Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18808 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18808 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 06/11/1959
avverso la sentenza del 30/04/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30/04/2024, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Palermo in data 29/06/2023, confermata l’affermazione di responsabilità di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1 bis, dl 463/1983 conv. in legge 638/83- perché quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ometteva di versare all’INPS di Palermo le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti negli anni 2014 (dicembre 2014), 2015 (da gennaio 2015 a dicembre 2015) e 2016 (da gennaio 2016 ad ottobre 2016) , dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto in ordine alle condotte contestate fino al 30.07.2016 per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per le residue condotte in mesi due di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 2, commi 1 e 1 bis, d.l. 463/1983 conv. in legge 638/83, 125 e 530 cod.proc.pen.
Lamenta che la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria con motivazione apparente utilizzando una mera formula di stile e che era rimasta silente in ordine al secondo motivo di appello, con il quale si era dedotto e comprovato attraverso deposito di specifica documentazione che l’omesso pagamento dei contributi era stato determinato dalla crisi di liquidità dell’azienda.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve anzitutto rilevarsi che, per quanto emerge dagli atti, i residui reati contestati, relativi all’anno 2016 (da agosto 2016 ad ottobre 2016) sono estinti per intervenuta prescrizione.
Va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali, ai fini del computo della prescrizione per i fatti pregressi alla modifica introdotta dall’art. 3, comma 6 , del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, la normativa più favorevole, ai sensi dell’articolo 2, comma quarto, cod. pen., va individuata, nel caso in cui non sia stata superata la soglia di punibilità di 10.000 euro annui, nella nuova previsione normativa, mentre nell’ipotesi di superamento di detta soglia, nella normativa previgente,
secondo la quale il momento consumativo del reato coincideva con la scadenza del termine previsto per ogni versamento mensile, ovvero con il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi (Sez.3,n.47902 del 18/07/2017,Rv.271446 Sez. 3, n. 37232 del 11/5/2016, COGNOME, Rv. 268308).
E’ sufficiente osservare che risulta maturata la prescrizione per la mensilità più recente (ottobre 2016) il 16.8.2024 (tenuto conto che il reato si consuma il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi, del periodo di sospensione di tre mesi di cui all’art. 2, comma 1 quater del d.l. n. 463/1983 e del termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei).
Per procedere all’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 1, peraltro, deve considerarsi l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione, anche d’ufficio ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen, solo il ricorso idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione, vale a dire non affetto da inammissibilità (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, COGNOME; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, COGNOME; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, COGNOME; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, COGNOME).
Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che il motivo di ricorso non risulta manifestamente infondato.
Nonostante specifico motivo di appello, con il quale il COGNOME deduceva che la società della quale era legale rappresentante versava in crisi di liquidità, non riferibile al predetto, e che egli aveva fronteggiato tale crisi attraverso idonee misure come da documentazione allegata all’atto di appello, la Corte di appello rimaneva silente su tale questione.
Il Giudice di appello, nella ipotesi in cui l’imputato, con precise considerazioni, svolga specifiche censure su uno o più punti della pronuncia di primo grado, non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle singole doglianze prospettate. In caso contrario, viene meno la funzione del doppio grado di giurisdizione ed è privo di ogni concreto contenuto il secondo controllo giurisdizionale (cfr. Sez.3, n.24252 del 13/05/2010, Rv.247287).
3.La non manifesta infondatezza della doglianza del ricorrente conduce, quindi, essendosi instaurato validamente il presente grado giurisdizionale, e non emergendo dal testo del provvedimento impugnato elementi che possano giustificare l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (cfr Sez.6,n.48461 del 28/11/2013,Rv.258169; Sez.6,n.27944 del 12/06/2008, Rv.240955), alla dichiarazione, ex art. 129 comma 1, cod. proc. pen., della estinzione del reato contestato per maturata prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i residui reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso il 08/04/2025