Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13134 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13134 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato ad Altamura il 31/03/1966, avverso la sentenza del 01/12/2023 della Corte di appello di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio, per intervenuta prescrizione; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 maggio 2022, il Tribunale di Bari, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, condannava NOME COGNOME alla pena di mesi cinque di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, per aver omesso, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, di versare l’imposta sul valore aggiunto, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo ai periodi di imposta successivi, dovuta per euro 880.091,00 in base alla dichiarazione annuale del 2013 (capo A) e per euro 897.042,00 in base alla dichiarazione annuale del 2014 (capo B), applicando le pene accessorie di legge e riconoscendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con sentenza del 01/12/2023, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo A), rideterminando la pena di mesi quattro di reclusione e confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, NOME COGNOME tramite il difensore,
ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea applicazione dell’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 sulla dedotta incompetenza per territorio del Tribunale di Bari in favore del Tribunale di Roma.
In sintesi, il ricorrente si duole della circostanza che i giudici di merito hanno ritenuto la competenza del Tribunale di Bari, sul presupposto che lì si trovasse la sede effettiva della società. Sostiene invece la difesa che la società RAGIONE_SOCIALE legalmente rappresentata dal ricorrente, avesse sede legale, operativa ed anche domicilio fiscale in Roma, come poteva evincersi dall’esame della istanza di transazione fiscale prodotta, dove erano descritte le commesse appartenenti alla società e dove quest’ultima vanta crediti per appalti pubblici non pagati.
2.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e), cod. proc. pen., mancanza, manifesta illogicità della motivazione ed omesso esame della documentazione prodotta, nonchØ travisamento del contenuto dei documenti della prova ed immotivato rigetto della prova.
In sintesi, lamenta la difesa che la sentenza impugnata imputa le cause di temporanea crisi di liquidità a scelte imprenditoriali e non ritiene raggiunta la prova della forza maggiore e delle dedotte causa dell’immobilizzo economico, ritenendo generiche le indicazioni dei committenti e mancanti i documenti attestanti il contenzioso che aveva aggravato la posizione della società, senza confrontarsi con il concordato ex lege fallimentare e con le cause emergenti dall’esame positivo che l’Agenzia delle Entrate fa della situazione della RAGIONE_SOCIALE, individuando la causa della crisi di liquidità nella congiuntura economica che aveva impedito lo smobilizzo di beni immobili, nonchØ dando atto della solidità della società sotto l’aspetto del cospicuo patrimonio e della pendenza di posizioni creditorie inesigibili alla data del versamento IVA (che, se vendibili, avrebbero fatto superare la crisi, senza necessità di ricorrere ai beni personali), accordando quindi la transazione fiscale e il versamento rateale di tutti i debiti tributari.
Aggiunge il ricorrente che i bilanci di esercizio e l’accordo sindacale dimostravano come la società non pagasse neppure gli stipendi agli operai, sicchŁ non poteva affermarsi che fossero state fatte scelte imprenditoriali errate e che fosse stata preferita la continuità aziendale e pagare gli operai, tanto che il ricorrente aveva adempiuto all’accordo, completando il pagamento dei ratei e portando a zero il pagamento dell’IVA evasa.
2.3 Con il terzo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio manifesto della motivazione in relazione all’applicazione del novellato art. 131-bis riscontrabile dall’esame della ricevuta di pagamento azzerato dell’IVA – travisamento della prova documentale.
La difesa deduce che la cartella esattoriale prodotta non riguarda il versamento IVA 2013-2014 ormai esaurito, ma altro debito fiscale, per cui il versamento totale dell’IVA dovuta e la definizione della vertenza tributaria e della causa che aveva determinato la temporanea crisi di liquidità devono far ritenere il ricorrente meritevole dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., fruibile in assenza delle condizioni per avvalersi dell’agevolazione prevista dall’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000.
