Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29533 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Ploaghe il 06/04/1966, avverso la sentenza in data 27/06/2024 della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
letta per l’imputato la memoria dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 27 giugno 2024 la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in parziale riforma della sentenza in data 29 settembre 2023 del Tribunale di Sassari, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali con riferimento al periodo maggio-novembre 2015 perchØ estinto per prescrizione e ha rideterminato la pena per la residua parte.
Il ricorrente eccepisce la violazione di legge per l’omessa notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS (primo motivo) e per l’erroneo computo della prescrizione (secondo motivo), il vizio di motivazione con riferimento all’effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti del periodo in contestazione (terzo motivo) e per il travisamento della prova (quarto motivo).
3. Il ricorso Ł manifestamente infondato.
GLYPHIl primo motivo, con il quale si lamenta l’omessa notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS, Ł inconsistente, in quanto la diffida ad adempiere venne inviata all’indirizzo del ricorrente, che, all’epoca, era altresì il liquidatore della società, e la notifica si perfezionò con la compiuta giacenza. Ciò nondimeno con ordinanza del 10 marzo 2022 il Tribunale ha rimesso in termini l’imputato per il versamento dei contributi previdenziali nel termine di tre mesi, ma questi non vi ha provveduto, per cui non ha potuto godere della condizione di non punibilità.
Il terzo e il quarto motivo sono inammissibili, perchØ oltre a riproporre le medesime doglianze già motivatamente respinte dalla sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione del merito, sulla base di una lettura alternativa degli elementi di fatto, sono manifestamente infondati. La sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio di diritto secondo cui, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro, i modelli DM 10, formati secondo il sistema informatico RAGIONE_SOCIALE, possono essere valutati come piena prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni, trattandosi di dichiarazioni che, seppure generate dal sistema informatico dell’INPS, sono formate esclusivamente sulla base dei dati risultanti dalle denunce individuali e dalla denuncia aziendale fornite dallo stesso contribuente (tra le piø recenti, Sez. 3, n. 28672 del 24/09/2020, COGNOME, Rv. 280089 – 01). Quanto al preteso accollo dei debiti da parte della società cessionaria del ramo di azienda, la sentenza ha evidenziato l’accollo delle retribuzioni e degli obblighi dichiarativi non Ł stato dimostrato neppure mediante produzioni documentali.
Il secondo motivo, concernente la prescrizione, Ł manifestamente infondato. In esito alla dichiarazione di prescrizione da parte della Corte territoriale, Ł residuata a carico dell’imputato la parte di condotta che va dal dicembre 2015 al novembre 2016. L’obbligo di versamento contributivo per il dicembre 2015 va assolto il 16 gennaio 2016, mentre ai fini della decorrenza del termine di prescrizione devono computarsi ulteriori tre mesi che Ł il termine di sospensione o moratoria previsto dall’articolo 2, comma 1quater , del decretolegge n. 463 del 1983, il quale stabilisce che, durante il termine di cui al precedente comma 1bis, ovvero tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, concessi al datore di lavoro per provvedere al versamento e beneficiare della causa di non punibilità, il corso della prescrizione rimane sospeso. Pertanto, il regime normativo applicabile alla mensilità di dicembre 2015 era quello previsto dal d.lgs. 5 gennaio 2016, n. 8, entrato in vigore il 6 febbraio 2016. Secondo la sentenza COGNOME (Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 268308 – 01), richiamata dalla successiva sentenza a Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 10424 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272163 – 01), il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, previsto dall’art. 2, comma 1bis , d.l. n. 463 del 1983, modificato dall’art. 3, comma sesto, del d. lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità di euro 10.000 annui, si configura come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, ovvero, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo. Nel caso in esame, il termine di prescrizione Ł partito dal 16 dicembre 2016 (ultima mensilità omessa del 16 novembre 2016), a cui devono aggiungersi i tre mesi di moratoria. A tale termine si aggiungono i tre mesi di moratoria nonchØ il termine di prescrizione del reato di sette anni e
mezzo. Pertanto, il termine finale di prescrizione Ł maturato al 16 settembre 2024, in data successiva alla sentenza di secondo grado.
Rileva il Collegio comunque che vi sono ulteriori sospensioni del processo per complessivi 204 giorni, di cui 49 per legittimo impedimento dall’8 aprile 2022 al 27 maggio 2022, 14 per rinvio di cortesia dal 17 maggio al 31 maggio 2023 e 141 per rinvio di cortesia dal 9 giugno 2022 al 28 ottobre 2022.
Il ricorrente ha contestato tale ultima sospensione osservando che il rinvio si era reso necessario per la rinotifica della comunicazione dell’INPS. Tuttavia, il Giudice di primo grado, come si desume chiaramente dal verbale del 9 giugno 2022, già aveva chiarito che il rinvio era di ‘cortesia’, perchØ il reato si era consumato in seguito al mancato versamento dei contributi previdenziali all’INPS, per cui la comunicazione di questa non era una condizione di procedibilità dell’azione ma di non punibilità in caso di pagamento nei tre mesi dal ricevimento. La decisione del Giudice Ł in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Come emerge dal chiaro dato testuale – “il datore di lavoro non Ł punibile”, l’adempimento conseguente alla diffida ex art. 2, comma 1bis costituisce non una condizione di procedibilità – come nel caso, a esempio, previsto dall’art. 20 d.lgs. n. 758 del 1994 in tema di prescrizioni per la regolarizzazione delle violazioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro – ma una causa sopravvenuta di esclusione della punibilità, conseguente all’effettivo e integrale pagamento di quanto dovuto da parte del soggetto obbligato, ossia il datore di lavoro. Pertanto, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, l’eventuale omessa notifica al destinatario di detta diffida ad adempiere Ł irrilevante in ordine alla sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del reato, che si Ł già consumato, con l’inadempimento. L’eventuale omessa notifica della diffida, quindi, incide esclusivamente sulla possibilità, da parte del datore di lavoro, tratto a giudizio per rispondere del reato in esame, di chiedere al tribunale un termine al fine di poter adempiere e, quindi, di beneficiare della causa di non punibilità (tra le piø recenti, Sez. 3, n. 12400 del 19/02/2020, Piredda, non mass.). Nel caso in esame, il ricorrente non ha formulato alcuna specifica richiesta, ma il Giudice, che aveva verificato l’effettiva conoscenza della debitoria, quanto meno per la regolare notifica di tutti gli atti del procedimento penale, ha ritenuto di dare un rinvio per l’appunto di ‘cortesia’ su sollecitazione del difensore.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Così deciso, il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME