Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10320 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10320 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Como il 18/05/1964, avverso la sentenza in data 20/02/2024 della Corte di appello di Milano, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta per l’imputato la memoria dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 20 febbraio 2024 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza in data 15 febbraio 2023 del Tribunale di Como, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui ai capi da 5) a 11) e ha rideterminato la pena in anni tre e mesi tre di reclusione per i residui reati di cui ai capi 2), 3) 4), consistenti in violazioni dell’art. 2 d n. 74 del 2000, di cui al capo 12), consistente nella violazione dell’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 1), 2) e 3) del procedimento riunito RG1156/2020
TRIB, consistenti in violazioni rispettivamente dell’art. 2, dell’art. 10-bis e dell’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000.
2. Il ricorrente articola una prima censura in relazione ai reati di cui al 2 d.lgs. n. 74 del 2000 per violazione di legge, insistendo sulla concreta e fornitura di servizi, sulla presenza di contratti scritti, sulla congruità dei pr rapporti con i dipendenti, sull’assenza di indagini bancarie su event retrocessioni di tali prezzi; una seconda censura per violazione di legge in relaz al reato dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 perché non era stato dimostrato il rilascio di certificazione ai sostituiti; una terza censura per violazione di l relazione al reato dell’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 perché la crisi di liquidità non era a lui ascrivibile e aveva tentato con tutti i mezzi di risollevare la s una quarta per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle p accessorie apoditticamente commisurate alla durata della pena principale irrogata Con la memoria insiste nelle sue ragioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato a eccezione del secondo motivo relativo al reato dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
Ed infatti, per le violazioni dell’art. 2 il ricorrente ha svolt considerazioni generiche e fattuali. I Giudici di merito hanno accertato l’imputato ha utilizzato nelle dichiarazioni delle sue società, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, delle fatture soggettivame inesistenti emesse dalle cartiere RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE E’ emerso fatture recavano contenuti generici e indeterminati e che gli stessi contratt specificavano le attività svolte. Non illogicamente la Corte territoriale ha rit dunque che la risultanza contabile del pagamento delle fatture costituiva elemento artificioso in funzione della dissimulazione della falsità ideologica documenti fiscali. D’altra parte, l’imputato era pienamente consapevole della fro fiscale perché aveva rapporti continuativi con il legale rappresentante delle cart e sapeva che VIVA non veniva versata da queste. Il primo motivo si appalesa dunque rivalutativo e come tale esorbitante dal perimetro cognitivo del giudice legittimità. Il terzo motivo ripropone il tema della crisi di liquidità confrontarsi con la sentenza della Corte territoriale secondo cui non era s raggiunta la prova che l’imputato aveva fronteggiato la debitoria con ogni mezz a disposizione ma era stata raggiunta la prova contraria che ave deliberatamente scelto di destinare le risorse finanziarie della socie pagamento dei dipendenti senza attingere al proprio patrimonio personale e continuando un’attività in perdita. La decisione è in linea con la consoli L
giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di reato di omesso versamento dell’IVA, la colpevolezza del contribuente non è esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l’omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell’IVA per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo (tra le tante, Sez. 3, n. 23796 del 21/03/2019, COGNOME, Rv. 275967 – 01). Il quarto motivo è inconsistente perché nel dispositivo della sentenza di primo grado le pene accessorie temporanee sono state indicate nella durata della pena principale inflitta, ciò che è ritenuto congruo dalla giurisprudenza di legittimità (tra le più recenti, Sez. 3, n. 8041 del 23/01/2018, COGNOME, Rv. 272510 – 01). D’altra parte, il quarto motivo di appello era stato estremamente generico «Va da sé che le medesime considerazioni vanno spese anche in ordine all’applicazione delle pene accessorie », per cui, correttamente, la Corte territoriale non ha sviluppato il tema. Non è possibile, quindi, in questa sede, alcun recupero del motivo.
E’ fondato invece il secondo motivo di ricorso perché non basta a provare la consegna dei certificati ai lavoratori la dichiarazione della teste sulla regolarità retributiva che non consente neanche presuntivamente di desumere che sia stato assolto tale obbligo, il cui accertamento è imprescindibile trattandosi di fatti anteriori alla modifica normativa apportata dall’art. 7, d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (Sez. U, n. 24782 del 22/03/2018, Macerata, Rv. 272801 – 01; si vedano anche Sez. 3, n. 2338 del 27/09/2022, dep. 2023, COGNOME Rv. 284035 – 01 e Sez. 3, n. 18214 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286284 – 01 rese dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 115 del 2022 che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 7, comma 1, lett. b), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, nella parte in cui ha inserito le parole “dovute sulla base della stessa dichiarazione o” nel testo dell’art. 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e di tale norma incriminatrice limitatamente alle menzionate parole, nonché dell’art. 7, comma 1, lett. a), d.lgs. citato, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute o» nella rubri dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e di tale norma incriminatrice limitatamente alle parole in oggetto contenute in rubrica). La fondatezza del motivo imporrebbe l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per un nuovo giudizio sul punto, ma tale epilogo decisorio è precluso dall’assorbente circostanza dell’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, maturata a luglio 2024, tenuto conto anche dei 107 giorni di sospensione. Le Sezioni unite hanno infatti affermato e ribadito che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere
immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275). In conseguenza di tale statuizione, ai sensi dell’art. 620 lett. I), cod. proc. pen. dev’essere eliminata la pena di un mese di continuazione correlata a tale reato (capo 2 del procedimento RG 1156/2020 TRIBI Le pene accessorie temporanee vanno adeguate nella durata alla nuova pena principale. Il ricorso è inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 2 del procedimento riunito n. 1156/2020 TRIB, perché estinto per prescrizione ed elimina, per l’effetto, la porzione di pena riferibile a detto reato quantificato nell misura di un mese di reclusione. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso, il 20 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente