Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3404 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOVILLE ERNICA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si è chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Roma, giudicando in sede di secondo rinvio (essendo già intervenuto un annullamento senza rinvio da parte della stessa Sezione per violazione della legge processuale), a seguito della cassazione di precedente sentenza di conferma di quella del Tribunale di Frosinone, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena sospesa di mesi otto di reclusione ed euro 500,00 di multa per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti per i mesi di aprile, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre 2013, ha ridotto la pena a mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di multa, confermando nel resto. L’annullamento da parte del secondo giudice rimettente è stato disposto unicamente ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio, in conseguenza della declaratoria di prescrizione del reato limitatamente alla condotta riguardante la mensilità di aprile 2013.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.
Con il primo, ha dedotto inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli elementi costitutivi del reato e alla mancata applicazione dell’art. 45, cod. pen.
Con il secondo motivo, ha dedotto vizio della motivazione in ordine alla selezione del materiale probatorio, con riferimento alla ritenuta non contestazione della penale responsabilità dell’imputato, pur in presenza di riscontri esterni idonei a escluderla e con riferimento al mancato accertamento dell’effettivo esborso della retribuzione corrisposta ai dipendenti.
Con il terzo, infine, ha dedotto inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e violazione dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., oltre a omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, anche con riferimento al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. La Corte rimettente ha ritenuto manifestamente infor dati tutti i motivi formulati con quella impugnazione, sostanzialmente riproduttivi delle doglianze veicolate con il ricorso all’esame e aventi a oggetto: la valutazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa e all’operatività del disposto di cui all’art. 45, cod. pen.; il mancato accertamento dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni; infine, il trattamento sanzionatorio, con riferimento alla dosimetria della pena, ritenuta sproporzionata. Ha, invece, ritenuto solo infondata la doglianza inerente al mancato ric:onoscimento del beneficio della non menzione. Ne è discesa la corretta instaurazione del rapporto processuale e la rilevabilità d’ufficio della causa estintiva, limitatamente alla condotta omissiva riferibile al mese di aprile 2013, con affermazione di irrevocabilità del giudizio di responsabilità dell’imputato quanto alle restanti mensilità.
3. La premessa serve a definire la causa della ritenuta inammissibilità.
La difesa ha reiterato doglianze inerenti ad un accertamento ormai coperto da giudicato, senza minimamente considerare il tema, assai circoscritto, devoluto dal giudice rimettente, quello cioè di rideterminare la pena, a seguito del venir meno della condotta di reato inerente alla mensilità di aprile 2013, come specificato nella motivazione della sentenza di annullamento.
Sul punto, è già stato chiarito che, nell’ipotesi di pronuncia della Corte di cassazione di annullamento parziale, la declaratoria in dispositivo delle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili, ai sensi dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen., ha efficacia meramente dichiarativa e non costitutiva, Lconseguentemente, ove tale dichiarazione sia stata omessa, è comunque consentito alla Corte – adita con ricorso avverso la sentenza del giudice di rinvio di individuare, sulla base della lettura e dell’interpretazione della sua precedente sentenza, le parti passate in giudicato (sez. 4, n. 29186 del 29/5/2018, COGNOME, Rv. 272966-01; sez. 2, n. 46419 del 16/10/2014, COGNOME, Rv. :261050-01; Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, dep. 2021, Gialluisi, Rv. 280261-02).
Da ciò discende la non deducibilità e manifesta infondatezza dei motivi proposti con il ricorso.
Quanto alla dosimetria della pena, peraltro, pur essendo la relativa doglianza certamente proponibile in questa sede, siccome inerente al thema decidendum devoluto dal giudice rimettente, essa è ciononostante manifestamente infondata, oltre che del tutto generica. La Corte di merito, infatti, ha congruamente giustificato la dosimetria della pena, al netto della condotta venuta meno, richiamando esplicitamente la gravità del fatto, valutandola in relazione alla entità delle somme non versate e alla intensità del dolo.
Quanto alla dosimetria della pena e al relativo onere motivazionale del giudice, peraltro, pare sufficiente ricordare che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142-01; sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243-01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 10 gennaio 2024