E’ pervenuta memoria contenente motivi nuovi dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, con la quale, fermi restando i motivi di ricorso, si ribadisce, con riferimento al secondo motivo del ricorso principale, la doglianza relativa all’omesso esame dei motivi di appello relativi alla transazione fiscale (che prevedeva l’estinzione di tutti i debiti tributari della RAGIONE_SOCIALE con il versamento mensile di 97.000,00 euro), al concordato sindacale e ai bilanci, con riferimento
all’omessa valutazione concreta delle cause che avevano determinato la crisi, con l’impossibilità di versare non solo l’IVA, ma anche le ritenute che non aveva ‘trattenuto’ perchØ non aveva potuto pagare gli operai, avendo subito il blocco di tutti i beni dall’Agenzia delle Entrate, redendo impossibile lo smobilizzo, nonostante permanesse la solidità della società sotto l’aspetto del cospicuo patrimonio e per la pendenza di posizioni creditorie inesigibili. La difesa, nel rilevare che alla data del 05/09/2024 ha estinto l’intero debito tributario, mentre il debito IVA era stato estinto prima del giudizio di appello, richiama la novella normativa di cui all’art. 13, comma 3-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 sulla ipotesi di non punibilità ivi prevista e chiede annullarsi con rinvio la sentenza impugnata.
Con riferimento al terzo motivo del ricorso principale, la difesa, nel ribadire che il pagamento del debito IVA era avvenuto prima della definizione del giudizio di appello, deposita certificazione di eseguito integrale pagamento nei tempi concordati con l’amministrazione finanziaria e richiama la novella normativa di cui all’art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000 sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto in ambito tributario che esplicitamente prevede l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato, chiedendo anche qui l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato, perchØ la competenza territoriale Ł stata esattamente individuata.
Le regole generali per la determinazione della competenza per territorio dei reati tributari sono dettate dall’art. 18 d.lgs. n. 74/2000, secondo cui – fatta eccezione per i c.d. reati in dichiarazione (previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 3, 4, 5 e 7) e fatta eccezione per il reato di cui all’art. 8, comma 2 (reato di emissione di piø fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) – la competenza per territorio per tutti gli altri reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, compreso quindi il reato di cui all’art. 10ter , si determina a norma dell’art. 8 cod. proc. pen. ed appartiene al giudice competente con riferimento al luogo in cui il reato Ł stato consumato. Solo qualora non sia possibile determinare la competenza sulla base di tale ultima disposizione, Ł competente il giudice del luogo di accertamento del reato.
Il reato di omesso versamento dell’IVA si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il pagamento, sicchØ il luogo di consumazione del reato coincide con quello in cui si compie, alla scadenza del termine previsto, l’omissione del versamento imposto dal precetto normativo e, dunque, trattandosi di condotta omissiva, con quello in cui si sarebbe dovuta compiere l’azione doverosa, vale a dire il versamento all’Erario dell’imposta.
Due orientamenti di legittimità si contendono il campo sulla precisa individuazione del locus commissi delicti . Secondo il primo, l’omissione del versamento del tributo ex art. 8 cod. proc. pen. deve ritenersi coincidente con il luogo ove si trova la sede effettiva dell’azienda, nel senso di centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione dell’impresa, coincidente o meno con la sede legale, dovendo aversi riguardo al principio di effettività e potendosi ricorrere al criterio suppletivo previsto dall’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000 del luogo di accertamento del fatto, soltanto qualora non sia possibile determinare il luogo di consumazione del reato (Sez. 3, n. 13610 del 14/02/2019, Rv. 275901; Sez. 3, n. 23784 del 16/12/2016, dep. 2017, Rv. 269983; Sez. 3, n. 27701 del 01/04/2014, Rv.260110; Sez. 3, n. 20504 del 19/02/2014, 259783). Altro maggioritario e prevalente orientamento (così, Sez. 3, n. 23928 del 30/01/2024, Biscu) ritiene, invece, che, essendo impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, siccome il
versamento del tributo può essere effettuato presso qualsiasi concessionario o intermediario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell’accertamento del reato, indicato dall’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall’art. 9 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 32280 del 16/05/2024, Prisco, Rv. 286710; Sez. 3, n. 23928 del 30/01/2024, Biscu, Rv. 286549; Sez. 3, n. 23535 del 22/03/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278597; Sez. 3, 17060 del 10/01/2019, Rv. 275942).
