Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6821 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6821 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da da NOME NOME nato a Pescara il DATA_NASCITA; nel procedimento a carico del medesimo avverso la sentenza del 15/12/2022 della Corte di appello di L’Aquila, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore dell’imputato che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 dicembre 2022, la Corte di Appello di L’Aquila, confermava la sentenza del tribunale di Teramo del 3 novembre 2021 con cui NOME era stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 5 del Dlgs. 74/2000.
Avverso la suindicata sentenza NOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi di impugnazione.
3.Con il primo, deduce la violazione dell’art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. per mancanza e illogicità della motivazione. La Corte non avrebbe considerato elementi probatori a favore dell’imputato, rappresentati in ricorso, e inoltre non avrebbe distinto la dichiarazione che il NOME deve depositare a fini ; RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante legale’, rispetto a quella che avrebbe dovuto rappresentare a fini IRPEF quale persona fisica.
In particolare poi, la ricostruzione della Corte sarebbe censurabile posto che la tassabilità degli utili in capo al socio nella ipotesi in cui la RAGIONE_SOCIALE non a optato per il regime di trasparenza fiscale dipende da una delibera di distribuzione degli utili, e se gli utili non sono stati poi distribuiti nulla addebitarsi al socio. Inoltre, erroneamente in ogni caso sarebbe stato considerato l’utile lordo e non l’utile netto, e ancora / i dividendi sono tassabili in capo ai soci al momento della loro percezione sulla base del criterio di cassa, per cui per stabilire che il socio abbia omesso di dichiarare i redditi e di pagare le relative imposte occorre provare l’effettività della distribuzione, circostanza non dimostrata. Si aggiunge che non vi può essere attribuzione automatica di valenza probatoria al bilancio,in assenza di fatture, che invece avrebbero potuto consentire la ricostruzione dell’effettivo volume di affari o4i reddito della società e quindi non vi sarebbe certezza della esistenza della condotta criminosa in assenza di analisi del dato fattuale / da privilegiare su quello formale.
4. Con il secondo motivo, deduce vizi di motivazione sostenendo che la corte di appello avrebbe dovuto esaminare gli elementi addotti dalla difesa, a sostegno della falsità del bilancio depositato, con particolare riguardo a quanto emerso da deposizioni testimoniali (in particolare da dichiarazione del teste COGNOME e da quanto riferito da altro teste in altro precedente processo a carico del ricorrente, sempre in connessione con gli attivi dichiarati dalla società del NOME, la RAGIONE_SOCIALE) e dai dati dello spesometro, laddove,. invece 1 l’indagine si sarebbe concentrata sulla quantificazione dei costi deducibili e non dei componenti positivi del reddito, nonostante fosse emersa la sostanziale inattività della società di cui il NOME era rappresentante legale ed unico socio – la RAGIONE_SOCIALE – dal cui bilancio e dalla cui dichiarazione dei redditi hanno preso le mosse le verifiche a carico del NOME e i conseguenti addebiti.
5. Con il terzo motivo rappresenta vizi ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla applicata recidiva reiterata infraquinquennale, posto
che al riguardo la motivazione non terrebbe conto della intervenuta estinzione ttlié le pene detentive relative alle precedenti condanne intervenute a ca dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile. Al riguardo l’analisi deve verte innanzitutto sul tema riguardante la rappresentata erroneità RAGIONE_SOCIALE dichiarazi della Corte di appello, laddove non avrebbe tenuto conto del regime dell tassabilità degli utili in capo al socio nella ipotesi in cui la RAGIONE_SOCIALE non abb per il regime di trasparenza fiscale, come sintetizzato nel motivo sopra ripor e in esame. Si tratta di censure inammissibili perché proposte per la prima vo in questa sede, alla luce dell’atto di appello szropes39, che non le riporta, stesso riepilogo dei motivi di appello, riportato nella sentenza impugnat rimasto non contestato. Peraltro si tratta di proposizioni astratte e com generiche. Le ulteriori censure riportate nel primo motivo attengono al medesimo tema sollevato con il secondo motivo e devono quindi considerarsi in sede d analisi di quest’ultimo, nel successivo paragrafo.
