attenuanti sono state ritenute equivalenti anzichØ prevalenti sulle circostanze aggravanti contestate. Deduce che non Ł imputabile alla ricorrente la violazione dell’art. 141 CDS stante la mancanza di elementi concreti su cui fondare il giudizio di non adeguatezza e pericolosità della condotta cui la norma cautelare fa riferimento.
Afferma, pertanto, la insussistenza dell’aggravante contestatae che in ogni caso doveva essere riconosciuto il concorso di colpa da parte della vittima per la violazione dell’art. 190 CDS, erroneamente escluso, e che ciò comunque avrebbe potuto giustificare l’applicazione, nel giudizio di comparazione, della prevalenza delle attenuanti generiche.
3.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge stante l’intervenuta prescrizione alladata della pronuncia della sentenza di secondo grado, dovendo al piø considerarsi integrata l’ipotesi
delittuosa di cui all’art. 589 primo comma cod. pen., non ravvisandosi in capo alla imputata alcuna violazione del codice della strada, tanto meno della norma richiamata nel capo di imputazione di cui all’art. 141 CDS.
Il Procuratore generale in sede ha presentato memoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
1.1. Si tratta di motivi accomunati dal fatto che tutti prospettano, sostanzialmente, censure di merito, contestando a vario titolo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte distrettuale in relazione alle emergenze processuali, con specifico riferimento all’incidente stradale di cui Ł rimasta vittima la Campanaro e alla qualificazione giuridica ai sensi dell’art. 589 comma 2 cod.pen.
1.2. Giova qui ribadire che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità «deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali» (in tal senso, ex plurimis, Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, piø volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, Ł stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento Ł riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti piø adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep.02/07/1997, Rv. 207945). La Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1,n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Sez. 6, n. 22445 dell’8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
1.3. Va ricordato che, in caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista nØ prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo
rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 37622 del 30/09/2021, Rv. 281929 – 01; Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Rv. 255995; Sez. 4, n. 10635 del 20/02/2013, Rv. 255288).
La regola cautelare di cui all’art. 141 cod. strada, richiamata nel capo di imputazione, che integra l’aggravante contestata, prevede espressamente che: «Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. In particolare, il conducente deve regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente invisibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause nell’attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici. Il conducente deve altresì ridurre la velocità e, occorrendo, anche fermarsi quando riesce malagevole l’incrocio con altri veicoli, in prossimità degli attraversamenti pedonali e, in ogni caso, quando i pedoni che si trovino sul percorso tardino a scansarsi o diano segni di incertezza e quando, al suo avvicinarsi gli animali che si trovano sulla strada diano segni di spavento.»
Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha condivisibilmente statuito, fin da tempo risalente, che il conducente che noti sul percorso la presenza di pedoni che tardano a scansarsi, deve rallentare la velocità e, occorrendo, anche fermarsi; e ciò allo scopo di prevenire inavvertenze e indecisioni pericolose dei pedoni stessi che si presentino ragionevolmente prevedibili e probabili” (così questa Sez. 4, n. 8859 del 06/05/1988 Rv. 179054 – 01), in quanto la circostanza che i pedoni attraversino la strada improvvisamente o si attardino nell’attraversare costituisce un rischio tipico e quindi prevedibile della circolazione stradale. Sempre in tema di pedoni, questa Corte ha piø volte affermato che, in tema di reati colposi (omicidio o lesioni) posti in essere nell’ambito della circolazione stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone Ł necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica,
imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo.
E’ stato affermato altresì che Il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova opportuno temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada Ł responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purchØ rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017 Rv. 269997 – 01;nella fattispecie, la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo ed in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale).
1.4 Nel caso in disamina la Corte territoriale ha congruamente e logicamente motivato la affermazione di responsabilità fondandosi sui rilievi fotografici e planimetrici e le conclusioni della perizia disposta in sede di appello.
In tale motivazione sono esplicitamente disattese le doglianze svolte nei motivi di appello ed in essa non si ravvisa alcuna incongruità o manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
In particolare, la Corte territoriale tenuto conto del punto di impatto, situato al centro della carreggiata, in pieno centro abitato, provvisto di buona illuminazione pubblica, priva di segnaletica verticale e d orizzontale, ha affermato, anche sulla base dei rilievi fotografici e delle tracce di frenata ( 9,60 mt) che la vittima fu colpita mentre stava già in fase di attraversamento da destra verso sinistra in senso perpendicolare. Ha affermato che la ricorrente, pur mantenendo una velocità non superiore al limite consentito, non l’ha adeguata alla situazione concreta, trattandosi di centro abitato, in orario pomeridiano ed essendo perciò concretamente prevedibile l’attraversamento di pedoni; non ha inoltre posto in essere le manovre necessarie per evitare l’evento pur avendo avuto, se avesse tenuto una condotta adeguatamente diligente ed attenta, i tempi per arrestare la marcia o comunque rallentare. Infatti, impattava con il pedone in corrispondenza del frontale anteriore e successivamente in frenata proseguiva la propria marcia durante la quale la persona offesa COGNOME traslava sul cofano del veicolo in movimento e urtava contro la parte sinistra del parabrezza e, a seguito dell’arresto del veicolo, veniva proiettata sul manto stradale; riportava gravissime lesioni che la conducevano a morte il 14 dicembre 2013 presso il nosocomio di Locri.
La Corte territoriale ha escluso, quindi, con un percorso logico giuridico coerente rispetto alle prudenza della Cecere, e ciò in mancanza di elementi descrittivi precisi e circostanziati dei movimenti della vittima sotto il profilo spazio-temporale, neppure dedotti concretamente dalla difesa.
Va qui riaffermato il principio, infatti, secondo il quale in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, il rispetto del limite massimo di velocità consentito, non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell’evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’art. 141 cod. strada. (Sez. 4 , n. 7093 del 27/01/2021 Ud. (dep. 24/02/2021) Rv. 280549 – 01).
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nØ deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con «i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento», secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955).
1.5. Quanto al motivo attinente al trattamento sanzionatorio e al mancato giudizio di prevalenza delle circostanzi attenuanti concesse va richiamato il principio secondo cui in tema di determinazione della pena, ove venga irrogata, come in questo caso, una pena al di sotto della media edittale, un anno di reclusione, lievemente superiore al minimo edittale ‘in relazione alla specifica gravità del fatto’ ( fol 7 sentenza impugnata), non Ł necessaria una dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo Ł desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (così, tra le altre, Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 267949-01). Le determinazioni del giudice di merito in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena sono infatti insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello Ł senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento nella concessione delle attenuanti generiche e nel giudizio di equivalenza allo stato di incensuratezza, al grado di colpa e ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Il Collegio condivide il principio già affermato da questa Corte che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017 Rv. 270450 – 01).
2. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il Consigliere estensore COGNOME