Omessa Dichiarazione: La Cassazione Conferma la Condanna
L’omessa dichiarazione dei redditi rappresenta uno dei reati tributari più comuni e, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, le conseguenze possono essere severe, soprattutto quando i motivi di ricorso sono deboli e l’imposta evasa supera le soglie di legge. In questo articolo, analizziamo una decisione che chiarisce i limiti dell’impugnazione e l’inapplicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in contesti di evasione significativa.
I Fatti del Caso
Un imprenditore individuale veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000. Nello specifico, non aveva presentato la dichiarazione IRPEF per l’anno d’imposta 2016, omettendo di dichiarare un’imposta evasa pari a 65.000 euro. La condanna, pur con la concessione delle attenuanti generiche, era stata fissata a otto mesi di reclusione. L’imputato, non rassegnato alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imprenditore ha articolato il ricorso su due fronti:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge: Si contestava la conferma del giudizio di colpevolezza, ritenendo che la motivazione della Corte d’Appello fosse carente e in violazione delle norme.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, una causa di non punibilità per i reati di lieve entità. Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere considerato non punibile data la sua presunta scarsa offensività.
Le Motivazioni della Cassazione sul tema dell’omessa dichiarazione
La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Per quanto riguarda il primo motivo, i Giudici hanno sottolineato come le censure fossero generiche e prive di un reale confronto critico con la sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva, infatti, basato la sua decisione sui solidi accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, che dimostravano in modo chiaro la sussistenza della condotta omissiva. Il ricorso, al contrario, si limitava a contrapporre una diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita nel giudizio di legittimità, che è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.
Sul secondo punto, relativo alla particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha evidenziato un ostacolo insormontabile: l’entità dell’imposta evasa. Con 65.000 euro, la somma era notevolmente superiore alla soglia di punibilità fissata dalla legge in 50.000 euro. Secondo la Corte, un superamento così significativo del limite normativo rende difficile, se non impossibile, qualificare il fatto come di ‘particolare tenuità’. Inoltre, la difesa non aveva fornito elementi concreti e specifici per giustificare una valutazione diversa, limitandosi a una richiesta generica. La motivazione della sentenza impugnata risultava quindi sorretta da considerazioni razionali e coerenti con la normativa vigente.
Le Conclusioni: Quando un ricorso è destinato all’inammissibilità
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce che un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito o a offrire una lettura alternativa dei fatti. È necessario, invece, individuare specifici vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di ciò, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.
In secondo luogo, la decisione chiarisce che l’istituto della particolare tenuità del fatto non può essere invocato quando i parametri quantitativi fissati dal legislatore, come la soglia di evasione, sono superati in modo così evidente. L’entità del danno all’Erario rimane un criterio fondamentale per valutare la gravità del reato. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, aggravando ulteriormente la sua posizione.
Perché il ricorso per omessa dichiarazione è stato ritenuto inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici, non specifici e non si confrontavano adeguatamente con le motivazioni della sentenza precedente, che si basava sui precisi accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.
È possibile ottenere la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ se l’imposta evasa supera la soglia penale?
Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che non era applicabile. L’imposta evasa di 65.000 euro superava in modo significativo la soglia di punibilità di 50.000 euro, e la difesa non ha fornito elementi sufficienti per giustificare una valutazione di particolare tenuità del fatto.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35720 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35720 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, del 3 ottobre 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Sassari il novembre 2022, con la quale NOME COGNOME era stato condannato, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di mesi otto di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del rea di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000; fatto commesso in Sassari il 30 giugno 2017.
Osservato che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta, sotto il duplice profil vizio di motivazione e della violazione di legge, la conferma del giudizio di colpevolezza d ricorrente, è manifestamente infondato, è manifestamente infondato, in quanto generico e privo di un adeguato confronto con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale, in modo pertinente, sono stati richiamati gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate di Sassari, da cu emersa la sussistenza della condotta omissiva contestata, ragionevolmente ascritta a COGNOME, quale titolare della ditta individuale che ha omesso di presentare la dichiarazione Irpef per il 2016.
Rilevato che il secondo motivo, con cui la difesa censura il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, è anch’esso manifestamente infondato, perché non specifico, non essendo stati adeguatamente esposti gli elementi suscettibili di positivo apprezzamento ai fin dell’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., a fronte di un’imposta evasa pari a 65.000 euro, misura non di poco distante dal valore della soglia di punibilità (50.000 euro).
Ritenuto che, rispetto a ciascun tema dedotto, la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/20 dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.