2.Anche il secondo motivo è inammissibile. Va premesso che trattasi di un caso di cd. “doppia conforme” per cui «le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale, qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante co criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici de decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata» (cfr. Sez.3, n.13926 del 01/12/2011 Rv.252615 COGNOME; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 COGNOME). Deve altresì aggiungersi che «in tema di integrazione del motivazioni tra le conformi sentenze di primo e di secondo grado, se l’appellan si limita alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto già adeguat esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critic generiche, superflue o palesemente infondate, il giudice dell’impugnazione be può motivare per relationem; quando invece sono formulate censure o contestazioni specifiche, introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio ant o contenenti argomenti che pongano in discussione le valutazioni in ess compiute, è affetta da vizio di motivazione la decisione di appello che si limi
respingere con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici dalle risultanze istruttorie le deduzioni proposte (cfr. Sez.6, n. 28411 del 13/11/2012 Rv. 256435 COGNOME e altri).
Di rilievo, in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE censure proposte in presenza di una cd. “doppia conforme”, è anche il principio per cui «in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione. (cfr. Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013 Rv. 254988 Reggio.; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017 Rv. 271227 M e altri).
Tanto premesso, occorre osservare che dalle due sentenze emerge che i giudici hanno valorizzato dati inequivoci, quali la dichiarazione per l’anno di imposta del 2016, ai fini RAGIONE_SOCIALE, della società RAGIONE_SOCIALE, di cui il ricorrente era rappresentante legale e socio unico, atto coerente con il bilancio 2015 corrispondente e formalmente depositato. Su tali duplici dati era stato determinato il reddito da attribuirsi al NOME e non dichiarato e, alfine, l’imposta evasa. I giudici hanno avuto cura di evidenziare – con logica coerenza – come tale ricostruzione sia stata fondata sulle dichiarazioni rese dal COGNOME nella sua qualità di rappresentante della RAGIONE_SOCIALE in sede di dichiarazione dei redditi e di bilancio della società di riferimento, così altrettanto ragionevolmente sottolineando l’assenza di allegazioni contrarie da parte della difesa i ed escludendo che possa riverberarsi a vantaggio del ricorrente anche l’inadempimento in merito alla ostensione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e di ogni altra documentazione utile, pur a fronte dell’invito, regolarmente notificatogli, dall’RAGIONE_SOCIALE Teramo.
Rispetto a tale coerente ricostruzione, il ricorrente oltre a riprendere buona parte di quanto rappresentato nell’atto di appello, si è limitato a semplicemente asserire l’esistenza di dati deponenti nel senso della falsità dei documenti dichiarativi e di bilancio della società RAGIONE_SOCIALE (sopra citati e valorizzati dai giudici), senza alcun adeguato e pertinente costrutto probatorio né logicogiuridico, laddove ha reiterato la pretesa rilevanza di dichiarazioni di un teste sentito in altro processo a carico del ricorrente, e relativo al ben diverso e lontano periodo di imposta del 2013, quelle di altro teste sentito nel
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procedimento qui in esame, il quale, a dire il vero, avrebbe reso dichiarazioni che appaiono in realtà in linea con il ragionamento logico giuridico dei giudici e sopra sintetizzato, oltre a invocare diversi dati che sarebbero stati forniti dallo spesometro e tuttavia inesistenti nel presente procedimento.
Così rimanendo incontrastata la reiterata quanto fondata osservazione della corte di appello, per cui la difesa si è limitata ad asserire la falsità del bilanci depositato senza offrire a supporto alcun elemento.
L’ultimo motivo è inammissibile perché carente di specificità estrinseca atteso che rispetto alla motivazione in cui, pur dandosi atto della intervenuta dichiarazione di estinzione di una pena detentiva a seguito di esito positivo di un procedimento di messa alla prova, si ribadisce la sussistenza della recidiva a fronte del permanere di numerosi precedenti specifici, nulla si oppone da parte della difesa sul punto, limitandosi il ricorrente a ribadire solo il riconosciuto effetto dell’affidamento in prova.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 24.10.2023.