Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6544 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6544 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Cosenza il 13/02/1985;
avverso la ordinanza della Corte di assise di appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 08/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con riferimento al trattamento sanzionatorio ed il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe la Corte di assise di appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto la richiesta di applicazione in sede esecutiva della continuazione, proposta nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento ai reati per i quali egli è stato condannato con le seguenti condanne irrevocabili: 1) sentenza pronunciata in data 18 dicembre 2017 dalla Corte di assise di appello di Catanzaro; 2) sentenza emessa il giorno 20 luglio 2020 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro; 3) sentenza della Corte di assise di appello di Catanzaro del 22 settembre 2022; 4) sentenza pronunciata in data 4 aprile 2007 dal Tribunale di Bari.
1.1. In particolare, il giudice dell’esecuzione ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati di cui alle sentenze sub 1), 2) e 3), mentre lo ha escluso con riferimento ai reati di cui alla sentenza n.4. in quanto le relative rapine non potevano essere ricondotte, a differenza dei delitti di cui alle altre sentenze, nell’ambito di quelli commessi in qualità di appartenente al sodalizio criminale di tipo ‘ndranghetistico denominato “NOMECOGNOME“. Inoltre, il giudice della cognizione, nell’ambito del processo definito con la sentenza n. 4, aveva modificato il reato contestato da associazione di stampo mafioso ad associazione per delinquere semplice, non risultando che fosse stato utilizzato il metodo mafioso e nemmeno che la rapina in contestazione fosse stata commessa per agevolare la cosca di appartenenza, quanto piuttosto per finalità estemporanee.
1.2. Per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione la Corte distrettuale ha rideterminato la pena finale in anni dodici di reclusione, sulla scorta del seguente calcolo: pena base anni otto di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 3), aumentata di anni quattro per i reati di cui alle sentenze nn. 1 e 2. (per i quali era stata già riconosciuta in precedenza la continuazione).
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo pe suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 81 cod. pen. ed il vizio di
motivazione con riferimento al calcolo della pena base; al riguardo osserva che essa è stata erroneamente indicata nella misura di anni otto di reclusione nonostante la pena inflitta con la sentenza n.3 sia stata ridotta (per intervenuta prescrizione rispetto ad uno dei reati in contestazione) ad anni sette e mesi quattro a seguito dell’annullamento senza rinvio disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza n.3777/2024.
2.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 81 cod. pen. ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della continuazione per i reati di cui alla sentenza n.4 nonostante la sussistenza di tutti i relativi presupposti, come evidenziato nella memoria difensiva ritualmente depositata prodotta e totalmente ignorata dal giudice dell’esecuzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Con riferimento al primo motivo va evidenziato che, come risulta dalla sopra indicata sentenza emessa da questa Corte (allegata al ricorso nel rispetto del principio di autosufficienza), la pena inflitta con la decisione sub 4) è stata ridotta ad anni sette e mesi quattro di reclusione, di talché la pena base è stata erroneamente indicata nella misura di anni otto anziché in quella minore sopra indicata.
Con riferimento al secondo motivo va ricordato che l’omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice dell’esecuzione determina la nullità del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate con la originaria domanda ex art.671 cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite deduzioni rispetto alla originaria istanza, che rivestano carattere di decisività (vedi tra le altre, in fattispecie assimilabile alla present Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Rv. 282972 – 01).
3.1. Nel caso in esame, l’odierno ricorrente con la memoria aveva dedotto la sussistenza di nuovi elementi e, in particolare, l’avvenuto riconoscimento della continuazione per i reati di cui alla sentenza sub 4) nei confronti del coimputato
NOME COGNOME e il verbale di interrogatorio reso da quest’ultimo, dal quale si evince come le rapine ai portavalori avvenute in Puglia rappresentavano una delle principali attività del clan; pertanto, al momento della pronuncia della sentenza n. 4, non sussistevano elementi per poter ricondurre le rapine alla cosca, a differenza di quelli portati a conoscenza del giudice dell’esecuzione con la memoria di cui sopra.
3.2. Orbene, dall’esame del provvedimento impugnato non risulta che il giudice dell’esecuzione abbia preso in esame – anche al solo fine di ritenerla irrilevante – la sopra indicata memoria difensiva (contenente questioni nuove ed autonome rispetto alla originaria istanza) incorrendo in tal modo nel lamentato vizio di motivazione.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio alla Corte di assise di appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione ed in diversa composizione (Corte costituzionale 9 maggio 2013, n.183), per nuovo giudizio affinché – in piena autonomia decisionale – tenga conto dei principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025.