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Omesso versamento contributi: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’omesso versamento contributi previdenziali. La Corte ha ritenuto la condotta abituale e il danno significativo, escludendo così la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e le attenuanti.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omesso versamento contributi: la condotta abituale esclude la non punibilità

L’omesso versamento contributi previdenziali e assistenziali è un reato che può avere serie conseguenze per l’imprenditore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali, chiarendo perché, anche in presenza di una crisi di liquidità, la ripetizione della condotta omissiva impedisca di beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imprenditore condannato per non aver versato le ritenute previdenziali e assistenziali dovute sulle retribuzioni dei suoi dipendenti per due anni consecutivi, il 2016 e il 2017. La Corte d’Appello di Trieste aveva confermato la condanna, portando l’imputato a presentare ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imprenditore ha basato il suo ricorso su tre motivi principali:
1. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Sosteneva di aver diritto alla causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, data la lieve entità dello scostamento dalla soglia di punibilità e il successivo pagamento, dimostrato dall’ottenimento del DURC.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante: Chiedeva l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. (riparazione del danno), negata in appello.
3. Eccessività della pena: Riteneva la pena di 4 mesi di reclusione e 1.600 euro di multa sproporzionata.

L’omesso versamento contributi e l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. L’analisi dei giudici si è concentrata sul concetto di “abitualità della condotta”, ritenuto decisivo per escludere i benefici invocati dall’imputato.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e rigorosa. In primo luogo, ha sottolineato che la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. non poteva essere applicata a causa dell’abitualità della condotta. Lo stesso imputato aveva ammesso di aver omesso i versamenti per far fronte a una crisi di liquidità e poter pagare gli stipendi. Questa scelta, ripetuta per due anni, è stata interpretata non come un episodio isolato, ma come una condotta sistematica che prevale sul lieve superamento della soglia di punibilità e sul tardivo pagamento.

In secondo luogo, riguardo all’attenuante, i giudici hanno evidenziato che l’evasione contributiva era stata significativa (oltre 12.000 euro per il 2016 e quasi 11.000 per il 2017). Tale importo ha causato un danno “non modico” e “non certamente trascurabile” all’ente previdenziale, giustificando il diniego dell’attenuante.

Infine, la pena è stata considerata congrua. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello completa, avendo tenuto conto di tutti gli elementi del caso, incluso l’aumento della pena dovuto alla recidiva (art. 99, quarto comma, c.p.).

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la crisi di liquidità aziendale non costituisce una valida scusante per l’omesso versamento contributi. Anzi, la scelta deliberata di privilegiare il pagamento degli stipendi rispetto agli obblighi contributivi, se protratta nel tempo, qualifica la condotta come “abituale”, precludendo l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Per gli imprenditori, questa decisione rappresenta un monito a gestire con la massima attenzione gli adempimenti previdenziali, poiché la loro omissione sistematica viene severamente sanzionata, anche a fronte di un successivo ravvedimento.

Perché è stata negata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha ritenuto che la condotta dell’imprenditore fosse abituale, poiché l’omissione dei versamenti si è protratta per due anni consecutivi. L’abitualità è una condizione che esclude l’applicazione di questo beneficio.

La crisi di liquidità può giustificare l’omesso versamento dei contributi?
No. Secondo questa decisione, la crisi di liquidità e la scelta di pagare gli stipendi anziché i contributi non giustificano il reato, ma anzi confermano la natura deliberata e sistematica della condotta illecita.

Il successivo pagamento dei contributi è servito a ottenere uno sconto di pena?
No. Sebbene il pagamento sia avvenuto (come dimostrato dal DURC), la Corte ha considerato prevalente il carattere abituale della condotta e la significatività del danno economico causato all’ente previdenziale, negando sia la non punibilità sia l’applicazione di attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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