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Omessa dichiarazione: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gestore di una sala giochi condannato per il reato di omessa dichiarazione. L’imputato non aveva dichiarato redditi per quasi un milione di euro, evadendo oltre 72.000 euro di IRPEF. La Corte ha stabilito che il ricorso era manifestamente infondato, poiché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando la solidità delle argomentazioni dei giudici di merito basate sulla verifica fiscale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Dichiarazione: La Cassazione Conferma la Condanna per Evasione Fiscale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema del reato di omessa dichiarazione fiscale, chiarendo i limiti del ricorso in sede di legittimità. La vicenda riguarda un imprenditore condannato per non aver dichiarato ingenti proventi derivanti dalla gestione di una sala giochi. La decisione sottolinea come il tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, già valutati nei gradi di merito, porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La Vicenda Giudiziaria

Il caso ha origine da una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza, che ha scoperto un’ingente evasione fiscale. Il gestore di una sala giochi, operante senza le necessarie autorizzazioni, aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, nascondendo al fisco un guadagno complessivo di 996.000 euro. L’imposta evasa (IRPEF) ammontava a 72.508 euro. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano riconosciuto la sua colpevolezza per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, condannandolo a una pena di un anno e sei mesi di reclusione.

Il Ricorso in Cassazione e la sua Inammissibilità

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: contestare la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Secondo la difesa, il giudizio di colpevolezza era infondato. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato completamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove o proporre una lettura alternativa delle stesse, come tentato dalla difesa.

Le Motivazioni: la Distinzione tra Legittimità e Merito

La Corte ha basato la sua decisione su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità. Le motivazioni della sentenza impugnata sono state ritenute logiche, coerenti e fondate sugli esiti chiari della verifica fiscale. A fronte di una ricostruzione fattuale adeguata, l’imputato si era limitato a contrapporre generiche critiche, chiedendo di fatto una nuova valutazione del merito della causa. Questo tipo di richiesta è preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che, in presenza di una motivazione razionale e priva di vizi logici da parte dei giudici dei gradi precedenti, non è possibile mettere in discussione il loro apprezzamento delle prove. La difesa, quindi, non può limitarsi a proporre una diversa interpretazione delle risultanze probatorie.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

La decisione ha conseguenze pratiche significative. In primo luogo, chiarisce che un ricorso per cassazione ha successo solo se individua specifici vizi di legge o di motivazione (come la manifesta illogicità), e non se contesta semplicemente il risultato dell’analisi probatoria. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità comporta per il ricorrente non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro. Questa ordinanza serve quindi da monito: i ricorsi in Cassazione devono essere tecnicamente fondati su questioni di diritto, altrimenti si risolvono in una sicura condanna a ulteriori spese.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era manifestamente infondato. Invece di contestare vizi di legge, mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità).

Quale reato è stato contestato e in cosa consisteva la condotta illecita?
All’imputato è stato contestato il reato di omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000). La condotta consisteva nel non aver presentato la dichiarazione dei redditi relativa ai proventi di una sala giochi, nascondendo al fisco un guadagno di 996.000 euro e evadendo un’imposta IRPEF di 72.508 euro.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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