Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1770 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1770 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Mileto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; letta la memoria di replica del difensore del ricorrente, avvocato AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere. In particolare il Tribunale,
senza esaminare il pur contestato reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza per alcune condotte estorsive, ascrittegli ai capi 3), 15), 17 e 18) e reato di furto, sub capo 102), commesse in concorso con NOME COGNOME. Il Tribunale ha dato atto che il ricorrente, autista e uomo di fiducia del COGNOME, si accompagnava, con ruolo silente, al COGNOME alla commissione dei reati, sostanzialmente richiesta ed esazione del pizzo, in relazione a cd. cavalli di ritorno. Ha evidenziato, con riferimento ai vari episodi:
-in relazione all’estorsione COGNOME, che era proprio COGNOME a chiedere quale fosse stato l’importo ottenuto, mostrando, così, interesse diretto alla vicenda; irrilevante che non abbia conseguito un profitto;
-in relazione all’estorsione COGNOME, che l’indagato era stato informato dei dettagli dell’operazione dal COGNOME e che è irrilevante la riottosità del COGNOME ad eseguire le disposizioni ricevute (meramente occasionale) ed era, comunque, a conoscenza della destinazione di parte dell’importo a NOME COGNOME (rilevante anche su agevolazione);
-in relazione ai capi 17) e 18), che vi era stata una diretta rivendicazione dell’indagato dei compensi.
Infine, quanto al furto sub capo 102), ha richiamato il tenore del dialogo con COGNOME sulla consegna delle chiavi del Comune e posizionamento del compendio mentre COGNOME gli aveva descritto, in dettaglio, la refurtiva.
2.NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e, con motivi, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei lim strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denuncia:
2.1. nullità dell’ordinanza, in conseguenza della nullità dell’interrogatorio svoltosi il 12 maggio 2023, in sede di convalida del fermo, per la impossibilità di accedere agli atti atteso il brevissimo lasso di tempo intercorso tra l’avviso dell’interrogatorio e il momento in cui l’atto avrebbe dovuto essere compiuto;
2.2. violazione di legge in conseguenza dei vizi di motivazione che inficiano la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’articolo 629 cod. pen. in danno di NOME COGNOME, sub capo 3). La motivazione dell’ordinanza impugnata è inficiata da un grave errore logico delle argomentazioni poste a fondamento della responsabilità dell’indagato. Dalla motivazione si rileva, infatti, che questi avrebbe accompagnato uno dei correi, COGNOME, a chiedere al correo quale fosse l’importo versato dalla persona offesa, condotta non idonea a dimostrare il ruolo dell’indagato nella vicenda in esame sia perché egli si era limitato ad accompagnare il COGNOME dal COGNOME, sia perché il ruolo di promotore o ideatore dell’estorsione non può, ragionevolmente, inferirsi dalla conversazione valorizzata dal Tribunale (progr. 7791) in cui si colloquiava di
notizie giornalistiche. Generici sono i rilievi dell’ordinanza impugnata (l’uso del singolare piuttosto che del plurale e l’articolazione del ragionamento) che contrastano con la ricostruzione effettuata dalla difesa con i motivi e non esaminata dal Tribunale;
2.3. GLYPH violazione di legge anche in relazione agli elementi costitutivi del rapporto del concorso, poiché l’ordinanza non individua l’apporto dell’indagato ai fini della commissione del reato;