In ogni caso, nella vicenda in esame, l’adesione ad uno o ad altro degli orientamenti richiamati non muta il luogo di competenza territoriale, dal momento che, in base ad accertamenti di fatto non manifestamente illogici e, dunque, non contestabili in questa sede, i giudici di merito hanno individuato in territorio pugliese la sede effettiva dell’impresa, ed anche l’accertamento era stato opera di funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Bari, cosicchŁ la competenza territoriale Ł stata correttamente radicata presso il Tribunale di Bari che ha proceduto.
2. Il secondo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Sostiene la difesa ricorrere l’esimente della crisi di liquidità, determinata dalla congiuntura economica che aveva impedito lo smobilizzo di beni immobili, tanto che la transazione fiscale intercorsa con l’Agenzia delle entrate, nel prevedere il versamento rateale di tutti i debiti tributari, aveva dato atto della solidità patrimoniale della società e della pendenza di posizioni creditorie inesigibili alla data del versamento IVA (che, se vendibili, avrebbero fatto superare la crisi, senza necessità di ricorrere ai beni personali).
2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di reato di omesso versamento dell’IVA, la colpevolezza del contribuente non Ł esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l’omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell’IVA per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo (Sez. 3, n. 23796 del 29/05/2019, Rv. 275967).
Dunque, sotto il profilo psicologico, secondo la giurisprudenza, nel reato di omesso versamento di Iva (art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000) ai fini dell’esclusione della colpevolezza Ł irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo (Sez. 3, n. 2614 del 21/01/2014, Rv. 258595).
Nella fattispecie, diversamente da quanto rappresentato in ricorso, la Corte territoriale, a fronte degli argomenti offerti nell’atto di appello, ha, senza vizi logici, escluso che l’imputato avesse dimostrato che la situazione di difficoltà economica non fosse a lui imputabile e che non potesse essere fronteggiata con misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, evidenziando a) l’assoluta genericità dei committenti, i cui ritardi nei pagamenti avrebbero determinato la crisi di liquidità, non avendo la difesa indicato il nome di alcuno dei debitori; b) la genericità della menzione di una sentenza di condanna della società al pagamento di tre milioni di euro, non essendo stata indicata neppure la data della decisione di condanna; c) la circostanza che il provvedimento di accoglimento della transazione fiscale ascriveva la situazione di illiquidità ad una serie di concause nel contesto delle quali i ritardi nei pagamenti degli appalti pubblici assumevano rilievo solo secondario, mentre assumevano importanza operazioni di investimento con le quali era stata acquisita la proprietà di un cospicuo numero di immobili da destinare all’attività edificatoria unitamente all’accollo di posizioni debitorie ed alla cancellazione di posizioni creditorie, concludendo nel senso che la causa della crisi di liquidità era da ravvisare in improvvide scelte imprenditoriali
assunte accettando l’evento della mancanza di liquidità e, quindi, del possibile inadempimento dei debiti tributari.
L’affermazione dei giudici di secondo grado Ł conforme agli insegnamenti di questa Corte, secondo i quali, in tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263128).
Per escludere la volontarietà della condotta Ł, dunque, necessaria la dimostrazione della riconducibilità dell’inadempimento alla obbligazione verso l’Erario a fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 263128; conf. Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, COGNOME; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, COGNOME, Rv. 258055; Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014), posto che, altrimenti, la crisi di liquidità costituisce elemento che rientra nell’ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione fiscale contratta con l’erario (v., ex multis, Sez. 3, n. 5804 del 08/01/2025, Novelli, n.m.; Sez. 3, n. 2613 del 02/12/2022, dep. 2023, Consoli, n.m.; Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, COGNOME, Rv. 276546, non massimata sul punto).
Nel caso in esame, deve allora escludersi la forza maggiore, posto che la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria aveva avuto la sua origine in una precisa scelta di politica imprenditoriale finalizzata all’acquisizione di immobili da edificare.
