Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2977 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2977 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 29/11/2024
R.G.N. 33088/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato in Somalia il 15/02/1967 avverso la sentenza del 12/03/2024 della Corte d’appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
uditi i difensori avv. NOME COGNOME del foro di Roma e avv. NOME COGNOME del foro di Roma, entrambi in difesa di NOMECOGNOME i quali hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 12 marzo 2024 la Corte di appello di Salerno, riformando solo quanto al trattamento sanzionatorio la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno in data 13 luglio 2022, ha condannato NOME COGNOME alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, con le conseguenti sanzioni accessorie, per i reati di cui agli artt. 416, commi 1, 2, 3, 6, cod. pen. e 12, commi 3 e 5, d. lgs. n. 286/1998 commessi dall’aprile 2015, con condotta perdurante almeno fino al 23/11/2016, per avere, quale capo e promotore di un’associazione criminale, organizzato il trasferimento di cittadini stranieri clandestini dall’Italia in Germania e favorito, per denaro, l’ingresso e la permanenza in Italia di molti di essi.
Il Tribunale di Salerno aveva condannato il COGNOME alla pena di sei anni di reclusione ed euro 15.000 di multa, mentre la Corte ha escluso la sussistenza della recidiva e dell’aggravante di cui all’art. 416, comma 5, cod. pen., e ha ridotto la pena e le sanzioni accessorie nella misura indicata.
La Corte di appello ha respinto la richiesta di rinnovazione istruttoria mediante l’esame del perito trascrittore delle conversazioni intercettate, stante la chiarezza della perizia e l’irrilevanza dell’eventuale accertamento relativo alla traduzione con ‘persone’ del termine somalo che significherebbe ‘denaro’, perchØ l’oggetto delle conversazioni emerge anche da altre parole e dalle indagini di polizia. Ha ribadito, conformemente alla sentenza di primo grado, la sufficienza delle prove per l’accertamento della colpevolezza dell’imputato, in quanto costituite dalle molte intercettazioni delle sue conversazioni con la collaboratrice NOME COGNOME evidenzianti l’esistenza di una vasta organizzazione, in cui egli ricopriva un ruolo apicale, che, in cambio di denaro, ospitava in Italia i migranti somali e li forniva di falsi documenti al fine di trasferirli in altri Paesi europei. Ha respinto la tesi difensiva di un contenuto neutro delle conversazioni, asseritamente relative a spostamenti di denaro effettuati dall’imputato nella sua attività di broker, sottolineando anche che egli stesso, in sede di spontanee dichiarazioni, aveva asserito di lavorare come autista e non aveva mai menzionato alcuna attività di brokeraggio. Ha respinto, infine, l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per la sua omessa traduzione nella lingua somala, parlata dall’imputato, perchØ proposta solo con i motivi nuovi ma mai in precedenza, risultando perciò inammissibile, e comunque infondata nel merito, avendo il difensore dello stesso presentato regolarmente l’appello e non avendo l’imputato indicato alcun pregiudizio che gli sarebbe derivato dall’omessa traduzione, ed ha respinto gli ulteriori motivi nuovi ribadendo la motivazione già espressa.
Ha invece rilevato un errore nel calcolo della pena e, escluse la recidiva e l’aggravante del numero di persone nel reato associativo, ha ridotto le sanzioni nella misura indicata.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo dei suoi difensori avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, in ordine alla valutazione della nullità della sentenza a causa della sua omessa traduzione.
La Corte di appello, nel corso del giudizio, ha disposto la traduzione della sentenza di primo grado, forse al fine di sanare la nullità esistente, ma ha poi respinto l’eccezione circa la sua omessa traduzione sostenendo l’inammissibilità del relativo motivo di appello. L’omessa traduzione della sentenza emessa a carico di un imputato alloglotto, però, costituisce una nullità a regime intermedio, che deve perciò essere eccepita nel primo atto successivo, e poichØ per l’imputato il termine di impugnazione non Ł mai decorso, a causa dell’omessa notifica della sentenza tradotta, l’eccezione formulata nei motivi nuovi di appello Ł ammissibile e tempestiva. Inoltre Ł evidente che l’omessa notifica dell’atto tradotto costituisce un pregiudizio per l’imputato alloglotto. La sentenza di appello, così come quella di primo grado, Ł pertanto nulla e deve essere cassata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge processuale e il vizio di motivazione, in relazione all’art. 192 cod. proc. pen.
La sentenza impugnata ha condannato il ricorrente, nonostante l’assenza di prove sia dell’esistenza di un’associazione criminale, sia della sua partecipazione ad essa. L’unica prova Ł costituita dalle intercettazioni, che sono state tradotte in modo erroneo dal perito, che non si Ł avveduto che tutti i colloqui sono relativi a trasferimenti di denaro e non di persone. La sentenza si basa, in realtà, sulle informative di polizia, che contengono solo sospetti privi di supporto fattuale, e sui brogliacci redatti dagli intercettatori, che non sono stati, però, acquisiti e sono perciò inutilizzabili. La Corte di appello ha omesso di pronunciarsi su quest’ultima questione, che era stata sollevata con i motivi di appello
Il Procuratore generale, nella requisitoria orale, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, in entrambi i suoi motivi, e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo Ł infondato.
Il ricorrente ha citato la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «L’omessa traduzione della sentenza di appello all’imputato alloglotto che non comprende la lingua italiana integra una nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in quanto viola il diritto di difesa funzionale all’esercizio consapevole dell’impugnazione di legittimità, il cui termine di decorrenza rimane conseguentemente sospeso fino alla notifica all’interessato della sentenza tradotta. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’obbligo di traduzione sussiste ogniqualvolta emerga la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato, anche in assenza di una sua richiesta in tal senso)» (Sez. 6, n. 20679 del 02/05/2024, Rv. 286480). Tale principio Ł stato dettato, di recente, elaborando quanto stabilito dalla sentenza Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356, in tema di ordinanze dispositive di misure cautelari, peraltro in disaccordo con la giurisprudenza precedente, secondo cui «La mancata traduzione della sentenza nella lingua nota all’imputato alloglotto che non conosce la lingua italiana non integra un’ipotesi di nullità ma, se vi sia stata specifica richiesta della traduzione, i termini per impugnare, nei confronti del solo imputato, decorrono dal momento in cui egli abbia avuto conoscenza del contenuto del provvedimento nella lingua a lui nota» (Sez. 6, n. 24730 del 13/03/2024, Rv. 286667).
Nel presente caso, peraltro, l’applicazione dell’uno o dell’altro principio giurisprudenziale non assume rilevanza, perchØ la eventuale nullità a regime intermedio Ł stata sanata, essendo stata effettuata la traduzione della sentenza in una lingua nota all’imputato ed essendo stata, di fatto, consentita a quest’ultimo la tempestiva proposizione di un autonomo appello.
Anche la sentenza secondo cui l’omessa traduzione integra una nullità generale a regime intermedio afferma che tale vizio comporta la sospensione del decorso del termine per l’impugnazione: ai sensi dell’art. 593 cod. proc. pen. l’appello può essere proposto dall’imputato personalmente, ed Ł intuitivo che la mancata conoscenza della motivazione della sentenza di primo grado impedisce o, quanto meno, limita l’esercizio di tale facoltà, che non può trovare un equipollente nell’appello proposto dal difensore, il quale, all’epoca di presentazione dell’appello ovvero attualmente, se nominato di fiducia, può agire anche in assenza di uno specifico mandato ad impugnare, stante la precedente insussistenza e l’attuale modifica dell’art. 581, comma 1quater , cod. proc. pen. Pertanto, se la finalità della traduzione della sentenza Ł quella di consentire all’imputato alloglotto di esercitare in modo pieno e consapevole il suo diritto di difesa, mettendolo in condizione di presentare un appello personale che contenga le proprie doglianze, qualora tale facoltà venga consentita il relativo vulnus viene eliminato, e l’eventuale nullità della sentenza deve ritenersi sanata.
In questo procedimento, il vizio eccepito Ł stato effettivamente eliminato dalla Corte di appello che, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, all’udienza del 03/11/2023 ha disposto la traduzione della sentenza di primo grado, che Ł stata effettuata e depositata all’udienza del 22/12/2023, alla quale l’imputato era presente, tanto da rendere una spontanea dichiarazione. Da quella data, pertanto, Ł iniziato a decorrere il termine di quarantacinque giorni per la proposizione di un autonomo atto di appello da parte dell’imputato: tale adempimento, però, non Ł mai avvenuto, benchØ il processo fosse stato rinviato all’udienza del 23/02/2024, ad oltre sessanta giorni di distanza.
Può concordarsi, pertanto, con l’affermazione del ricorrente, secondo cui l’eccezione presentata con i motivi nuovi di appello non avrebbe dovuto essere ritenuta intempestiva, dal
momento che, per l’imputato, il termine per la proposizione dell’appello non era ancora iniziato a decorrere. Deve però evidenziarsi che tale eccezione era comunque inammissibile perchØ, secondo la costante giurisprudenza, richiamata anche dalla sentenza Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356 sopra citata, «l’imputato alloglotto che lamenta la violazione delle sue prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell’omissione, ma … ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale» (vedi, sul punto, Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Rv. 285186; Sez. 2, n. 49964 del 14/11/2023, Rv. 285645; Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, Rv. 286664). L’imputato, secondo quanto riportato alla pag. 26 della sentenza di appello, si Ł limitato «a lamentare, in modo vago e generico», il dato dell’omessa traduzione, ed anche nel ricorso non ha indicato alcun pregiudizio specifico e concreto, affermando solo, in termini del tutto generici, che «Ł indubitabile che la dedotta violazione del diritto di difesa ha evidenziato un concreto reale pregiudizio alle sue prerogative derivanti dalla mancata traduzione». Al contrario, l’omessa presentazione di un’autonoma e personale impugnazione, e la disponibilità a rendere spontanee dichiarazioni alla stessa udienza in cui la sentenza tradotta Ł stata depositata, dimostrano ampiamente che egli aveva piena conoscenza dell’accusa a suo carico ed era in grado di difendersi dalla stessa, senza necessità di proporre nuovi e diversi motivi di appello. Non si individua, quindi, alcun reale ed effettivo pregiudizio conseguente all’omessa traduzione della sentenza, nØ l’imputato, come detto, lo ha evidenziato.
Il motivo di ricorso, che ripropone l’eccezione di nullità di entrambe le sentenze di merito, Ł pertanto infondato, sia perchØ l’eccezione doveva comunque essere dichiarata inammissibile, per la mancata indicazione di un concreto pregiudizio, sia perchØ tale eventuale nullità Ł stata tempestivamente sanata.
3. Anche il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
Il ricorrente nega la sussistenza delle prove sufficienti per la dichiarazione di colpevolezza, sostenendo che la sentenza abbia tratto le prove indicate nella motivazione non dalla trascrizione delle intercettazioni effettuata dal perito, bensì, di fatto, dal contenuto dei brogliacci, benchØ il loro utilizzo sia stato esplicitamente escluso.
Tale affermazione Ł infondata: già il giudice di primo grado, stante l’omessa acquisizione dei brogliacci a fine di prova, ha disposto la trascrizione, mediante perizia, delle telefonate indicate dalle parti, ed ha motivato la decisione di condanna sull’informativa della polizia giudiziaria e sulle telefonate trascritte dal perito, richiamando il contenuto di quelle piø significative senza che, nell’atto di appello, si deducesse l’utilizzo di elementi investigativi non acquisiti, come i brogliacci, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso. La sentenza di appello, che ha la struttura della ‘doppia conforme’, ha valutato nuovamente le telefonate intercettate, nelle trascrizioni fatte dal perito, che vengono definite «chiare e prive di vizi». La loro interpretazione, peraltro, Ł stata correttamente effettuata anche alla luce delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria, dalle quali Ł emersa la inconciliabilità delle conversazioni con un’attività di mero trasferimento di denaro, stante anche la mancanza di prova dell’effettivo svolgimento di un’attività di brokeraggio da parte dell’imputato, che in udienza ha dichiarato di lavorare come autista, e stante la certezza della insussistenza di una simile attività da parte della originaria coindagata NOMECOGNOME
L’utilizzo, nelle telefonate, di termini riferiti a ‘denaro’ piuttosto che a ‘persone’ o ‘migranti’, Ł stato motivatamente ritenuto irrilevante dalla sentenza impugnata, secondo cui tutte le conversazioni sono, comunque, «sempre inequivocamente collegate alle attività di trasferimento delle persone» (pag. 19 della sentenza di appello). Il contenuto delle conversazioni trascritte, riportato in modo
sommario nelle due sentenze di merito, consente di escludere che tale valutazione sia manifestamente illogica o contraddittoria. Deve, peraltro, sottolinearsi che, qualora si dovesse ritenere impugnata, con il secondo motivo, la corretta lettura delle trascrizioni effettuata dal perito, il ricorso risulterebbe aspecifico e non rispettoso del principio di autosufficienza, non essendo state nØ indicate le trascrizioni che sarebbero state travisate o comunque non correttamente interpretate, nØ allegata la perizia ovvero le trascrizioni in questione.
Deve altresì ribadirsi che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965). Eccede, infatti, dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di una sua manifesta illogicità e, quindi, alla verifica della coerenza delle argomentazioni esposte, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (vedi Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556).
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 29/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME