Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8288 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 8288  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME i lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Brescia ha confermato, in punto di affermazione della responsabilità penale, la decisione del Tribunale di Cremona che aveva riconosciuto COGNOME NOME colpevole del reato di omicidio colposo ai danni di COGNOME NOME che, alla guida del proprio motociclo Triumph Daytona TARGA_VEICOLO marciava sulla strada INDIRIZZO in direzione Soncino/Spin D’Adda, mentre il COGNOME alla guida di autocarro Iveco Daily aveva compiuto una manovra di svolta a sinistra da strada poderale al fine di immettersi sulla strada provinciale lungo la stessa direttrice tenuto ‘ dalla motocicletta. Dall’urto tra i due mezzi, intervenuto tra la parte anteriore della motocicletta e il lato posteriore laterale destro dell’autocarro, conseguiva il decesso del motociclista per i traumi conseguenti alla collisione.
I giudici di merito, sulla base degli accertamenti tecnici in atti e delle sommarie informazioni assunte, dopo avere indicato le caratteristiche dell’area di incrocio, le condizioni di buona visibilità per oltre 150 metri di profondità di cui poteva godere il NOME e descrittit le fasi di avvicinamento al luogo della collisione da parte del motociclista e dell’altro veicolo che era stato superato dalla moto e dopo avere considerato le dichiarazioni dello stesso COGNOME rese subito dopo il sinistro, concludevano che l’imputato aveva contribuito, con il proprio comportamento, a determinare l’incidente, nonostante la velocità eccessiva tenuta dal motociclista, in quanto egli aveva avuto la possibilità di percepire la presenza del motociclo con un anticipo di tre secondi (150 metri di distanza), mentre la decisione di impegnare l’incrocio l’incrocio era stata il frutto di una dectstinze imprudente e di scarsa attenzione alle condizioni del traffico lungo l’arteria privilegiata. Escludeva poi la corte distrettuale che la velocità eccessiva tenuta dal motomezzo costituisse causa esclusiva dell’evento in quanto in fase di svolta a sinistra e dovendo occupare l’intera area d’incrocio, il NOME avrebbe dovuto prevedere il pericolo di motoveicoli che circolassero a velocità superiore al consentito, che in quel tratto era di 100 km/h e procedere all’incrocio solo dopo avere accertato che la strada principale fosse libera di mezzi in circolazione.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, la quale ha articolato tre motivi di ricorso.
3.1 Con un primo motivo deduce difetto di motivazione per manifesta illogicità e contraddittorietà, laddove il giudice distrettuale aveva proceduto alla esclusione del carattere eccezionale e imprevedibile della condotta del motociclista in assenza della verifica della prevedibilità in concreto, evidenziando come dallo stesso contenuto della relazione tecnica del consulente del pubblico ministero era statck posta in dubbio la possibilità per l’imputato di avvistare dal suo angolo visuale la sopravvenienza della motocicletta, la quale era pervenuta alla collisione ad una velocità tale da non consentire al NOME condotte alternative, in quanto il motociclista, anche alla luce della testimonianza del conducente di altro autoveicolo, non solo aveva operato il sorpasso a velocità molto elevata, ma dopo il sorpasso aveva ulteriormente accelerato. In sostanza era stata omessa una verifica in concreto dei tempi di avvistamento e della possibilità per il NOME di percepire la presenza del motoveicolo nel momento in cui aveva intrapreso la manovra di svolta, che aveva determinato la situazione di interferenza tra i mezzi, nonché degli spazi e dei tempi di percorrenza dei mezzi fino alla collisione.
Con una seconda articolazione assume difetto motivazionale nella parte in cui il giudice distrettuale aveva utilizzato un argomento a contrario, rappresentato dalla accelerazione della motocicletta dopo il sorpasso di altro autoveicolo, per affermare che il NOME avrebbe dovuto più agevolmente percepire, anche in ragione del rumore, la sopravvenienza del motociclista il quale voleva disimpegnare l’area di incrocio con la massima sollecitudine, piuttosto che riconoscere la imprudenza di una condotta di guida caratterizzata da un eclatante superamento dei limiti massimi di velocità vigenti in quel tratto di strada.
