Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22227 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22227 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONDCOGNOMENE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art.23 co. 8 d.l. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Napoli era chiamata alla sola rideterminazione della pena nei confronti dell’imputato, in base a quanto stabilito dalla sentenza n.43524 della Sesta Sezione di quest Corte, pronunciata il 17 luglio 2014.
Occorre aggiungere che una precedente sentenza della Corte partenopea, pronunciata a seguito del rinvio appena indicato, era stata annullata da questa Corte con sentenza di questa Sezione n.44319 del 15 giugno 2021 per violazione del diritto di difesa.
A seguito del rinvio, quindi, la Corte procedeva a rideterminare la pena nei confronti NOME COGNOME in quattro anni e dieci mesi di reclusione e C 1.000,00 di multa.
Nella motivazione del provvedimento impugnato si precisava che il perimetro decisorio era costituito dalla necessità di rideterminare la pena in ordine ai reati di cui ai capi 2, 3, 7, 13, 14 e 18 dell’originario capo di imputazione, essendo stati i reati relativi ai capi 4, 5 e 6 per prescrizione. Si precisava inoltre che la scelta sanzionatoria della antecedente pronunci
della Corte territoriale, apparendo pienamente condivisibile, andava confermata integralmente. Confermata l’individuazione del reato più grave nell’estorsione pluriaggravata del capo 7 e riformulati i calcoli, confermando l’esclusione di ogni beneficio per la invocata collaborazione, assenza di elementi concreti di valutazione, la pena veniva determinata nella misura sopra indicata.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato adducendo un unico motivo, basato su due profili, che afferiscono, l’uno, all’inosservanza della legge penale ed in particolare dell’art. 416 b comma 3, 62 bis, 69, 99, 81, 132 e 133 c.p. e, l’altro, alla mancanza, arbitrarietà o manifes incoerenza della motivazione.
Il punto centrale della doglianza contesta l’affermazione (pg.5 della sentenza) secondo cui non vi sarebbero elementi concreti di valutazione della collaborazione. Si sostiene in proposito ch all’appello originario aveva fatto seguito il deposito di una memoria difensiva (che quindi fa pa del fascicolo processuale) con allegati provvedimenti giurisdizionali. Nella memoria si facevano espresse richieste nel senso della mitigazione del trattamento sanzionatorio e si documentava (con la allegazione di citazioni a testimone dell’imputato nella veste di collaboratore di giust il percorso collaborativo dell’imputato, instando per la concessione di tutti i benefici (art.41 1, comma 3, 62 bis, riduzione della pena per continuazione e pena base) con richiesta inoltre di applicazione della continuazione con precedente sentenza emessa nei confronti dell’imputato, divenuta definitiva nella more del primo giudizio di rinvio.
Con memoria inviata per PEC il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto in relazione alla dedotta carenza motivazionale sulle richieste applicazione dell’attenuante speciale della collaborazione nonché di applicazione dell’istitu della continuazione tra i reati oggetto del presente processo e quelli oggetto della sentenz pronunciata nei confronti dell’imputato dalla stessa Corte d’appello di Napoli il 2 maggio 2012 divenuta irrevocabile.
In relazione al primo profilo, l’istanza è stata rigettata in sentenza con la formula “all’imp non può essere concessa in assenza di elementi concreti di valutazione” mentre sulla invocata continuazione non viene spesa alcuna parola.
Questa Corte ritiene che la motivazione non si sia confrontata con il contenuto della memoria depositata dalla difesa nel corso del processo per sollevare i due menzionati profili trattamenta
Infatti, risulta documentato, in allegato al ricorso (e comunque dalla produzione effettuata n corso del secondo giudizio di appello, accessibile da questa Corte in virtù del vizio dedotto), c era stata depositata ‘memoria conclusiva’ del 25 maggio 2018 ad illustrazione delle ragioni della
difesa, accompagnata da CD con decisioni giudiziali, nonché copie cartacee di un’ordinanza e di sei citazioni testimoniali.
Detta memoria conteneva un’ampia illustrazione del percorso di ‘conversione’ del collaboratore di giustizia nonché copia del provvedimento di cui si chiedeva l’unificazione di una precedente decisione sotto l’egida dell’art. 81 c.p..
Di fronte alla laconica risposta sul tema della collaborazione ed al silenzio su quello de continuazione, occorre dunque domandarsi se e come tale mancanza di confronto diretto con gli argomenti sviluppati nello scritto depositato incida sulla tenuta della sentenza impugnata.
Bisogna premettere sul punto che in linea teorica si è ormai consolidato l’orientamento nella giurisprudenza di legittimità secondo cui l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina ex se alcuna nullità, ma possa influire sulla congruità e sulla correttezza logica giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (ex multis, Sez. 2, n.14975 del 16/3/2018, Tropea, Rv. 272542 – 01; Sez. 4, n.18385 del 9/1/2018, Mascaro, Rv. 272739 – 01). Si è altresì affermato che la capacità di incidere sulla tenuta della sentenza che definisce il grado nel quale la memori è stata prodotta non è incondizionata e che quindi la sola mancata menzione o non considerazione della memoria nella sentenza di appello non sia di per sé sufficiente a radicare un vizio idoneo a travolgere il provvedimento. È piuttosto necessario, da parte del giudic dell’impugnazione, un accertamento specifico che deve avere ad oggetto la capacità del dato esaltato nella memoria e trascurato dal giudice di merito di mettere in discussione l completezza, la tenuta logica e l’univocità del percorso argomentativo della sentenza impugnata (Sez. 5, n. 17798 del 22/03/2019 Imp. C. Rv. 276766 – 01).
Un corollario di queste affermazioni, conseguente al dovere di specificità dei motivi di rico per cassazione, è che la concreta idoneità ‘travolgente’ dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronuncia impugnata deve essere oggetto di una specifica rappresentazione del ricorrente che, con riferimento al vizio di motivazione, ponga in risalto il collegamento t contenuto della memoria ed il dedotto profilo di carenza, contraddittorietà o manifesta illogic argomentativa della sentenza.
Nel caso concreto, le due condizioni sopra ricordate certamente ricorrono, al punto da essere evidenti. Infatti, da un lato il ricorso dell’AVV_NOTAIO adeguatamente espone sia le ragion carenza della motivazione sia le conseguenze negative che ne derivano per il proprio assistito, che si è visto non tanto respinto il doppio beneficio, quanto pretermessa ogni decisione su punto; dall’altro, è indubbio che il dovuto esame da parte della Corte d’appello, pur senz assicurare l’esito favorevole per l’imputato, avrebbe quanto meno fornito la dovuta motivazione che ogni imputato pretende e si attende su ogni aspetto della propria vicenda processuale.
Per tali ragioni, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio ad altra sezione de d’appello di Napoli per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Na nuovo giudizio.