Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22086 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME COGNOME nato a Cerignola il 23/03/1988 avverso l’ordinanza del 02/10/2024 dei Tribunale di Foggia · visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che l’ordinanza impugnata sia annullata senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 ottobre 2024, il Tribunale di Foggia ha confermato il decreto emesso in data 21 agosto 2024, con il quale il Gip del Tribunale di Foggia ha disposto il sequestro preventivo per equivalente, delle somme costituenti profitto del reato di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nei confronti di NOME NOME COGNOME per fino all’ammontare di euro 3.927.604,00.
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Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’indagato, denunciando, con un unico motivo di doglianza, la violazione dell’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e il vizio di motivazione. Si afferma che, consistendo la condotta tipica del reato di cui all’art. 10-ter richiamato nella produzione di una dichiarazione, ai fini dell’accertamento dell’imposta evasa, deve essere considerato il contenuto di tale dichiarazione, e in particolare, nel caso del modello IVA, deve tenersi conto esclusivamente dell’indicazione formale espressa dalla voce VL 38, che indica l’imposta complessiva dovuta. Il Tribunale, invece – secondo la prospettazione difensiva – ha operato un calcolo di natura non meramente formale, bensì sostanziale, basandosi non soltanto su tale voce, ma traendo l’ammontare dell’imposta anche da altre voci della dichiarazione medesima, ricavandone il superamento della soglia di punibilità prevista dal reato in questione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo formulato in modo non specifico.
1.1. Merita ricordare che, ai fini dell’integrazione del reato di omesso versamento dell’IVA, di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, l’imposta dovuta è quella risultante dalla dichiarazione annuale del contribuente, come indicata nel rigo VL38, e non quella effettiva desumibile dalle annotazioni .contabili, potendo il giudice prescindere da tale importo solo se esso non sia giustificato dall’esame formale della stessa dichiarazione (Sez. 3, n. 31367, 21 aprile 2021, Rv. 282211). Il principio risponde correttamente, come rilevato dal Tribunale, al caso in cui la falsità della dichiarazione potesse essere dedotta dall’esame del rigo VL 38.
1.2. Tali considerazioni non attengono tuttavia al caso di specie, in cui la contestazione provvisoria, contenuta nel decreto di sequestro preventivo, atteneva al rigo VL 41, da cui emergeva un’imposta evasa per euro 352.665,00, superiore a quella prevista dalla soglia di punibilità di cui all’art. 10-ter. Il giudice del merito si è limitato a rispondere alle censure difensive, introdotte con l’atto di riesame, con cui il difensore ha riportato, in via del tutto astratta, l giurisprudenza che, in quella specifica ipotesi, prendeva in considerazione il rigo VL 38. Tuttavia, corrente avrebbe dovuto spiegare per quale ragione, nel caso in esame, si sarebbe dovuta prendere in considerazione tale indicazione, anziché quella considerata all’interno del rigo VL 41. La prospettazione difensiva è,
dunque, GLYPH
insufficiente,
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perché GLYPH
prescinde GLYPH
dall’analisi
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critica
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dell’effettiva consistenza del compendio indiziario
2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato
che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 18/02/2024