Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8293 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8293 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: dalla parte civile NOME COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 11/11/1967 nel procedimento a carico di: COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 02/10/1968 NOME nato a VIBO VALENTIA il 21/08/2003 NOME nato a TROPEA il 21/12/1990 NOME nato a TROPEA il 10/03/1992 nel procedimento a carico di questi ultimi
NOME nato a NICOTERA il 15/04/1964 NOME nato a TROPEA il 06/11/1983
inoltre:
RESPONSABILE CIVILE
avverso la sentenza del 22/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilita’ del ricorso
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di VIBO VALENTIA in difesa del RESPONSABILE CIVILE il quale espone ampiamente le ragioni poste alla base dei
propri scritti ed insiste nell’inammissibilità del ricorso
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di VIBO VALENTIA difensore di NOME COGNOME,NOMECOGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME il quale evidenzia le ragioni poste alla base dei propri scritti e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente, in sostituzione dell’Avvocato COGNOME del foro di VIBO VALENTIA per delega orale, l’Avvocato COGNOME del foro di VIBO VALENTIA difensore di NOME COGNOME il quale si riporta ai propri scritti e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza in data 22 maggio 2024, sull’appello proposto, ai fini civili, dalle parti civili eredi di NOME NOME, confermava la decisione del Tribunale di Vibo Valentia che aveva assolto NOME NOME e NOME dal reato di omicidio colposo loro ascritto ai danni di NOME NOME, la quale alla guida del proprio veicolo, percorrendo la strada Provinciale INDIRIZZO Daffincello-Pargheria, aveva perso il controllo del veicolo a causa del materiale depositato sui margini della carreggiata a presidio delle barriere di sicurezza che risultavano ammalorate, ed era precipitata nella attigua scarpata procurandosi lesioni personali che ne causavano la morte.
A COGNOME NOME NOME veniva contestato, quale responsabile del procedimento amministrativo che aveva portato alla chiusura della suddetta strada provinciale con ordinanza n.10/2011, di non essersi assicurato che, in costanza dei lavori di manutenzione appaltati alla ditta di COGNOME NOME, l’arteria fosse inibita al transito veicolare con modalità da impedire il passaggio di qualsiasi autoveicolo e che fosse apposta segnaletica stradale ben visibile, in modo da rendere edotti gli utenti della interclusione alla circolazione.
2.1 Al COGNOME era invece contestato il difetto di manutenzione della sede viaria e in particolare di non avere proceduto alla sostituzione delle barriere di sicurezza ammalorate, di non avere eliminato i detriti delle lavorazioni e per avere ammassato cumuli di inerti in aderenza ai guardrail, vanificandone la funzione protettiva.
La Corte di appello di Catanzaro, aderendo alle valutazioni espresse dal primo giudice, escludeva la responsabilità degli imputati in quanto, sulla base delle emergenze processuali, rilevava che il RAGIONE_SOCIALE si era in più occasioni attivato affinché la chiusura della strada fosse effettiva, mentre le segnaletiche e le barriere erano state in più tempi rimosse e aggirate dagli utenti che avevano la necessità di accedere alle loro proprietà e che, in concreto, non era esigibile a suo carico una sorveglianza continua e permanente in relazione a lavori che si stavano prolungando da molto tempo e una tale condotta di sorveglianza e di verifica non era neppure esigibile a carico del COGNOME che pure si era obbligato nel contratto di appalto a garantire che, nel corso degli interventi, la strada fosse in concreto interclusa alla circolazione, laddove anche dagli avvenimenti successivi all’incidente era emerso che i presidi, che erano stati ripristinati
per impedire il transito dei veicoli, all’atto della esecuzione del sequestro penale del bene pubblico, erano stati trovati nuovamente rimossi, a riprova del fatto che neppure la morte di un utente della strada, determinata dal precario stato di manutenzione della sede stradale in ragione dei lavori in corso, aveva avuto l’effetto deterrente di preservarne l’utilizzazione, seppure la stessa fosse vietata e interclusa.
