Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30600 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30600 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sale nel procedimento a carico di:
NOMECOGNOME nato a Giffoni Valle Piana il 13/02/1972
avverso la sentenza emessa il 17/03/2025 dal G.i.p. del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del sentenza impugnata;
letta la memoria del difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che concluso insistendo per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., in 17/03/2025, il G.i.p. del Tribunale di Salerno – a seguito della richi emissione del decreto penale di condanna, formulata dal P.M. nei confronti NOME in relazione al reato di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 46 1983 (conv. con modif. dalla I. n. 638 del 1983), contestato al COGNOME nella qual
di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE – ha dichiarato non doversi procedere, nei confronti dell’imputato, per essere il reato a lui ascritto estinto per intervenuta prescrizione
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, deducendo che il momento consumativo del reato, erroneamente indicato dal G.i.p. nel luglio 2018, andava in realtà individuato allo scadere dei tre mesi concessi al datore di lavoro per provvedere al versamento, attraverso la contestazione o la notifica dell’accertamento prevista dall’art. 2, comma 1-bis, d.I n. 463. Nella specie, essendo tale notifica avvenuta il 12/12/2020, il momento andava individuato, secondo il ricorrente, nel novantesimo giorno successivo (12/03/2021). Conseguentemente, il reato ascritto al RUSSO si prescriverebbe, in assenza di atti interruttivi, alla data del 12/03/2027.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, onde verificare la sussistenza, in concreto, delle condizioni per aderire alla prospettazione accusatoria in ordine alla data del commesso reato.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore sollecita il rigetto del ricorso, essendo la sentenza dichiarativa della prescrizione immune da censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il G.i.p. del Tribunale di Salerno, a fronte della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, formulata dal P.M. in data 14/02/2024, ha emesso oltre un anno dopo (17/03/2025) sentenza ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., dichiarando non doversi procedere, nei confronti di NOMECOGNOME in ordine al reato di omesso versamento delle ritenute relative al periodo gennaio/luglio 2018, a lui ascritto nella già ricordata qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE TRASPORTI ECOAMBIENTALI. ·
È opportuno prendere le mosse dal consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, secondo cui «il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 483, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall’art. 3, comma 6, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità di euro diecimila annui, si configura come fattispecie connotata da progressione criminosa, nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva
cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, ossia con la data del 16 gennaio dell’anno successivo» (Sez.
3, n. 9196 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286019 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e si intende ribadire, appare evidente l’erroneità della decisione del G.i.p., che ha ritenuto di individuare i
momento consumativo nel luglio 2018, facendo altrettanto erroneamente decorrere, da quel mese, il termine prescrizionale di sei anni, decorso in assenza
di atti interruttivi.
Peraltro, anche la prospettazione del ricorrente non può essere condivisa, in quanto il periodo di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto
accertamento della violazione, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463 del 1983
– periodo entro il quale il datore di lavoro può versare il dovuto divenendo non punibile, né assoggettabile a sanzioni amministrative – deve certamente rilevare
quale causa di sospensione della prescrizione, ai sensi del comma 1-quater del predetto art. 2, e non quale momento identificativo del
dies a quo per il relativo
computo.
Da tutto ciò consegue che il reato ascritto al RUSSO si è consumato alla data del 16/01/2019, dalla quale decorre il termine di prescrizione di sei anni, cui devono aggiungersi i tre mesi di sospensione, decorrenti dalla data di notifica della contestazione (12/12/2020): il predetto termine, per il quale non risultano atti interruttivi, è dunque scaduto alla data del 17/04/2025 (mentre, al momento della decisione impugnata, non era ancora interamente decorso).
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso del Procuratore della Repubblica.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il . 08 luglio 2025