Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9381 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9381 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Vico Equense il 08/08/1967
avverso la sentenza del 22/01/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile COGNOME COGNOME, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alle conclusioni e nota spese già depositate; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/01/2024 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata in data 21/06/2022, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di appropriazione indebita aggravata.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., nonchØ travisamento della prova dichiarativa e contraddittorietà della motivazione. Rileva che, quanto alla credibilità di NOME COGNOME, la Corte territoriale ha fatto malgoverno delle massime di esperienza, posto che non Ł verosimile che un commerciante, peraltro in difficoltà economiche, non si renda conto di quanto sottoscrive innanzi ad un notaio, tenuto conto che le due procure autorizzavano l’odierno ricorrente a rappresentarlo nel giudizio davanti alla Corte dei Conti ed a incassare e rilasciare quietanza delle somme che, in caso di vittoria, sarebbero state liquidate, delle quali aveva ceduto il 50%; che, in ogni caso, entrambi i notai escussi hanno riferito in dibattimento che al COGNOME, prima della sottoscrizione, era stata data lettura integrale della procura, seguita da adeguata spiegazione; che le dichiarazioni dei testi NOME COGNOME utilizzate dai giudici di entrambi i giudizi di merito a riscontro del narrato della persona offesa, sono ininfluenti,
atteso che pacificamente i documenti che l’COGNOME ha visto firmare frettolosamente al COGNOME all’interno dell’esercizio commerciale su richiesta del suo legale non sono quelli rilevanti all’interno del presente procedimento, vale a dire le due procure notarili ed il patto di quota lite, trattandosi piuttosto della documentazione di volta in volta richiesta dal Ministero per poter evadere la pratica relativa alla pensione; che anche le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, pure impiegate per confermare quelle del COGNOME, sono irrilevanti, in quanto solo parzialmente riportate dalla Corte di merito, che ha tralasciato altre affermazioni dello stesso teste, dalle quali emerge incontrovertibilmente che il COGNOME era stato ben messo al corrente dal COGNOME in ordine all’apertura del conto corrente (il funzionario della banca, invero, ha riferito che, quando il querelante si recò nel suo ufficio in compagnia dell’Alemagna, chiese subito di visionare gli estratti del conto corrente cointestato con il COGNOME, così come ha chiarito che il COGNOME era a conoscenza anche dei due bonifici effettuati); che, con riferimento ai testi della difesa – segnatamente, due legali che collaboravano con lo studio del COGNOME (l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME e la segretaria di studio all’epoca dei fatti (NOME COGNOME) – la Corte territoriale non solo non ha tenuto conto delle dichiarazioni da essi rese, ma non si Ł preoccupata nemmeno di confutarne la credibilità, nonostante le loro dichiarazioni vertessero su argomenti decisivi della prova, vale a dire la conoscenza nei minimi particolari sia del patto di quota lite, che della circostanza per cui il Ruggero già dall’agosto del 2013 fosse a conoscenza dell’avvenuta liquidazione di parte consistente delle somme di denaro di cui si discute.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 646 cod. pen., nonchØ vizio di motivazione. Osserva che con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti manca il presupposto oggettivo e soggettivo del reato di cui all’art. 646 cod. pen.; che, invero, il COGNOME – avendo affermato di non essere stato a conoscenza del contenuto nØ del patto di quota lite, nØ delle due procure notarili, nØ dei moduli per l’accensione del conto corrente contestato, nØ, infine, dei moduli per il bonifico della somma di euro 150.000 – nella sostanza ha disconosciuto di aver dato incarico professionale al COGNOME di costituirsi nei due giudizi, di averlo autorizzato ad incassare le somme liquidate, di avergli trasferito il possesso o la detenzione delle somme di denaro liquidate dal Ministero della Difesa e riscosse dal medesimo e, piø precisamente, di averlo autorizzato a trattenerne il 50% in virtø di quanto previsto dal patto di quota lite in ordine alla cessione del credito futuro; che, conseguentemente, manca nel caso di specie il presupposto costitutivo del reato di appropriazione indebita; che nemmeno può ipotizzarsi