3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa delle parti civili NOME NOME, COGNOME NOME, NOME NOME e NOME NOME con il ministero dell’avv.to NOME COGNOME il quale ha articolato un unico motivo di ricorso con il quale assume motivazione contraddittoria e manifestamente illogica in relazione agli artt.192 e 125 comma 3 cod.proc.pen., per avere escluso la responsabilità civile degli imputati con riferimento all’art.589 cod.pen. Illogica era la motivazione nella parte in cui aveva ritenuto la inesigibilità della condotta alternativa doverosa, senza neppure verificare se le segnalazioni della chiusura della strada al traffico veicolare e le ostruzioni al passaggio, a fronte di ordinanza provinciale di interdizione alla circolazione, fossero state mai in concreto apposte prima del sinistro, laddove l’unica documentazione pertinente acquisita dimostrava che soltanto dopo i fatti oggetto del processo il COGNOME aveva dato disposizioni per l’affidamento in somma urgenza dell’apposizione di cartellonistica e blocchi spartitraffico da posizionare trasversalmente alla sede stradale; al contrario tutti i testimoni escussi a sommarie informazioni, ivi compresi gli agenti che avevano proceduto ai rilievi, avevano indicato la strada come aperta alla circolazione e normalmente percorribile. Denuncia il travisamento della prova laddove i giudici di merito erano partiti dalla premessa che le segnalazioni di chiusura e le ostruzioni materiali fossero state rimosse laddove, alla luce della attività istruttoria, era emerso che nessuna effettiva segnalazione di interclusione fosse stata mai apposta, dovendosi pertanto ritenere integrati i profili di colpa specificamente enucleati nel capo di imputazione, quale mancata predisposizione degli accorgimenti necessari a inibire il transito sulla sede stradale.
Illogica era altresì la motivazione articolata dal giudice di appello in relazione alla posizione di COGNOME NOME in ragione di motivazione apodittica e frutto di travisamento della consulenza del pubblico ministero, la quale aveva prospettato che l’apposizione di ammassi di terra all’interno della carreggiata non fosse indice dell’esistenza di lavori in corso all’interno
di una sede stradale interclusa, ma costituiva un presidio per gli utenti della strada in presenza di barriera laterale instabile a causa del cedimento del margine destro della semicarreggiata, di talchè la responsabilità dei prevenuti andava letta nell’ambito di sede stradale che, seppure formalmente inibita al traffico, risultava utilizzata senza alcuna limitazione, perché mai materialmente interclusa, nonché manutenuta proprio per garantirne l’utilizzazione, sebbene in maniera inadeguata e maldestra.
Ne era scaturita una motivazione caratterizzata da un grave deficit argomentativo, determinato anche dal travisamento dei dati processuali che aveva portato a riconoscere la carenza dell’elemento psicologico in capo ai prevenuti sotto il profilo della esigibilità della condotta, laddove la posizione di garanzia da ciascuno rivestita, in relazione agli obblighi sugli stessi gravanti, li rendevano pienamente in grado di interdire la circolazione sulla sede stradale, la quale si presentava, al momento dell’incidente, aperta alla circolazione.
Le difese del responsabile civile Amministrazione provinciale di Vibo Valentia e dell’imputato COGNOME NOME NOME NOME hanno depositato memorie difensive con le quali hanno chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso. La difesa delle parti civili ha chiesto procedersi alla discussione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La motivazione della sentenza impugnata, che sostanzialmente richiama gli argomenti della decisione di primo grado, non confrontandosi adeguatamente con le censure formulate nell’appello proposto dalla difesa delle parti civili, risulta incorrere nei medesimi profili di manifesta illogicità e contraddittorietà, con travisamento di una prova decisiva, di cui risulta affetta la decisione di prima cure.