2.4. vizio di violazione di legge e l’erronea applicazione della legge penale inficiano il coinvolgimento dell’indagato nella condotta di estorsione di cui al capo 15), reato di estorsione ai danni di NOME COGNOME. Anche in questo caso viene contestato che l’indagato aveva svolto il ruolo di intermediario sulla base del mero accompagnamento di NOME COGNOME senza esaminare i rilievi della difesa con i quali veniva rilevato che l’indagato non aveva partecipato all’incontro tra COGNOME e COGNOME, restando in auto ad ascoltare musica e che al suo ritorno nell’auto COGNOME neppure lo aveva notiziato del contenuto della conversazione. Era frutto di un mero sospetto quello che l’indagato avesse partecipato al rintraccio dell’autovettura poiché il dato emerge da una conversazione alla quale egli non aveva preso parte. Né rileva che l’indagato fosse stato informato della destinazione della somma estorta al mantenimento di COGNOME NOME, trattandosi di un post factum irrilevante ai fini della sussistenza della antecedente condotta partecipativa. Il Tribunale non ha esaminato gli specifici motivi svolti dalla difesa del ricorrente sicché il ragionamento svolto risulta gravemente carente perché non si confronta con elementi, viceversa, decisivi;
2.5. vizio di violazione di legge e erronea applicazione della legge penale inficiano il coinvolgimento dell’indagato nella condotta di estorsione di cui al capo 17), estorsione ai danni di NOME COGNOME. Anche in tal caso il Tribunale non ha esaminato i motivi di impugnazione che, sulla base delle risultanze analiticamente esaminate dalla difesa, inficiavano la ritenuta sussistenza dei gravi indizi sul contributo del ricorrente che non aveva partecipato all’incontro con la vittima del furto né all’incontro in cui COGNOME si era informato sul possibile importo della somma da chiedere a titolo di cd. cavallo di ritorno. Il Tribunale prospetta in termini probabilistici la partecipazione dell’indagato che, invece, non aveva dato la disponibilità al recupero dell’auto né aveva partecipato ad incontri successivi con la vittima del furto o con il terzo intermediario del COGNOME non essendogli stato riconosciuto alcun compenso o la volontà del COGNOME di trattenerne una parte per sé;
2.6. vizio di violazione di legge e l’erronea applicazione della legge penale inficiano il coinvolgimento dell’indagato nella condotta di estorsione di cui al capo 18), estorsione ai danni di NOME COGNOME. Anche in tal caso il Tribunale non ha
esaminato i motivi di impugnazione che, sulla base delle risultanze analiticamente esaminate dalla difesa, inficiavano la ritenuta sussistenza dei gravi indizi sul contributo del ricorrente dal momento che questi era solo presente sulla scena dopo la consumazione dell’estorsione, limitandosi a chiedere la somma di cento euro. Anche in tale caso gli elementi valorizzati dal Tribunale sono neutri ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo del ricorrente;
2.7. vizio di violazione di legge e l’erronea applicazione della legge penale inficiano il coinvolgimento dell’indagato nel furto in danno del Comune di Mileto quando ignoti avevano trafugato matrici di documenti di identità e la somma di euro 450 dal momento che il COGNOME non aveva espressamente fatto il nome del ricorrente come la persona che aveva tentato di dissuaderlo andare “al comune”;
2.8. in relazione alla condotta partecipativa di cui all’art. 416-bis cod. pen.. L’ordinanza impugnata non ha esaminato le deduzioni difensive che contrastavano la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza evidenziando la mancanza di prova del contributo partecipativo del ricorrente potendo, al più ravvisarsi nei suoi confronti una mera contiguità a favore del COGNOME che accompagnava in diversi luoghi;
2.9. GLYPH violazione di legge e vizio di motivazione sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. in relazione ai reati sub capi 3), 17), 18 e 102). L’ordinanza impugnata non ha esaminato il tema della mancanza di elementi indiziari sulla sussistenza dell’agevolazione mafiosa né quello del metodo mafioso che avrebbe, tenuto conto del tempo silente intercorso tra la commissione dei fatti e il momento di adozione della misura, incide sulla sussistenza delle esigenze cautelari e adeguatezza della misura applicata, censura, questa, oggetto specifico del decimo motivo di ricorso sull’apparenza della motivazione.
3.11 ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 137 del 28 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020, la cui disciplina continua ad applicarsi per effetto della proroga da ultimo disposta dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023 n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, come precisato in dispositivo.