2.2 NØ la situazione così descritta può essere diversamente considerata alla luce delle modifiche normative introdotte dal d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 (‘Revisione del sistema sanzionatorio tributario, ai sensi dell’articolo 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111’), il quale ha modificato l’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000 mediante l’inserimento di un comma 3-bis, secondo cui «i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi», giacchØ, in tutta evidenza, non sussistono nel caso di specie i presupposti affinchØ possa dedursi una crisi di liquidità quale causa di non punibilità dovuta alle cause normativamente indicate.
3. Il terzo motivo di ricorso Ł inammissibile perchØ aspecifico.
La difesa deduce l’avvenuto travisamento della prova documentale costituita dalla ricevuta che dimostra l’avvenuto totale pagamento dell’IVA dovuta e produce in allegato alla nota contenente motivi nuovi certificazione di eseguito integrale pagamento nei tempi concordati con l’amministrazione finanziaria, con definizione della vertenza tributaria, tali da far ritenere il ricorrente meritevole dell’applicazione del novellato art. 131-bis cod. pen., fruibile in assenza delle condizioni per avvalersi dell’agevolazione prevista dall’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000.
Va ricordato, al riguardo, che, nel giudizio di legittimità, non Ł consentita l’acquisizione di documenti attinenti al merito sul rilievo che la Corte di cassazione non deve mai procedere ad un esame degli atti, ma solo alla valutazione circa la esistenza della motivazione e della sua logicità, non essendo riprodotta nel codice di rito attuale la disposizione che, nell’art. 533 di quello abrogato, riconosceva ai difensori tale facoltà (Sez. 5. n. 45139 del 23/04/2013, Rv. 257541; Sez. 3, n. 8996
del 10/02/2011, Rv. 249614; Sez. 5, n. 25897 del 15/05/2009, COGNOME, Rv. 243902) eccezion fatta dei documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio e dai quali può derivare l’applicazione dello ‘ius superveniens, di cause estintive o di disposizioni piø favorevoli (Sez. 3, n. 38216 del 18/05/2017, Bruno, n.m.; Sez. 3, n. 27417 del 01/04/2014, C., Rv. 259188; Sez. 5, n. 10382 del 09/06/1999, COGNOME, Rv. 214298).
Nella specie, la produzione documentale, che sarebbe inammissibile nella parte in cui attiene al merito, Ł invece ammissibile nella parte in cui deduce l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis come disciplinato nell’art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000 alla luce delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), d.lgs. n. 87 del 2024, a decorrere dal 29/06/2024.
In proposito, la Corte territoriale, dopo aver precisato che l’accordo di ristrutturazione con l’Agenzia delle entrate prevedesse un pagamento rateale sino al settembre 2024, residuando un debito tributario di 2.699.080,66 euro alla data del 25/01/2023, ha ritenuto insussistente l’indicecriterio della speciale tenuità del fatto, in ragione della entità della violazione (sensibile scostamento dal valore soglia di 250.000,00 euro) e della intensità del dolo (essendo stata reiterata la condotta), precisando come le condotte post delictum non potessero di per sØ sole rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto, ma potessero essere solo valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa in cui resta centrale il momento di commissione del fatto.
La difesa ha ribadito l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. alla luce del sopravvenuto art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3, d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, secondo cui, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., il giudice deve valutare, in modo prevalente, uno o piø dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto dal comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al d.lgs. n. 14 del 2019.
Ebbene, nel caso di specie, il documento prodotto in allegato ai motivi nuovi, vale a dire l’attestazione dell’Agenzia delle entrate di regolare versamento di tutte le rate previste dal piano di ammortamento, con il quale la difesa sostiene di aver estinto il debito tributario, difetta di specificità perchØ non contiene indicazioni o allegazioni che ricolleghino detta attestazione alla vicenda contestata nel presente procedimento, vale a dire al mancato pagamento del debito IVA per l’anno di imposta 2014, tanto piø che non sono stati prodotti gli allegati alla nota dell’Agenzia delle entrate che avrebbero chiarito nel dettaglio e con immediata evidenza i debiti tributari compresi nel piano di ammortamento di cui si attesta l’avvenuto versamento dei pagamenti previsti. Non essendo quindi valutabili gli indici costituiti dall’avvenuto adempimento integrale del debito tributario e dall’entità eventuale del debito tributario residuo, la doglianza deve reputarsi inammissibile.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME NOME