Con una ultima articolazione si duole di difetto motivazionale laddove il giudice distrettuale aveva escluso che, in ragione della forza cinetica posseduta, la motocicletta aveva determinato il sospingimento in avanti del pesante automezzo per oltre 17 metri, come risultava invero testimoniato dal fatto che per effetto della collisione le ruote posteriori gemellari del mezzo commerciale erano state danneggiate e si erano bloccate e, nonostante ciò il mezzo aveva proseguito in avanti per circa venti metri.
RITENUTO IN DIRITTO
1. In relazione al vizio motivazionale denunciato nel primo motivo di ricorso, che si assume risiedere nella ricostruzione del sinistro operata dal giudice di appello senza tenere conto delle censure difensive e di una
alternativa ricostruzione del sinistro, anche alla luce delle considerazioni tecniche del consulente del pubblico ministero, va preliminarmente osservato in ossequio a principi ripetutamente affermati da questa Corte, che, in punto di vizio motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell’ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez.4, n. 4842 del 2/12/03, COGNOME e altri, Rv 229369; sez.1, n.45331 del 17/02/2023, COGNOME, Rv.285504); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (S.U. n. 47289 del 24 Settembre 2003, Petrella, Rv 226074). Così come sembra opportuno precisare che il travisamento, per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall’obiettivo e semplice esame dell’atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati soprattutto allorquando, come nel caso in specie, si sia in presenza di una doppia conforme laddove il travisamento operato in entrambi i gradi di giudizio deve risultare in tutta la sua macroscopica o manifesta evidenza, (sez.2, n.5336 del 9/01/2018, L. e altro, Rv.272018) tale da imporre un riscontro della corrispondenza delle motivazioni con il quadro probatorio. Inoltre, detto riscontro deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l’atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza
logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito (sez.6, n.25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv.253099; sez.5, n.26455 del 9/06/2022, COGNOME Welton, Rv.283370).
Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta il vizio di motivazione dedotto dalla difesa del ricorrente, atteso che l’articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che li hanno indotti a riconoscere la responsabilità dell’imputato e la censura proposta finisce sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale; peraltro le incongruenze e i travisamenti evidenziati dalla difesa del ricorrente risultano meramente apparenti, atteso che il giudice di appello ha dato adeguato conto, alla stregua delle risultanze dell’accertamento tecnico e degli esiti delle testimonianze che, anche a volersi riconoscere una limitazione della visuale al momento il cui COGNOME aveva intrapreso la manovra di immissione verso la strada privilegiata, nondimeno egli conservava un margine di manovra di circa tre secondi (corrispondenti a 150 metri di percorrenza della moto) per arrestare la propria marcia, mentre le caratteristiche della collisione, e i danni dalla stessa conseguiti, evidenziavano che, al momento dell’urto, l’autocarro non aveva ancora del tutto completato la operazione di immissione, ma si stava inserendo sulla carreggiata in coincidenza con l’arrivo del motocicletta, denotando in tal modo di non avere mantenuto una costante vigilanza della sede stradale in corso di operazione di svolta e di immissione nella circolazione.
Deve invero evidenziarsi che la giurisprudenza ormai costante in materia di obblighi a carico dei conducenti che si approssimano ad una intersezione afferma che il principio dell’affidamento trova un limite nell’opposto principio, secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (sez.4, n.12260 del 9/01/2015, COGNOME, Rv. 263010; n.7664, del 7/12/2017, COGNOME, Rv.272223). Tale principio è stato recentemente affermato in ipotesi sostanzialmente speculare a quella in esame in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del conducente di un’automobile che, intento nella svolta a sinistra, non si era avveduto del sopraggiungere di un motociclo che viaggiava nella medesima direzione di marcia ad una velocità superiore a quella consentita e che era intento ad effettuare una manovra di sorpasso (sez.4, 4923 del 20/10/2022, Casano, Rv.284093).