2.E’ indeducibile il motivo sub 1), che deve essere esaminato in quanto involgente la denuncia della violazione di legge in rito.
Si tratta, tuttavia, come correttamente rilevato dal Tribunale, di un rilievo frutto di un vero e proprio travisamento dei presupposti di fatto idonei a legittimare il ricorso per cassazione, poiché l’ordinanza impugnata veniva emessa all’esito dell’interrogatorio in sede di convalida del fermo. A questo riguardo è applicabile a tale fase incidentale il principio, dettato per la convalida dell’arresto, secondo cui la nullità dell’interrogatorio di garanzia in sede di udienza di convalida dell’arresto non determina la nullità dell’ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare, essendo quest’ultima un provvedimento distinto ed autonomo rispetto a quello di convalida, ma determina esclusivamente la necessità di compiere un valido interrogatorio nel termine previsto dall’art. 294 cod. proc. pen., a pena di inefficacia della misura (Sez. 6, n. 29214 del 06/07/2021, Hajdaraj, Rv. 281826).
Né, come noto, tale (eventuale vizio) è deducibile in sede di riesame poiché i vizi della procedura che regola la fase dell’esame successivo all’emissione ed all’applicazione del vincolo cautelare non attengono né alla legittimità del titolo cautelare, né a quella della procedura di riesame, la cui regolarità non può non essere valutata dal tribunale adito (Sez. 2, n. 54267 del 12/10/2017, Cirino, Rv. 271366), e vanno proposti al giudice che ha emesso l’ordinanza genetica.
3.Rileva il Collegio che è certamente fondato il motivo di ricorso sub punto 2.8 del Ritenuto in fatto, poiché il Tribunale del Riesame non ha esaminato le deduzioni difensive riguardanti il reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen. ascritto all’indagato, neppure facendo rinvio, attraverso la motivazione per relationem, all’ordinanza genetica: si tratta di un motivo completamente sfuggito all’attenzione del Collegio anche se era stato devoluto all’esame del Tribunale, come può agevolmente desumersi dalla memoria depositata il 20 giugno 2023 pagg. 23 e ss..
L’omesso esame del motivo di ricorso, riferito ad unico reato, non inficia, rendendola inefficace, l’ordinanza genetica, effetto che il comma 10 dell’art. 309 cod. proc. pen. collega ai soli casi di in cui la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 dell’art. 309 cit., o quando la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto: nel caso in esame la decisione, attraverso il deposito del dispositivo, è, infatti, ritualmente intervenuta.
Sotto altro aspetto, ritiene la Corte che l’omessa motivazione sul punto della partecipazione dell’indagato all’associazione di stampo ndranghetista si riverbera sulla completezza della motivazione in relazione ai reati di estorsione, contestati al ricorrente ai capi 3), 15), 17) e 18) nonché al reato di furto di cui al capo 102), tutti commessi in concorso con NOME COGNOME, capo del clan.
Il Tribunale, con motivazione sintetica, ha dato conto degli elementi suscettibili di smentire la prospettazione difensiva sulla carenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati in esame, e all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. – nella duplice prospettazione dell’aggravante del metodo mafioso e dell’agevolazione- con argomentazioni che, tuttavia, non tengono in conto, in chiave positiva o negativa, il ruolo dell’indagato nel reato associativo, ruolo che è in grado di proiettare i suoi effetti anche sulla rilevanza o meno della sua presenza silente al momento della commissione dei fatti e, quindi, sul contributo partecipativo.
4.Gli effetti della rilevata omissione si riverberano anche sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che impongono, a seconda del reato contestato, riferito al reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen. ovvero a fattispecie di reato aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., la diversa graduazione dell’obbligo di motivazione, in relazione alla presunzione di pericolosità dell’indagato.
5.Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale che, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà riesaminare i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari in relazione a tutti i motivi devoluti con la richiesta di riesame e la memoria difensiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21 dicembre 2023
La consig elatrice
Il Presidente