Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14433 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14433 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PERUGIA il 12/11/1965
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 19/03/2024 La Corte d’aPpello di Perugia confermò la sentenza di condanna alla pena di anni uno di reclusione con pena sospesa e non menzione emessa dal Tribunale di Spoleto nei confronti di Marconi RAGIONE_SOCIALE in quanto ritenuto responsabile dell’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per avere omesso, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, di versare, per l’anno d’imposta 2014, entro il termine previsto per versare l’acconto del periodo d’imposta successiva, l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, pari ad euro 328.992,00.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia che, con il primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 157, 168, 159 cod. pen. e 10 ter d.lgs. 74/2000. Si assume che le ragioni che hanno indotto la difesa a chiedere la riunione dei procedimenti sono coincidenti con l’interesse pubblico alla celebrazione del simultaneus processus per cui i rinvii dal 6/3/2020 al 9/3/2020, per la normativa Covid, e dal 12/6/2020 al 26/4/2021 non potevano essere computati ai fini della prescrizione. Si aggiunge che: i motivi per i quali era stato disposto il rinvio non rientravano fra quelli previsti dall’artico 159 cod. pen.; il Tribunale non aveva disposto la sospensione del decorso del termine di prescrizione; la sospensione non avrebbe comunque potuto operare per più di 60 giorni; venendo in rilievo un “reato istantaneo di natura permanente”, il reato doveva ritenersi commesso il 29/12/2014, ossia l’ultimo giorno utile per il pagamento dell’acconto IVA.
2.a Con il secondo motivo si denuncia l’omessa motivazione in relazione agli artt. 132 e 133 cod. pen. con riferimento alla pena accessoria dell’interdizione degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
La Corte d’appello, infatti, aveva applicato le pene accessorie di cui all’art. 12 comma 1 lett. a), b) e c) omesse dal Tribunale determinando per quelle di cui alle lettere b) e c) la durata minima ma per quella di cui alla lett. a) la durata di un anno senza spiegare le ragioni che avevano determinato tale decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile risultando i motivi in cui si articola manifestamente infondati.
Il reato ritenuto, nella vigenza del testo precedente alla modifica del 2024, giungeva a consumazione, con riferimento all’IVA dovuta in relazione ad un determinato anno, allorché non si provvedeva al versamento dell’imposta dovuta, alla scadenza del “termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo”, ossia il 27 dicembre dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento (Sez. 3, n. 38619 del 14/10/2010, Rv. 248626; Sez. 3, n. 6293 del 14/1/2010, Iole; Sez. 3, n. 16472 del 28/2/2020, Giardi).
1.1 Questa Corte ha anche statuito che in caso di rinvio dell’udienza, disposto in accoglimento di un’istanza difensiva di riunione ad altro processo pendente nello stesso stato e grado dinanzi al medesimo giudice, il corso della prescrizione è sospeso per tutta la durata del differimento, discrezionalmente determinato dal giudice avuto riguardo alle esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario, ai diritti e alle facoltà delle parti coinvolte nel processo e ai principi costituzionali d ragionevole durata del processo e di efficienza della giurisdizione
(Sez. 3, n. 43913 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 282100 – 01; Sez. 3, n. 29715 del 16/5/2024, COGNOME).
1.2 Giova anche ricordare che “In tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano, senza necessità di un provvedimento formale, la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (Sez. 7, ord. n. 9466 del 25/11/2014 (dep.2015 ), COGNOME, Rv. 262670 – 01; Sez. 7, ord. n. 43589 del 29/10/2024, COGNOME).
1.3 Alla luce dei principi giurisprudenziali di riferimento, pertanto, le valutazion della Corte territoriale si sottraggono alle censure difensive di violazione di legge sostanziale, risultando il termine di prescrizione spirato, considerati i periodi d sospensione intervenuti ( dal 3/3/2020 all’il maggio 2020 e dal 12/6/2020 al 26/4/2021 per disposizioni emergenziali Covid e per la richiesta difensiva di riunione ad altro procedimento), il 14/7/2024, in epoca successiva, quindi, alla sentenza impugnata.
Venendo al secondo motivo d’impugnazione, va osservato che la durata della pena accessoria per cui si denuncia il vizio motivazionale è assai più prossima al minimo che alla media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo.
L’obbligo di motivazione, mutuando i principi enunciati da questa Corte in tema di pena principale, può quindi ritenersi assolto anche mediante la sola utilizzazione del termine “adeguata”, come avvenuto nella sentenza impugnata.
L’ inammissibilità del ricorso impone di ritenere non rilevante a fini di prescrizione il decorso del tempo successivo all’adozione della decisione impugnata, in conformità all’orientamento di legittimità che riconoscere anche la manifesta infondatezza dei motivi come causa originaria di inammissibilità, tale da impedire la valida instaurazione della ulteriore fase di impugnazione ( Sez. U. n. 23428 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231164 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare, considerati i profili di inammissibilità ravvisati, in euro tremila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 5/2/2025