Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1302 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Chiampo il 03/12/1996 avverso la sentenza del 15/03/2024 della Corte di Assise di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME che, in difesa delle parti civili chiede la conferma de sentenza di condanna e deposita conclusioni scritte e nota spese; udito l’avvocato NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Assise di Appello di Venezia, con sentenza del 15 marzo 2024, ha confermato la condanna alla pena di anni trenta di reclusione pronunciata con la sentenza della Corte di Assise di Vicenza il 19 luglio 2023 nei confronti di NOME COGNOME in relazio ai reati omicidio aggravato di cui agli artt. 81, 575, 576 n. 2 e 577 n. 3 cod. pen., 6 2, 628, commi primo e terzo numeri 1 e 3 bis e 4 cod. pen. 493 cod. pen., nonché 61, n. 2, cod. pen., 2 e 7 L. 895 del 1967.
Il ricorrente è stato sottoposto a indagini e condannato per avere provocato la morte dei genitori, attinti entrambi con dei colpi di pistola alla testa, per la deten
dell’arma utilizzata, per il reato di rapina del telefono cellulare del padre e per acce abusivo a sistema informatico.
La sera dello stesso giorno l’imputato, dopo avere fatto alcuni giri per commissioni e avere pagato la caparra per l’acquisto di casa e altro, si è costituito alla stazione Carabinieri dove ha confessato e raccontato i fatti.
Nel corso dell’interrogatorio reso al pubblico ministero la sera stessa, così come nei successivi, ha descritto i fatti che sono stati tutti riscontrati dalle indagini ef sentendo le persone informate e dai vari accertamenti tecnici effettuati (l’analisi tabulati, dei dati relativi alla navigazione e alle telefonate, degli accessi al portale banca e delle movimentazioni bancarie).
Le dichiarazioni rese e le indagini, secondo la comune ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito, hanno consentito di appurare che l’imputato aveva pianificato l’azione nel corso di un mese circa, durante il quale ha acquistato la pistola e pensato come procedere al fine di impossessarsi del patrimonio dei propri genitori, del quale avev necessità per vivere senza lavorare e acquistare quanto riteneva necessario.
Nel corso del processo di primo grado è stata acquisita una consulenza tecnica della difesa in ordine alle condizioni psicologiche dell’imputato. I consulenti hanno concluso ne senso della capacità di intendere e volere rma di una forte fragilità psicologica unita a una seria difficoltà intellettiva in termini di c.d. problem solving.
All’esito del processo la Corte di assise, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti per i due reati di omicidio, e prevalenti per gli altri reati, ha quantifi pena complessiva in anni trenta di reclusione e l’ha così calcolata: anni ventiquattro pe l’omicidio del padre, aumentati di anni sei per l’omicidio della madre, per un totale di a trenta, non più aumentati in virtù di quanto disposto dall’art. 78 cod. pen.
Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la difesa che ha censurato la sentenza di primo grado con riferimento alla condanna per rapina, relativa alla condotta di impossessamento del telefono cellulare del padre avvenuta immediatamente dopo l’omicidio, al giudizio di bilanciamento delle generiche perché effettuato in termini equivalenza e non di prevalenza e alla quantificazione degli aumenti in continuazione.
La Corte territoriale, ritenuto che l’impossessamento del telefono era stato deciso prima dell’omicidio in quanto funzionale al conseguimento del denaro dei genitori e non era il frutto di una determinazione successiva, ha confermato la condanna anche per il reato di rapina e, condiviso il giudizio in ordine alla concessione delle attenuanti generic come equivalenti, ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato che, a mezzo del difensor a dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di rapina. Nel primo motivo la difesa critica il ragionamento seguito dal giudice di merito evidenziando come non sia emerso alcun elemento dal quale poter desumere che la sottrazione del telefono cellulare fosse stato pianificato o anche solo pensato prima di commettere l’omicidio invece che, piuttosto, pensata e attuata in un momento immediatamente successivo. Elemento questo in assenza del quale difetterebbero gli elementi costitutivi del reato di rapina e il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto aggravato.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza con riferimento all’assenza di considerazione in ordine agli argomenti contenuti nella recente sentenza della Corte cost. n. 197 del 2023 che, dichiarando l’illegittimità dell’art. 577, comma 3, cod. pen., ha evidenziato che è necessario adeguare la pena al disvalore soggettivo del fatto anche valutando i fattori che influiscono sul processo motivazionale dell’autore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di rapina.
