Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME NOME, nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/04/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del grado e alla sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 cod. proc. pen. col massimo aumento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/4/2023, il Tribunale di Catanzaro ha confermato il decreto di sequestro preventivo del fabbricato di proprietà di NOME COGNOME, indagato per la contravvenzione ex art. 677 cod. pen. per avere omesso, in qualità di proprietario dell’immobile, di provvedere ai lavori necessari per mettere in sicurezza l’edificio, incurante del pericolo di crollo e del relativ rischio per la pubblica incolumità.
1.1 Nella motivazione l’impugnata ordinanza evidenziava sia la ricorrenza del fumus commissi delicti del contestato reato, rilevando che l’indagato non aveva dato corso ad alcuna opera di messa in sicurezza dell’edificio nonostante fosse stato destinatario di varie segnalazioni di organi preposti, nel gennaio del 2022 (precisamente il 4 ed il 27/1/2022), ribadite con nota dei RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di Catanzaro in data 12/1/2023, alla quale era seguito il posizionamento di transenne metalliche ad inibire il passaggio nella pubblica via a causa del pericolo di crollo per la situazione di precarietà dello stabile, ciò evidenziando i periculum in mora.
1.2. Il Tribunale cautelare ha altresì risposto alle obiezioni difensive intese a valorizzare interventi manutentivi compiuti negli anni 2018 e 2019, ed a segnalare di non avere ricevuto l’ultima diffida del 12/1/2023, intervenuta un anno dopo le ripetute segnalazioni del gennaio 2022, rimaste inevase.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, esponendo i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Violazione dell’art. 677 cod. pen., consistente nella mancata constatazione degli interventi effettuati dal proprietario, non soltanto in anni precedenti ma anche nel 2022, con la muratura della porta di ingresso che – pur menzionata dal Tribunale cautelare – è stata ritenuta un intervento autonomo e a sé stante, in contraddizione con la natura omissiva del contestato reato. Si è trascurato il facere del proprietario, con travisamento della prova di assenza dell’elemento materiale della contestata contravvenzione; si è altresì trascurata la carenza dell’elemento psicologico, non rivelandosi alcuna negligenza, imprudenza o imperizia nella condotta del COGNOME.
2.2. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 321 cod. proc. pen.
Non si è verificata la coincidenza tra la fattispecie legale e quella concreta, in modo da accertare la sussistenza del fumus del reato in contestazione.
Invero, ricevute le diffide del gennaio 2022, COGNOME ebbe un colloquio con il Dirigente del settore firmatario dell’invito a mettere in sicurezza il fabbricato sicché alcuna omissione può dirsi compiuta dall’indagato. E per di più, si segnala
che in sei mesi nessun atto manutentivo è stato effettuato dal comune di Catanzaro, rendendo illogico il mantenimento del sequestro, che conduce ad ulteriore deterioramento dello stato dei luoghi.
Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e reiterativo.
1.1 La giurisprudenza di legittimità in materia di sequestro preventivo ha chiarito che non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Rv. 273069, Armeli). In sintesi, il focus della misura reale, in relazione al fumus, non si appunta sull’agente e sulle problematiche riguardanti l’imputazione soggettiva della responsabilità penale, bensì sulla pertinenza della res al reato e sull’astratta sussumibilità dei fatti contestati in una determinata ipotesi di reato.
1.2. Alla stregua di tali principi, va innanzitutto smentito il secondo motivo di impugnazione, logicamente precedente, in cui si contesta la mancata corrispondenza tra la fattispecie legale e quella concreta, rilevandosi che invece vi è piena coincidenza tra la condotta dell’indagato e la contravvenzione di cui all’art. 677 cod. pen., avendo patentemente COGNOME COGNOME omesso di assumere i provvedimenti necessari a porre in sicurezza l’immobile di sua proprietà che minacciava rovina, tanto da rendere necessario l’intervento emergenziale dei RAGIONE_SOCIALE, che – dopo l’ennesima sollecitazione – avevano collocato transenne metalliche ad inibire il passaggio nella pubblica via a causa del pericolo di crollo per la situazione di precarietà dello stabile.
1.3. Quest’ultima notazione è funzionale ad illustrare il periculum in mora determinato dalla condotta omissiva dell’indagato, al contempo costituente un elemento costitutivo della fattispecie di reato in esame.
Nessun pregio rivestono sul punto le doglianze difensive dirette a negare una condotta omissiva del COGNOME COGNOME. Invero, il ricorso pretende di ricavare da interventi parziali e non risolutivi del proprietario, come la muratura della porta di ingresso, una condotta attiva che contrasta con la natura omissiva della contestata contravvenzione. Ma si osserva che non basta una qualunque forma di attivazione del destinatario dell’obbligo di facere, essendo necessario
che l’intervento raggiunga la finalità di porre in sicurezza lo stabile e di eliminar il rischio per la pubblica incolumità, cosa che certamente non è derivata né dalla muratura della porta, né dall’asserito colloquio con il Dirigente del settore.
Inoltre, la dedotta omessa notifica della relazione del 12/1/2023 del RAGIONE_SOCIALE non riveste alcuna valenza scriminante della protratta inerzia del proprietario, già ripetutamente sollecitato in prece denza a svolgere i lavori necessari a scongiurare la rovina dell’edificio, senza alcun esito. Né potrebbe ritenersi che dal sequestro derivino a carico degli enti pubblici obblighi di interventi manutentivi in sostituzione del proprietario, come assume infondatamente la difesa. Il reato si perfeziona con l’accertamento della condotta omissiva e perdura, atteso il suo carattere di reato permanente, fino all’eliminazione della situazione antigiuridica, che compete sempre e comunque al titolare del bene o a chi è per lui obbligato alla conservazione dell’edificio.
Infine, non può nemmeno dirsi che nella specie non ricorra un pericolo concreto per la pubblica incolumità (profilo, peraltro, nemmeno accennato nel ricorso), in quanto è stato necessario transennare la pubblica via dinanzi all’edificio pericolante, onde impedire il passaggio di persone, segno evidente della concretezza del rischio di crollo.
Tali ragioni sono state compiutamente illustrate nell’impugnata ordinanza, con la quale il ricorso non ha inteso confrontarsi, e sono coerenti con l’insegnamento nomofilattico per cui «Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 677, comma terzo, cod. pen., occorre che il proprietario, o chi per lui obbligato alla conservazione del bene, non abbia provveduto ai lavori necessari e indispensabili per rimuovere il pericolo attuale e concreto per la pubblica incolumità – che sussiste anche in relazione all’occasionale passaggio di persone nel luogo in cui insiste l’edificio – a nulla rilevando né l’ignoranza dello stato pericolo in cui quest’ultimo versa, né una preventiva diffida a provvedere da parte della pubblica autorità» (Sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008, COGNOME e altri, Rv. 239127).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, da ciò derivando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamen delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa d ammende.
Così deciso il giorno 9 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presiday