Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15116 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME, nato a Siracusa il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/02/2023 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della decisione impugnata per nuovo esame, assorbito il terzo motivo sul trattamento sanzionatorio.
Depositata in Cancelleria
Oggi, GLYPH 12 APR, 2024
P :r)
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Siracusa all’esito del giudizio abbreviato e appellata dall’imputato, la Corte di appello di Catania ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per relazione ai reati di cui ai capi A), B) e D), e, per l’effetto, ha rideterminato in un anno e due mesi di reclusione la pena, condizionalmente sospesa, irrogata all’imputato, nel resto confermato la pronuncia impugnata, la quale aveva affermato la penale responsabilità dello COGNOME per i reati di cui agli artt. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, contestati ai capi C), E) e G) con riferiment alle annualità di imposta 2012, 2013 e 2014, e 10-bis del medesimo d.lgs., contestato al capo F), con riferimento all’annualità di imposta 2013.
Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione affidato a due motivi.
2.1. Con un primo, articolato, motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed ) cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 5 e 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, 192 cod. proc. pen. in relazione all’affermazione della penale responsabilità. Rappresenta il difensore che i giudici di merito avrebbero recepito acriticamente le risultanze emergenti dal p.v.c. al fine si stabilire il superamento della soglia di punibilità, senza accertare i costi e i ricavi effettivi valorizzando unicamente le presunzioni tributarie, considerando che molte fatture non sono state incassate e che molte voci erano detraibili con un’aliquota maggiore rispetto a quella indicata.
La motivazione, inoltre, sarebbe apparente in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, anche considerando le difficoltà di effettuare i dovuti versamenti a causa delle difficoltà in cui versava l’impresa. Aggiunge il difensore che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2022, con riferimento alla prova della sussistenza del delitto di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, occorre la produzione delle certificazioni effettivamente rilasciate ai sostituiti, attestanti l’ammontare delle somme corrisposte e delle ritenute operate.
2.2. Con un secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed ) cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 132, 13:3, 62-bis e 81 cod. pen. Espone il difensore che la pena inflitta sarebbe eccessiva e che la Corte di merito ha negato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche senza considerate che l’individuazione delle somme evase è meramente nominale e che il ricorrente è incensurato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile perché generico in relazione a tutti gli aspetti dedotti.
Quanto alla censura avente ad oggetto il superamento della soglia di punibilità, la Corte di merito ha evidenziato che dal p.v.c. redatto dal personale della G.d.F. e dai relativi allegati emerge che gli importi relativi all’imposta evas sono proprio quelli indicati nei capi di imputazione – tutti peraltro di gran lung superiore alla soglia di 50 mila euro – determinati dai verbalizzanti in base alla documentazione contabile rinvenuta mediante metodo deduttivo, e non avendo la difesa prodotto documentazione ulteriore o diversa rispetto a quella indicata nel verbale di contestazione, idonea a confutarne le risultanze.
A fronte di tale pur sintetica ma puntuale motivazione, il motivo si appalesa generico, perché il ricorrente avrebbe dovuto contestare, in maniera specifica, la modalità attraverso cui gli operanti hanno calcolato l’imposta evasa, evidenziando errori di calcolo ovvero dovuti alla mancata considerazione di costi risultanti dalla documentazione acquisita. Per contro, le censure sono del tutto vaghe e generiche, il che conduce all’inammissibilità del motivo.
Le medesime considerazioni, pur con alcune precisazioni, valgono in relazione alle censure con cui si contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo.
4.1. In primo luogo, si osserva che, con l’appello, non era stata devoluta alcuna questione in relazione al dolo del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 d 2000; ne deriva che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (ex multis, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME e altro, Rv. 269632; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME NOME, Rv. 255577), tranne che si tratti di questioni rilevabili di uffic in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, dep. 15/02/2016, COGNOME, Rv. 266202) – ma certamente non è questo il caso -, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione
del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, dep. 14/06/2017, Galdi, Rv. 270316).
4.2. In secondo luogo, quanto al dolo del delitto di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, il motivo appare, anche in tal caso, del tutto generico, perché non allega puntuali elementi di fatto, non valutati dai giudici di merito, che avrebbero impedito il versamento dell’imposta dovuta, pari, nella specie, a 888.566 euro.
Si osserva, in ogni caso, che, poiché il delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate ha per oggetto le somme già nella disponibilità del debitore, in caso di carenza di liquidità di impresa l’impossibilità di adempiere all’obbligazione di versamento delle ritenute non può essere giustificata, ai sensi dell’art. 45 cod. pen., dalla insolvenza dei debitori, essendo di pertinenza del sostituto d’imposta la decisione di distrarre a scopi diversi le somme di denaro dovute all’erario (Sez. 3, n. 3647 del 12/07/2017, dep. 2018, Botter, Rv. 272073).
Quanto, infine, ai riflessi della sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2022 – la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sia dell’art comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 158 del 2015, sia dell’art. 10-bis del d.lgs. 74 del 2000, come modificato dall’art. 7, comma 1, lettera b), del d. Igs. n. 158 del 2015, limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» -, si osserva che la questione, sebbene non devoluta con l’appello, involgendo l’applicazione dell’art. 2 cod. pen., può essere rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità.
Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale, infatti, è s ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché, da una parte, l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certifica dall’altra, il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certific:azioni ai sostit costituisce ora illecito amministrativo tributario.
Nel caso di specie, tuttavia, dalla sentenza di primo grado (p. 2) risulta che la prova del delitto in esame si fonda sulla c.n.r. e sul pvc redatto dalla G.d.F.; fronte di tale accertamento, sarebbe stato onere del ricorrente allegare che, invece, la penale responsabilità è stata unicamente desunta dalle risultanze del NUMERO_DOCUMENTO, il che non è avvenuto.
6. Il secondo motivo è inammissibile.
6.1. Ricordato che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti a fini della concessione o dell’esclusione (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899), nel caso di specie, la Corte di merito, con una motivazione che certamente non può dirsi arbitraria o manifestamente illogica, ha escluso la sussistenza dei presupposti per una mitigazione della pena individuando, quali elementi ostativi, l’ammontare complessivo delle imposte evase e la reiterazione dei comportamenti illeciti, che hanno riguardano quattro annualità consecutive di imposta.
6.2. Quanto, poi, all’asserita eccessività della pena inflitta, la censura appare del tutto generica e assertiva, non indicando alcun elemento che, ove valutato, avrebbe condotto all’irrogazione di una pena più mite, anche considerando che, nonostante l’ingente importo dell’imposte evase, la pena base è stata inflitta in misura di poco superiore al minimo edittale, così come assai contenuti sono gli aumenti per la continuazione.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3,000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 28/03/2024.