Invero entrambe le pronunce evidenziano che gli imputati erano titolari di una posizione di garanzia con riferimento alla gestione, alla apposizione di segnaletica stradale e alla manutenzione della strada provinciale n.83 Daffincello-Parghelia; il primo tenuto per legge ai sensi dell’art.14 Codice della Strada, quale funzionario dell’Ufficio Tecnico della Provincia di Vibo Valenzia, responsabile del procedimento amministrativo culminato con l’ordinanza 10/2011 del 25 Marzo 2011 di interdizione dell’arteria al traffico veicolare; il secondo, tenuto per contratto a cottimo del 10 maggio 2011 allo svolgimento di attività di manutenzione della strada con obblighi
concernenti l’apposizione di idonea segnaletica di inibizione alla circolazione, richiamati altresì nella suddetta ordinanza provinciale. I giudici di merito hanno inoltre evidenziato che tutti i testimoni escussi, compresi gli appartenenti alle forze dell’ordine che avevano proceduto a sopralluoghi e ad atti del loro ufficio (Campanella e Puzone), avevano affermato che la strada era a tutti gli effetti aperta e transitabile, tanto che la avevano utilizzata anch’essi, fino ad affermare (il Campanella), di non essere stati neppure informati che la strada provinciale suddetta fosse interclusa al traffico. Sotto diverso profilo nelle sentenze di merito si dà chiaramente atto del collegamento esistente tra la mancata interdizione della circolazione su strada ove erano presenti opere provvisionali e cumuli di inerti, con l’uscita del veicolo dell’ARENA dalla carreggiata, atteso che la conducente aveva sormontato un cumulo di inerti presente in prossimità del lato destro della sennicarreggiata, che aveva fatto da trampolino, proiettando il veicolo oltre il limite della sede stradale.
Nondimeno i giudici di merito hanno escluso il profilo soggettivo della colpa in capo ad entrambi gli imputati, atteso che nei loro confronti non sarebbe stata esigibile una sorveglianza costante e giornaliera dello stato della strada in quanto, sulla base di una serie di riscontri documentali e dichiarativi, era risultato che i segnali di interdizione e le barriere di protezione in cemento (new jersey) poste ai varchi della sede stradale, venivano sistematicamente rimossi in epoca coeva, precedente e successiva al sinistro, mentre era emerso che l’imputato COGNOME si era ripetutamente impegnato a favorire il ripristino della segnaletica e dello stato di interclusione.
L’iter logico giuridico della motivazione è affetto da manifesta illogicità, contraddittorietà e travisamento della prova con riferimento alla interclusione della strada e alla presenza di segnaletica di divieto della circolazione e di barriere di chiusura in epoca antecedente e coeva al verificarsi del sinistro stradale.
2.1. Da un lato infatti i giudici di merito (pag.10 sentenza di primo grado) hanno evidenziato come i titolari della posizione di garanzia non si siano uniformati alla regola cautelare richiamata, nella misura in cui è emerso che al momento del sinistro le barriere in cemento e la segnaletica stradale non erano posizionati in modo da impedire il transito alla strada interdetta, concludendo sotto diverso profilo per l’assenza dell’elemento soggettivo, laddove da precedenti comunicazioni dell’ufficio tecnico (nel corso dell’anno 2009) si dava conto dell’asportazione della segnaletica che
(-n
interdiceva la circolazione, chiedendone il ripristino e che alcuni giorni dopo il sinistro, all’atto di esecuzione di provvedimento di sequestro penale della strada era risultato che i new jersey, presenti in loco, erano stati arbitrariamente spostati per consentire la circolazione.
La motivazione è affetta da travisamento del dato probatorio e da illogicità manifesta nella parte in cui inferisce che, in epoca successiva alla ordinanza 10/2011} con la quale veniva disposta l’interdizione al traffico della strada, e pertanto in epoca coeva al sinistro, la cartellonistica di chiusura al traffico e le barriere di cemento fossero state posizionate e poi successivamente sottratte e rimosse da alcuni utenti della strada in modo tale da consentire la circolazione. Invero una siffatta inferenza non solo si scontra con la unanime emergenza della prova testimoniale riportata nella stessa sentenza di primo grado, secondo cui nel giorno del sinistro la strada era normalmente percorribile e non erano presenti segnalazioni di chiusura e barriere new jersey, ma non risulta neppure confortata dalle comunicazioni risalenti al febbraio-marzo 2009 (oltre due anni prima dei fatti), con le quali l’Ufficio Tecnico di Vibo Valentia denunciava la sottrazione di alcuni segnali stradali, né dalla prova logica rappresentata dal fatto che in epoca successiva al sinistro (avvenuto il 4 Ottobre 2011) erano risultati presenti in loco alcuni blocchi in cemento, che erano stati spostati in modo tale da consentire il transito e della cartellonistica di divieto di transito (Mar.Puzone fatti del 11 ottobre). Invero tale prova logica risulta contrastata dal fatto che in data 6 ottobre 2011 l’Amministrazione Provinciale di Vibo Valenzia aveva ordinato , con la procedura della somma urgenza lavori per la chiusura al transito e per la installazione di segnaletica sulla strada provinciale de quo (documento allegato dalla difesa della parte civile per l’autosufficienza del ricorso).
Ne consegue che l’argomento posto a fondamento della decisione di assoluzione, rappresentato dal fatto che nel giorno del sinistro la cartellonistica ivi presente era stata sottratta e rimossa e che le barriere che precludevano la circolazione erano presenti ma erano state spostate, si fonda su un dato traviso, in quanto lo stesso non appartiene al patrimonio probatorio del processo ma, al contrario, risulta escluso dalla prova dichiarativa di tutti i testimoni escussi (che hanno negato la presenza di divieti e di interclusioni) e contrastato da una prova documentale, accompagnata da una inferenza logica, che porterebbe a ritenere che la diversa conformazione dei luoghi nel giorno del sinistro (privi di segnaletica e barriere di sicurezza), rispetto a quanto diversamente rappresentato dal
mar.Puzone all’atto di esecuzione del sequestro (il giorno 11 ottobre), sia dipeso dal fatto che le barriere new jersey fossero state approntate it per la prima volta, e la cartellonistica di divieto con pannelli fosse stata ripristinata, soltanto in epoca successiva al sinistro.
2.2. A tale proposito va ricordato che il vizio di travisamento della prova deducibile in cassazione, ai sensi dell’art.606 lett.e) cod.proc.pen., è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (ex multis, sez.2, n.27929 del 12/06/2019, COGNOME, Rv.276567). Come è stato precisato, il vizio di “travisamento della prova” si risolve nella utilizzazione di una informazione inesistente (per l’errore incidente sul significante e non sul significato) o nella omessa valutazione di una prova esistente agli atti; è comunque necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento o dell’omissione nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (sez.6, n.366512 del 16/10/2020, COGNOME, Ry.280117). Ne discende che il travisamento, per avere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall’obiettivo e semplice esame dell’atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha errato sul significante di una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati; dall’altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l’atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito.
2.3. Nella specie il vizio di travisamento del dato probatorio, rappresentato dal fatto che le barriere new jersey a interclusione del passaggio fossero state rimosse o spostate in epoca coeva al verificarsi del sinistro, circostanza questa che non emerge da nessun atto processuale, si associa a un difetto motivazionale, per manifesta illogicità, nella parte in cui tale dato probatorio viene ricavato da un elemento dichiarativo (maresciallo COGNOME, privo di conducenza dimostrativa, in quanto si riferisce ad un momento successivo all’evento, ove la modifica dello stato dei luoghi poteva essere la conseguenza degli interventi di somma urgenza fatti eseguire post factum dall’Amministrazione provinciale.