La doglianza è infondata.
La Corte territoriale, con lo specifico riferimento alle modalità della condotta, all sviluppo che questa ha avuto e alle dichiarazioni rese dello stesso ricorrente in ordine all’obiettivo finale da questo perseguito sin dalla fase della programmazione originaria dell’omicidio, ha evidenziato che la sottrazione del telefono cellulare era strumentale al raggiungimento dell’obiettivo finale dell’azione, costituito dall’impossessamento dell’intero patrimonio.
Ciò, peraltro, è confermato dalla circostanza che l’imputato nei momenti immediatamente successivi alla morte del padre, replicando quanto fatto nei giorni precedenti con il tentativo di accedere fraudolentemente al conto corrente bancario dei genitori, ha contattato il consulente finanziario per cercare di acquisire le risorse finanziar della famiglia (cfr. pagine XII XIV della sentenza impugnata).
In tal modo il giudice di appello, con motivazione adeguata e coerente non sindacabile in questa sede, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità anche da ultimo ribadita per cui «nel caso di sottrazione di una cosa già appartenuta ersona
uccisa, si configura il delitto di rapina qualora l’idea della sottrazione sorga pri dell’attuazione della violenza omicida, a condizione che l’impossessamento sia conseguenza della violenza, ricorrendo, invece, il delitto di furto qualora il proposit predatorio intervenga soltanto dopo la consumazione dell’omicidio» (Sez. 1, n. 37856 del 27/06/2024, C., Rv. 287097 – 01; Sez. 1, n. 9594 del 1986, COGNOME, Rv. 173779 – 01).
Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
La doglianza, formulata anche nei termini della violazione di legge, ma che afferisce esclusivamente la logicità e coerenza della motivazione, è manifestamente infondata.
La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all’imputato, infatti, ha fatto buon governo della legge penale e, anche facendo specifico riferimento alla sentenza della Corte costituzionale citata nel ricorso, ha dato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’esercizio del poter discrezionale ex art. 132 cod. pen. della Corte di merito, e ciò anche in relazione al ritenuto giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con le due aggravanti contestate, tenuto conto, quanto a tale aspetto, alla particolare intensità del dolo, all’estrema gravità dei fatti, alle modalità esecutive seguite, anche caratterizzate da una particolare freddezza, e alla mancanza di elementi positivi di valutazione se non la confessione, peraltro priva di effettiva e concreta incidenza sugli sviluppi investigativi. (c l’articolata motivazione pagine da XIV a XVIII della sentenza impugnata).
Le censure mosse a tale percorso argomentativo, assolutamente lineare, sono meramente assertive, inconsistenti e, in parte, orientate anche a sollecitare, in questa sede, una nuova e non consentita valutazione della congruità della pena (cfr. Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818 – 01).
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis cod. pen., d’altro canto, è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 Lule, RV. 259899 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, RV. 248244 – 01; n. 42688 del 24/09/ 2008, Carichi, RV 242419 – 01).
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della
pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Pertanto, il dinie delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione (cfr. Sez. 2, n.3896 20/01/2016, COGNOME, RV. 265826; n.3609 del 18/01/2011, COGNOME, RV. 249163; Sez. 6, n.41365 del 28/10/2010, Straface, RV. 248737).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La richiesta di liquidazione delle specie processuali avanzata dalle parti civili non può essere accolta.
Le parti civili, infatti, come peraltro già evidenziato dal giudice di appello c statuizione che non è stata impugnata, non sono costituite in relazione al reato di rapina, unico tema devoluto a questa Corte in ordine al quale queste avrebbero avuto un astratto interesse a interloquire.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla quanto alle spese delle parti civili.
Così deciso il 9 ottobre 2024
Il Consigl e estensore
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Il Presi