la configurabilità del reato di truffa, tenuto conto che quella di firmare ‘frettolosamente’ i documenti Ł stata una libera scelta, avendo avuto il Ferraro la possibilità di visionare gli atti prima di firmarli, senza tacere che con riferimento alle procure notarili sarebbe arduo configurare i raggiri, a meno di non voler ipotizzare un accordo truffaldino tra il COGNOME ed i due diversi notai. Rileva ancora la difesa che il percorso logico seguito dai giudici di appello risulta altresì contraddittorio i ) laddove per un verso ritiene il COGNOME credibile circa il disconoscimento del patto di quota lite e per altro verso riconosce al COGNOME il credito nei confronti della persona offesa per la prestazione professionale effettuata, proprio in virtø di quella specifica pattuizione e ii ) laddove, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità che esclude la sussistenza del reato qualora il difensore dimostri oltre all’esistenza del credito la sua esigibilità ed il suo preciso ammontare, non tiene conto della circostanza per cui, riconosciuta la validità del patto di quota lite, l’accordo stipulato tra cliente e difensore prevedeva la cessione del 50% del credito futuro dal primo al secondo, autorizzandolo anche ad incassarlo ed a trattenerlo.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 646 cod. pen., con riferimento all’elemento oggettivo e soggettivo del reato, nonchØ contraddittorietà della motivazione. Osserva, innanzitutto che la contestazione al ricorrente
di essersi appropriato della somma di euro 392.912,70 Ł del tutto errata; che, in secondo luogo, della somma di euro 253.966,92 confluita sul conto corrente cointestato mai avrebbe potuto appropriarsi, dal momento che non ne avrebbe potuto disporre liberamente, in considerazione del fatto che per effettuare qualsiasi movimentazione era necessaria la firma congiunta del COGNOME e del COGNOME; che, sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato, le somme fatte confluire sul conto corrente personale del COGNOME in ogni caso, sono inferiori a quella cui il difensore aveva diritto in considerazione del patto di quota lite, che prevedeva la cessione del 50% di quanto liquidato dal Ministero della Difesa; che, inoltre, stante la piena convinzione del ricorrente di aver agito per tutelare il suo credito personale, essendo stato autorizzato a farlo, manca anche l’elemento soggettivo del reato; che in ogni caso deve essere revocata la condanna al risarcimento dei danni, atteso che la somma liquidata in via provvisionale Ł oltremodo esosa con riferimento al solo pretium doloris .
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. Rileva che, errando, il Tribunale ha differito l’esecuzione del dissequestro della somma di euro 41.122,56 al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, pur avendo ritenuto che detta somma fosse stata sequestrata sine titulo ; che, peraltro, in assenza di impugnazione da parte del Pubblico Ministero, detta statuizione Ł passata in giudicato, per cui la Corte territoriale avrebbe dovuto procedere alla immediata restituzione della somma di denaro in discorso, stante anche l’assenza di una richiesta di sequestro conservativo avanzata dalla persona offesa; che, in ogni caso, trattandosi di nullità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, si sollecita questa Corte di legittimità a provvedere all’annullamento della sentenza in parte qua , disponendo l’esecuzione immediata del dissequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato per le ragioni che seguono.
1.1. Coglie nel segno il primo motivo.
Invero, trattando della credibilità della costituita parte civile NOME COGNOME, la Corte territoriale e prima ancora il giudice di prime cure (che pure le ha riportate) hanno del tutto omesso di valutare le dichiarazioni testimoniali rese da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarazioni che assumono particolare significato perchØ relative a punti qualificanti della ricostruzione dell’occorso operata dal COGNOME e sui quali Ł stata fondata la sentenza di condanna e quella di conferma di secondo grado. La costituita parte civile, in particolare, ha riferito di aver sottoscritto il patto di quota lite senza bene comprenderne il significato (oltre a non aver compreso il contenuto delle due procure notarili che conferivano al COGNOME anche il potere di incassare e rilasciare quietanze liberatorie) ed ha affermato di essere venuta a conoscenza dell’accredito delle somme erogate dal Ministero della Difesa nell’agosto 2013 solo nel novembre 2014, in seguito alla ricezione di una missiva da parte del Ministero della difesa.