3.1 Inoltre, la disciplina di riferimento vincola la condotta del conducente che intende operare la svolta a sinistra ad una serie di cautele e di accorgimenti tesi proprio ad evitare la interferenza con altri utenti della strada. In particolare l’art.154, comma 3, lett.b) C.d.S. richiede che, per svoltare a sinistra anche per immettersi in luogo non soggetto a pubblico passaggio, il conducente è tenuto ad accostarsi all’asse della carreggiata e, qualora si tratti di intersezione, ad eseguire la svolta in prossimità del centro della intersezione e a sinistra di questa; il presupposto della svolta peraltro consiste nella sicurezza di potere effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza e direzione di essi (art.154 comma 1 lettera a) Cod.della Strada). Né d’altro canto poteva nel caso in specie operare il principio dell’affidamento in presenza di una precedenza di fatto, la quale sussiste soltanto nei casi in cui il veicolo si presenti all’incrocio con tanto anticipo da consentirgli di effettuarne l’attraversamento senza che si verifichi la collisione e senza che il conducente, cui spetta la precedenza di diritto, sia costretto ad effettuare manovre di emergenza, o a rallentare, oltre i limiti richiesti dalla presenza del crocevia o, addirittura, a fermarsi (sez.4, n.33385 del 8/07/2009, COGNOME, Rv. 240900; n.53304 del 29/09/2016, P.C. in proc.Sanavio, Rv.268691).
3.2 Ne consegue che del tutto correttamente il giudice distrettuale ha riconosciuto nella condotta del COGNOME l’anello causale del tragico evento mentre ha al contempo escluso che la condotta del motociclista, sebbene improntata ad una velocità eccessiva, possa essere stata comunque idonea a spezzare il suddetto rapporto causale in ragione degli elementi obiettivi riscontrati sul teatro del sinistro. Invero costituisce principio acquisito pacificamente alla giurisprudenza del S.C. che il mancato rispetto dell’obbligo di arrestarsi all’incrocio a favore dei conducenti che percorrono una strada con diritto di precedenza, assume rilievo causale indipendente e, se del caso concorrente, giacché l’eccessiva velocità di questi ultimi, può rappresentare una causa concorrente dell’incidente eventualmente occorso, di per sé non sufficiente ad escludere la responsabilità dello stesso conducente gravato dall’obbligo di precedenza (Sez.4, n.33385, del 8/07/2008, COGNOME, Rv. 240899; n.25552 del 27/04/2017, COGNOME, Rv.NUMERO_DOCUMENTO).
Infondati risultano gli ulteriori motivi di ricorso. Invero la circostanza che il conducente del veicolo antagonista fosse in fase di accelerazione in occasione di un sorpasso, sebbene costituisca elemento che corrobora la
prospettazione di una condotta di guida imprudente e improntata a velocità eccessiva, costituisce elemento già considerato dalla Corte di Appello, la quale ha riconosciuto la responsabilità del NOME nonostante il motociclista pervenisse all’urto con velocità ben superiore ai limiti previsti per la strada percorsa (100 Km/h), sulla base delle considerazioni in precedenza riportate, relative ai tempi di avvicinamento all’impatto e alla mancata costante vigilanza da parte del NOME della circolazione in atto sulla strada privilegiata. La motivazione sul punto risulta non manifestamente illogica o contraddittoria e non si presta ad essere ulteriormente sindacata.
La ulteriore circostanza dedotta dalla difesa del ricorrente, concernente la rilevantissima forza cinetica posseduta dal motomezzo che aveva finito per sospingere in avanti il pesante automezzo a seguito della collisione, circostanza che non sarebbe stata valutata dal giudice di appello, costituisce doglianza in fatto, inidonea a minare il tessuto argomentativo della sentenza impugnata la quale, come sopra evidenziato, ha riconosciuto che il motociclista viaggiava ad una velocità eccessiva ma, non di meno, ha riconosciuto al contempo profili di colpa specifica e di colpa generica nella condotta dello stesso ricorrente, causalmente sinergici nella determinazione del violentissimo urto e della morte del motociclista, escludendo pertanto che la velocità tenuta dalla motocicletta abbia costituito un antecedente causale, eccezionale e imprevedibile, da solo sufficiente a determinare l’evento.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2023
Il consigliere estensore
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