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Omesso versamento IVA: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per omesso versamento IVA, stabilendo un principio fondamentale: il reato è di natura ‘formale’. Ciò significa che l’imposta dovuta, ai fini della responsabilità penale, è quella indicata nel saldo finale della dichiarazione annuale (rigo VL38), e non quella desumibile da calcoli sostanziali o da singoli campi del modello. Nel caso specifico, il debito dichiarato era di solo 1 euro, ben al di sotto della soglia di punibilità di 250.000 euro, rendendo il fatto non sussistente.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Diritto Tributario, Giurisprudenza Penale

Omesso Versamento IVA: Perché Conta Solo la Dichiarazione? La Cassazione Annulla Condanna

L’omesso versamento IVA rappresenta una delle fattispecie di reato tributario più comuni, ma la sua corretta interpretazione è cruciale per distinguere una violazione amministrativa da un illecito penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27632 del 2025, ha ribadito con forza un principio cardine: questo reato è ‘formale’ e si basa esclusivamente su quanto emerge dal saldo finale della dichiarazione annuale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, legale rappresentante di una S.r.l., era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Piacenza per il reato previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era quella di aver omesso il versamento di IVA per l’anno 2018 per un importo di oltre 275.000 euro, superando così la soglia di punibilità fissata per legge a 250.000 euro.

Il Tribunale aveva fondato la sua decisione individuando un’IVA dovuta di circa 320.000 euro, basandosi principalmente su un importo indicato nel rigo VL30 della dichiarazione. Secondo i giudici di merito, questo dato era in palese contraddizione con quanto poi riportato nel rigo VL32 (IVA a debito), che indicava un importo irrisorio di solo 1 euro.

Il Ricorso in Cassazione e la Natura Formale del Reato di Omesso Versamento IVA

L’imprenditore ha proposto ricorso ‘per saltum’ direttamente in Cassazione, lamentando una violazione di legge. La difesa ha sostenuto una tesi chiara: il reato di omesso versamento IVA è un reato ‘dichiarativo’. Questo significa che la condotta penalmente rilevante non è il mancato pagamento dell’imposta ‘effettivamente’ dovuta in base alle operazioni commerciali, ma il mancato versamento dell’imposta così come ‘dichiarata’ dal contribuente nel modello annuale.

Nello specifico, il ricorrente ha evidenziato che l’importo di 1 euro indicato nel rigo VL32 (e, di conseguenza, nel saldo finale VL38) era il risultato matematicamente corretto, secondo le istruzioni ministeriali, della differenza tra i debiti (rigo VL3 e altri) e la totalità dei crediti (inclusi quelli del rigo VL30). Il Tribunale, invece, aveva isolato il dato del rigo VL30 considerandolo come debito puro, commettendo un errore di interpretazione formale della dichiarazione stessa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi difensiva, definendo il ricorso ‘fondato’. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato nella loro giurisprudenza: il reato di cui all’art. 10-ter è un reato dichiarativo, dove l’imposta dovuta è quella che risulta dalla dichiarazione annuale, e non quella emergente dalle scritture contabili o da un accertamento sostanziale.

Il giudice penale, in questo contesto, non può sostituirsi all’amministrazione finanziaria per ricalcolare l’imposta. Il suo compito è verificare la coerenza formale della dichiarazione. Se dalla dichiarazione, letta nel suo complesso e seguendo le istruzioni per la sua compilazione, emerge un debito IVA inferiore alla soglia di 250.000 euro, il reato non sussiste. Eventuali falsità o difformità sostanziali possono integrare altri reati (es. dichiarazione fraudolenta), ma non quello di omesso versamento.

Nel caso in esame, la Corte ha rilevato che il Tribunale era caduto in errore. Sottraendo correttamente l’importo dei crediti (indicato nel sottocampo 1 del rigo VL30) dal debito (indicato nel rigo VL3), si otteneva effettivamente un’IVA a debito di 1 euro, come dichiarato dall’imputato. Non vi era quindi alcuna contraddizione interna al modello. Di conseguenza, mancava l’elemento oggettivo del reato: un debito dichiarato e non versato superiore alla soglia di legge.

Conclusioni

Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, ‘perché il fatto non sussiste’. Questa pronuncia è di estrema importanza pratica: essa conferma che per il reato di omesso versamento IVA, l’unico dato rilevante è il saldo finale che il contribuente indica nella propria dichiarazione (rigo VL38). Il giudice penale deve attenersi a una verifica formale di tale dichiarazione, senza poter entrare nel merito del debito effettivo. Un principio che garantisce certezza del diritto e circoscrive chiaramente il perimetro dell’illecito penale rispetto a quello meramente tributario.

Qual è l’importo di IVA rilevante per configurare il reato di omesso versamento?
L’importo rilevante è esclusivamente quello che risulta come debito finale nella dichiarazione annuale IVA (specificamente nel rigo VL38), a condizione che superi la soglia di 250.000 euro per periodo d’imposta.

Il giudice penale può ricalcolare l’IVA dovuta se sospetta che la dichiarazione sia errata?
No, per il reato di omesso versamento IVA (art. 10-ter d.lgs. 74/2000), il giudice non può effettuare un accertamento sostanziale del debito. Deve basarsi su quanto dichiarato dal contribuente, limitandosi a una verifica della coerenza formale del documento.

Cosa succede se l’importo finale dichiarato è inferiore alla soglia penale, ma un’analisi contabile mostrerebbe un debito superiore?
Se l’importo indicato nel saldo finale della dichiarazione IVA è inferiore alla soglia di punibilità, il reato di omesso versamento non sussiste. Eventuali irregolarità contabili o dichiarative potrebbero configurare altri tipi di reato (come la dichiarazione infedele o fraudolenta), ma non quello specifico di omesso versamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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