Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31799 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31799 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Modica il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2023 della Corte appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile letta la memoria di replica depositata dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con la quale ha insistito nella richiesta di annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata
Ricorso definito ex. art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 aprile 2023, la Corte d’appello di Catania, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Siracusa in data 16 marzo 2018 – con la quale NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile del reato previsto e punito dall’art. 2, comma 1 -bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, di omesso versamento
all’RAGIONE_SOCIALE.N.P.RAGIONE_SOCIALE. delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori de omonima ditta di cui era titolare, nei mesi di gennaio, febbraio, marzo 2011, dal mese di luglio a dicembre 2012, per l’importo complessivo di euro 44.669,93, commessi in Noto, alla scadenza dei termini previsti per il versamento in relazione a ciascuno dei periodi sopraindicati (entro il 16/09/2011, 16/03/2013, 16/06/2013) e condannato, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, alla pena di anni uno di reclusione ed euro 500 di multa – dichiarava non doversi procedere nei confronti del ricorrente limitatamente alla condotta contestata commessa fino al marzo 2011, in quanto estinta per prescrizione e, per l’effetto, rideterminava la pena per la residua imputazione in mesi 6 di reclusione ed euro 250,00 di multa, confermando nel resto la gravata sentenza.
Avverso la sentenza di appello l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta vizio di violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento all’art. 157 cod. pen.
2.1 Deduce il ricorrente che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione anche del (residuo) reato inerente i contributi INPS per l’anno 2013 e nello specifico per il periodo da marzo a giugno 2013, data (indicata nel capo di imputazione) di scadenza dei termini previsti per il versamento in relazione ai periodi per i quali è residuata la condanna, che vanno da luglio a dicembre 2012. Si assume che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che il momento consumativo fosse quello della scadenza del termine fissato dall’RAGIONE_SOCIALE dopo la notifica dell’accertamento e diffida a pagare, sostenendosi che esso vada individuato nella scadenza dei termini di versamento, ossia nel mese di dicembre 2012.
Con conclusioni scritte il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso. Si afferma che il giudice di appello ha correttamente ritenuto non maturato il termine prescrizionale, applicando i principi espressi da Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, Rv. 268813 nonché tenendo conto della “contestata recidiva specifica e infraquinquennale”, della “pluralità degli att interruttivi” e dei “termini di sospensione per 413 giorni”.
Con memoria di replica il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito nel motivo di appello proposto e ha chiesto la cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza, per essere il reato prescritto prima della pronuncia della sentenza di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è inammissibile perché fondato su censura manifestamente infondata.
1.1 Con un unico motivo di doglianza il ricorrente lamenta vizio di violazio di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferi all’art. 157 cod. pen., ritenendo che il termine da cui far decorrere la prescr anche per i residui reati per i quali la causa estintiva non è stata ril antecedente rispetto a quello individuato, e va collocato di scadenza dei termin versamento dei contributi, ossia dicembre 2012.
1.2 La Corte di appello nell’impugnata sentenza, rigettando i motivi doglianza contenuti nell’appello proposto dall’imputato – relativi alla man riunione con altro procedimento penale, alla inesistenza della condizione procedibilità, alla carenza assoluta di prova e all’eccessiva entità della pena -, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado dichiarando prescrit reati relativi gli omessi versamenti all’I.N.P.S. delle ritenute previdenziali sulle retribuzioni dei lavoratori nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2011, conseguente riduzione della pena inflitta all’imputato; ha confermato nel rest sentenza, ritenendo che alla data della pronuncia della decisione (18 aprile 20 i residui reati omissivi relativi ai mesi da luglio a dicembre 2012 (cosi indic capo di imputazione) non fossero ancora prescritti. Si legge (pag. 3 e 4) n decisione impugnata (pagg. 3 e 4) che quale data di consumazione dei reat omissivi relativi ai mesi da luglio a dicembre 2012 sono stati considerati i me marzo e giugno del 2013, con ciò facendosi riferimento alla data indicata nel ca di imputazione quale «scadenza dei termini per il versamento in relazione ciascuno dei periodi sopraindicati (entro il 16.09.2011, 16.03.2013, 16.06.2013 Per effetto della contestata recidiva specifica ed infraquinquennale, ritenut primo giudice e non oggetto di censura in grado di appello, il termine prescrizione, tenuto conto della pluralità degli atti interruttivi è stato ind nove anni (sei anni, cui si aggiunge la metà per la contestata recidiva), ai sono stati aggiunti 413 giorni di sospensione disposta nel corso del giudizi primo grado. Il termine ultimo di prescrizione, per i suddetti reati, è stato quindi indicato nella decisione impugnata al 3 agosto 2023 (la sentenza è st pronunciata il 18 aprile 2023, e pertanto a quella data non era maturata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La censura è inammissibile in quanto alla data della pronuncia i residui re non erano prescritti.
Come affermato da questa Corte, il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembr 1983, n. 638, modificato dall’art. 3, comma 6, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, ha introdotto la soglia di punibilità di euro diecimila annui, si configura
fattispecie connotata da progressione criminosa, nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, ossia con la data del 16 gennaio dell’anno successivo. (Sez. 3, Sentenza n. 9196 del 09/01/2024, Rv. 286019-01; in termini conformi anche Sez. 3, Sentenza n. 37232 del 11/05/2016, Rv. 268308-01; Sez. 3, Sentenza n. 649 del 20/10/2016, Rv. 268813-01).
In applicazione del principio, tenuto conto che le omissioni per le quali è stata confermata la condanna decorrono dal mese di luglio al mese di dicembre 2012, e si atteggiano quindi come momenti esecutivi di un reato a consumazione prolungata, esse devono considerarsi complessivamente cessate alla data non già di dicembre 2012, come indicato dalla difesa, ma alla data del 16 gennaio 2013, posto che il dies a quo da cui far decorrere la prescrizione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità.
Al dies a quo così individuato va aggiunto l’ulteriore termine di tre mesi per provvedere al pagamento – ed al quale si ricollega l’effetto della sospensione della prescrizione ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 2, comma 1-bis e comma 1-quater, d.l. n. 463 del 1983 citato – in ossequio al principio espresso sul punto da questa Corte secondo cui, in materia di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali, il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione entro il quale il datore di lavoro può provvedere al pagamento ha natura perentoria, essendo ad esso collegato l’effetto della non punibilità e della sospensione della prescrizione che, diversamente, comporterebbe la proroga sine die dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 3, n. 30178 del 17/01/2017, Strazza, Rv. 270257-01).
Tanto premesso, tenuto conto della recidiva, ritenuta e non contestata, e del dies a quo del 16 gennaio 2013, il termine per la prescrizione, da calcolarsi in nove anni (sei anni, raddoppiati della metà), cui devono aggiungersi i tre mesi di sospensione della prescrizione (ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 2, comma 1-bis e comma 1-quater, d.l. n. 463 del 1983 citato) e gli ulteriori 413 giorni di sospensione del dibattimento (dall’Il marzo 2016 al 18 novembre 2016 e dal 2 febbraio 2017 al 13 luglio 2017), non era ancora decorso alla data del 18 aprile 2023, in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, e, pertanto, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello, i reati in questione non erano a quella data estinti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento e, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato
che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “v in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone ch ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in fa della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso il 17/05/2024.