Al contempo i profili di travisamento e di illogicità denunciati risultano decisivi in quanto in grado di disarticolare il ragionamento seguito dai giudici di merito nell’escludere l’elemento soggettivo del reato di omicidio
colposo a carico del COGNOME, per essersi lo stesso ripetutamente prodigato per la effettiva interclusione della strada provinciale, laddove le segnalazioni sulla rimozione della cartellonistica stradale, valorizzate dai giudici di merito, si riferiscono ad una precedente fase di interdizione della circolazione della strada provinciale n.83 Daffincello-Parghelia, risalente a oltre due anni e mezzo prima del sinistro, mentre l’ulteriore sollecitazione risulterebbe promossa dal COGNOME in epoca successiva allo stesso.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, agli effetti civili, con riferimento all’accertamento della responsabilità civile di COGNOME NOME NOME NOMECOGNOME con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello in quanto l’elemento soggettivo della responsabilità per colpa risulta escluso con iter motivazionale illogico e frutto di travisamento sulla prova.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione alla posizione di NOME in quanto la pronuncia assolutoria emessa nei suoi confronti risulta essere strettamente collegata a quella emessa nei confronti del COGNOME, atteso che il giudice di appello ha ritenuto che “diviene assolutamente irrilevante qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dei citati cumuli di terra nei pressi dei guard raill ovvero circa le condizioni generali della stessa dal momento che, proprio a causa delle pessime condizioni del tratto stradale, permaneva in vigore l’interdizione del traffico veicolare”.
4.1. Peraltro lo stesso giudice di primo grado aveva evidenziato che sul COGNOME concorrevano obblighi, previsti nel contratto di cottimo e nell’ordinanza di chiusura della strada provinciale, di procedere all’apposizione della segnaletica di cantiere e di vigilare sulla relativa osservanza, che i lavori presentavano gravissime anomalie, che i cumuli di terra erano stati apposti e mantenuti proprio per evitare che i veicoli potessero urtare contro i guard raill, che risultavano ammalorati e che i lavori erano stati ultimati con certificato di ultimazione. Orbene anche su tale questione la motivazione delle sentenze impugnate si appalesa manifestamente illogica, laddove non è stata adeguatamente esplorata la funzione contenitiva e riparativa degli ammassi di terra realizzati dalla ditta del COGNOME i quali, secondo gli accertamenti tecnici richiamati dai giudici di merito, e tenuto conto della certificata ultimazione dei lavori, non costituivano la prova della insistenza di lavori in corso, ma rappresentavano una vera e propria insidia all’interno del sedime stradale,
insidia che avrebbe dovuto essere eliminata dallo stesso appaltatore, il quale avrebbe altresì dovuto curare la apposizione della cartellonistica di cantiere.
Risulta pertanto illogico affermare che, anche con riferimento al COGNOME, non potesse ritenersi esigibile un costante e continuativo controllo di cantiere, tenuto conto che in epoca coeva al sinistro la strada provinciale, manutenuta dal COGNOME, era a tutti gli effetti aperta e percorribile, che le opere provvisionali, seppure formalmente ultimate, presentavano difetti e, in taluni casi, creavano delle vere e proprie insidie che avrebbero comunque imposto interventi di ripristino e che comunque, anche in relazione al COGNOME la riconosciuta inesigibilità della condotta doverosa non può che scontrarsi con gli stessi rilievi formulati in relazione alla posizione del COGNOME, salvo riconoscere che la formale chiusura della strada, pure in costanza di un normale utilizzo della stessa, lo esonerasse dal realizzare, nell’immediato, i doverosi interventi di sistemazione della carreggiata, circostanza questa che non ha formato oggetto di valutazione da parte dei giudici di merito, i quali si sono limitati a riconoscere, con argomenti in precedenza censurati, che i presidi atti a interdire la circolazione erano presenti, ma arbitrariamente rimossi.
In conclusione, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili in relazione ad entrambi gli imputati, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va altresì rimessa la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2025.