Dalle dichiarazioni della COGNOME e della COGNOME, per come riassunte nella sentenza di primo grado, emerge che trattasi di due soggetti esercenti la professione legale, che avevano collaborato in diversi periodi con lo studio del COGNOME; che la prima aveva assistito nell’ottobre del 2007 ad una conversazione avvenuta nello studio del COGNOME tra quest’ultimo ed il COGNOME, prodromica alla stipula del patto di quota lite, nel corso della quale quest’ultimo manifestava l’intenzione di intraprendere un giudizio, ma dichiarava di non disporre dei fondi necessari, di talchŁ chiedeva al COGNOME di accettare l’incarico di assisterlo in giudizio, precisando che «dividiamo qualora vinciamo, sennò perdiamo tutti e due» ed accordandosi sulla misura del compenso, indicato nel 50% delle somme liquidate (pag. 12 della sentenza di primo grado); che la COGNOME aveva avuto rapporti diretti con il COGNOME, essendosi occupata negli anni 2013-2014 per conto del COGNOME ed all’interno dello studio legale di questi anche del contenzioso in materia di equa riparazione, per
cui aveva avuto modo di conoscere la pratica del COGNOME; che «era a conoscenza dell’accordo concluso tra il COGNOME e il COGNOME, in base al quale le somme percepite dal primo all’esito del giudizio sarebbero state tra i due egualmente ripartite» (pagg. 12 e 13 della sentenza di primo grado); che sempre la COGNOME «precisava di aver assistito personalmente al momento in cui tale accordo veniva raggiunto, avendo preso parte al colloquio intercorso tra le parti e confermava che, siccome il ricorso per equa riparazione presupponeva un attento esame del giudizio presupposto, proposto dinanzi alla Corte dei Conti, ella aveva avuto modo di esaminare l’intera documentazione contenuta nel fascicolo, comprendente anche un patto di quota lite concluso tra l’avv. COGNOME e il COGNOME» (pag. 13 della sentenza di primo grado), riconosciuto in udienza in quello esibitole.
La sentenza di primo grado riassume anche le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, segretaria di studio del COGNOME dal 2013 al 2020, che ha riferito di esser venuta a conoscenza del patto di quota lite e del suo contenuto agli inizi di agosto 2013, quando il COGNOME si recava allo studio «entusiasta e, rivolgendosi al COGNOME, diceva: ‘NOME sono contentissimo, sono arrivati questi soldi … siccome devono arrivare gli altri, per quanto riguarda gli interessi, quando arriveranno facciamo metà ciascuno’»; che aveva appreso dal COGNOME che dette somme di denaro erano state accreditate sul conto corrente cointestato con il COGNOME; che a metà novembre del 2014 aveva visto in almeno altre due occasioni il COGNOME allo studio; che nel corso del primo incontro aveva assistito ad un colloquio in cui il COGNOME ed il COGNOME stavano regolando alcuni rapporti economici mediante lo scambio di bonifici, le cui ricevute lei stessa aveva provveduto a fotocopiare; che nel corso del secondo incontro, avvenuto a pochi giorni di distanza dal primo, il COGNOME, conversando con il COGNOME, affermava testualmente: «NOME mi fa piacere che andiamo a mangiare tutti quanti insieme» (pag. 13 della sentenza di primo grado); che i rapporti tra i due erano del tutto distesi ed amicali.
Orbene, l’omesso esame delle dichiarazioni sopra sintetizzate con i motivi di appello era stato fatto oggetto di specifica doglianza, rispetto alla quale la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia motivazione, nonostante dette dichiarazioni vertessero su argomenti decisivi della prova, vale a dire la puntuale conoscenza da parte del COGNOME sia del contenuto del patto di quota lite, circostanza questa che potrebbe incidere sulla qualificazione giuridica del fatto, che dell’accredito di parte consistente delle somme di denaro liquidate dal Ministero della Difesa già dall’agosto del 2013.
NØ Ł sostenibile, nel caso di specie, che l’evidente omissione in ordine alla ritenuta irrilevanza o non credibilità di tali dichiarazioni testimoniali possa desumersi dalla complessiva struttura motivazionale delle sentenze di merito, posto che entrambe sono del tutto carenti sul punto, nel senso che gli argomenti sui quali si fonda l’affermazione di responsabilità dell’imputato non consentono di desumere le ragioni per cui il contenuto di tali dichiarazioni, evidentemente favorevole al ricorrente, sia stato ritenuto recessivo rispetto al restante materiale probatorio.
La sentenza impugnata, allora, deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che dovrà valutare l’incidenza delle dichiarazioni dei testi sopra indicati sul quadro probatorio sussistente nei confronti dell’imputato.
1.2. La decisività del primo motivo assorbe le ulteriori censure di cui al secondo e terzo motivo di ricorso.
1.3. Il quarto motivo, invece, Ł inammissibile, perchØ fondato sulla violazione di norma processuale ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che, per il principio di tassatività delle nullità rilevabili di ufficio, non Ł ravvisabile nella lamentata omessa statuizione, in quanto emendabile in sede di esecuzione.
Dunque, la censura proposta facendo valere l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, risulta eccentrica.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla valutazione dei testi a difesa, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile l’istanza di restituzione della somma in sequestro.
Così Ł deciso, 26/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME