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Omessa traduzione imputato: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso basato sulla omessa traduzione imputato detenuto. È risultato decisivo che il giudice non fosse a conoscenza dello stato di detenzione e che la difesa non abbia sollevato correttamente l’eccezione. Anche il motivo relativo all’eccessività della pena è stato respinto, essendo la sanzione prossima al minimo edittale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Traduzione Imputato: Quando la Difesa Deve Essere Vigile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: le conseguenze della omessa traduzione imputato detenuto in udienza. Questo caso dimostra come un’eccezione potenzialmente fondata possa essere vanificata da una gestione non ottimale da parte della difesa. Analizziamo come la Suprema Corte ha risolto la questione, fornendo indicazioni preziose sull’onere di diligenza che grava sul difensore.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 334 del codice penale (sottrazione di cose sottoposte a sequestro), proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso erano principalmente due:

1. Violazione di legge processuale: Si lamentava la nullità derivante dalla mancata traduzione dell’imputato, che si trovava in stato di detenzione, all’udienza preliminare. Secondo la difesa, questa omissione avrebbe viziato tutti gli atti successivi del procedimento.
2. Eccessività della pena: Si contestava la misura della sanzione inflitta, ritenuta sproporzionata.

La difesa sosteneva che la condizione di detenuto fosse stata comunicata, sebbene non verbalizzata, e che la mancata presenza fisica dell’imputato avesse compromesso i suoi diritti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa decisione ha comportato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti pretestuosi o manifestamente infondati.

Le Motivazioni: Analisi della Omessa Traduzione Imputato e della Pena

La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso, qualificandoli come ‘manifestamente infondati’. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Il Primo Motivo: La Mancata Traduzione in Udienza

Il punto centrale della decisione riguarda l’omessa traduzione imputato. La Cassazione ha osservato che, come correttamente rilevato dalla Corte d’Appello, non vi era alcuna prova che il Giudice dell’udienza preliminare fosse a conoscenza dello stato di detenzione dell’imputato.

Inoltre, la difesa non aveva sollevato formalmente l’eccezione. Anzi, il verbale d’udienza riportava unicamente una richiesta di rinvio per un motivo completamente diverso: la necessità di ottenere una procura speciale per valutare un eventuale rito alternativo. Questa circostanza, secondo la Corte, è ‘ben diversa da quella che si assume sia stata riferita (ma non dimostrata) e non verbalizzata’.

In sostanza, la Corte afferma un principio fondamentale: la difesa ha l’onere non solo di segnalare, ma di provare e far verbalizzare le circostanze che possono dare luogo a una nullità. Una semplice comunicazione informale, non registrata e non dimostrata, è processualmente irrilevante.

Il Secondo Motivo: La Determinazione della Pena

Anche la censura relativa alla sanzione è stata respinta senza appello. La Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente applicato i criteri di cui all’art. 133 del codice penale per la commisurazione della pena. Inoltre, la sanzione inflitta era stata determinata in una misura ‘prossima al minimo edittale’, ovvero molto vicina alla pena più bassa prevista dalla legge per quel reato. Di fronte a una motivazione congrua e a una pena contenuta, il motivo è stato giudicato, anche in questo caso, manifestamente infondato.

Conclusioni: L’Onere della Difesa nel Processo Penale

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica: nel processo penale, i diritti devono essere esercitati con diligenza e formalità. La presunta violazione di un diritto, come quello dell’imputato detenuto a presenziare all’udienza, non può essere fatta valere se non viene eccepita tempestivamente e nelle forme corrette. La difesa non può rimanere passiva o affidarsi a comunicazioni informali, ma deve attivarsi per garantire che ogni istanza e ogni circostanza rilevante vengano messe a verbale. In caso contrario, come dimostra questo caso, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie.

La mancata traduzione in udienza di un imputato detenuto causa sempre la nullità del procedimento?
No, secondo questa ordinanza, la nullità non si verifica se il giudice non era a conoscenza dello stato di detenzione e la difesa non ha sollevato l’eccezione in modo specifico e tempestivo, limitandosi a chiedere un rinvio per altre finalità.

Cosa deve fare la difesa se il proprio assistito detenuto non viene condotto in aula?
La difesa ha l’onere di segnalare immediatamente e in modo formale (verbalizzando la richiesta) al giudice lo stato di detenzione del proprio assistito e la sua mancata traduzione, chiedendo che venga disposta. Non è sufficiente fare allusioni non verbalizzate o chiedere un rinvio per altre ragioni.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta eccessiva?
Sì, ma il ricorso ha poche probabilità di successo se la pena è stata determinata dal giudice di merito con motivazione adeguata, facendo riferimento ai criteri di legge (come l’art. 133 cod. pen.) e se la sanzione si colloca in una misura prossima al minimo previsto dalla legge per quel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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