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Omesso versamento contributi: UNIEMENS è prova legale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un datore di lavoro condannato per omesso versamento contributi. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la dichiarazione UNIEMENS, basata sui dati forniti dallo stesso contribuente, costituisce piena prova dell’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, anche se un singolo lavoratore contesta il pagamento. Il ricorso è stato giudicato infondato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omesso Versamento Contributi: La Cassazione Conferma il Valore Probatorio dell’UNIEMENS

Il tema dell’omesso versamento contributi è una questione di cruciale importanza nel diritto del lavoro e penale, con conseguenze significative per i datori di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo al valore probatorio delle dichiarazioni UNIEMENS, consolidando un orientamento giurisprudenziale che offre poche vie di scampo a chi non rispetta gli obblighi contributivi. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il Caso: Condanna per Mancato Pagamento dei Contributi

Un datore di lavoro è stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali dovute per i propri dipendenti. L’importo contestato era significativo, ammontando a circa 46.000 euro, per un periodo compreso tra dicembre 2017 e novembre 2018.

La condanna si basava principalmente sui dati risultanti dalle dichiarazioni UNIEMENS trasmesse dallo stesso datore di lavoro all’INPS. Questi flussi telematici mensili, che contengono i dettagli delle retribuzioni e dei contributi, sono stati considerati dai giudici di merito come prova sufficiente dell’avvenuto pagamento degli stipendi e, di conseguenza, dell’obbligo di versare le relative ritenute.

La Difesa del Datore di Lavoro: L’UNIEMENS è Contestabile?

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. La sua tesi difensiva si fondava su un punto specifico: il valore probatorio attribuito alla dichiarazione UNIEMENS sarebbe eccessivo e non conforme alla normativa. A sostegno di ciò, il ricorrente ha evidenziato che uno dei suoi dipendenti aveva avviato una causa sindacale, dichiarando di non aver ricevuto il pagamento dello stipendio.

Secondo la difesa, questa circostanza avrebbe dovuto incrinare la certezza probatoria del modello UNIEMENS, dimostrando che i dati in esso contenuti non erano necessariamente veritieri e non potevano costituire, da soli, la base per una condanna penale.

L’orientamento della Cassazione sull’omesso versamento contributi

La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la censura del ricorrente non si confrontava adeguatamente con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia. Questo orientamento stabilisce che i modelli di denuncia contributiva (come i vecchi DM 10 e gli attuali flussi UNIEMENS) costituiscono piena prova della corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa della dichiarazione UNIEMENS. Sebbene generata tramite il sistema informatico dell’INPS, essa è formata esclusivamente sulla base dei dati forniti dal datore di lavoro stesso, ovvero il contribuente. Si tratta, in sostanza, di una dichiarazione proveniente dalla parte obbligata al versamento. Pertanto, essa assume un valore confessorio riguardo all’avvenuto pagamento degli stipendi. La Corte ha precisato che la circostanza che un singolo lavoratore non sia stato pagato e abbia avviato un contenzioso non è sufficiente a inficiare la correttezza generale della certificazione UNIEMENS per tutti gli altri dipendenti. Non si può presumere automaticamente che, a causa di una singola anomalia, l’intera dichiarazione aziendale sia falsa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Datori di Lavoro

L’ordinanza riafferma un principio di grande importanza pratica: il datore di lavoro che compila e invia le dichiarazioni UNIEMENS sta, di fatto, attestando di aver pagato gli stipendi indicati. Questo atto lo vincola e fa sorgere l’obbligo incondizionato di versare le relative ritenute previdenziali. Contestare in sede penale la veridicità di tali dichiarazioni diventa estremamente difficile, se non impossibile, senza prove concrete e generalizzate che dimostrino un errore o una falsità sistematica. La decisione della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’omesso versamento contributi.

La dichiarazione UNIEMENS inviata all’INPS costituisce piena prova del pagamento degli stipendi ai lavoratori?
Sì, secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, i modelli UNIEMENS (precedentemente DM 10) sono valutati come piena prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni, poiché sono formati sulla base dei dati forniti dallo stesso datore di lavoro.

Se un lavoratore dichiara di non essere stato pagato, questo invalida la dichiarazione UNIEMENS?
No, la circostanza che un singolo lavoratore non sia stato pagato e abbia avviato una causa non comporta automaticamente che la certificazione UNIEMENS contenga dati non corretti. La validità probatoria del documento per gli altri lavoratori rimane intatta, salvo prova contraria.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per questo tipo di reato?
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dal giudice (in questo caso, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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