Omessa Dichiarazione Redditi per Gratuito Patrocinio: la Cassazione Conferma la Condanna
L’accesso al patrocinio a spese dello Stato è un diritto fondamentale, ma si basa su un patto di lealtà tra il cittadino e lo Stato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce le gravi conseguenze derivanti dall’omessa dichiarazione dei redditi di tutti i componenti del nucleo familiare. La pronuncia chiarisce come la consapevolezza di tali redditi sia sufficiente a configurare il dolo, rendendo il ricorso contro la condanna inammissibile se basato su argomentazioni generiche e ripetitive.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello. L’imputato era stato riconosciuto colpevole del reato previsto dal Testo Unico sulle Spese di Giustizia (D.P.R. 115/2002) per aver falsamente attestato le proprie condizioni reddituali al fine di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
In particolare, l’imputato aveva omesso di includere nella propria autocertificazione i redditi da pensione percepiti dai suoi genitori, con i quali conviveva. Tali redditi, sommati ai suoi, avrebbero superato la soglia massima prevista dalla legge per poter beneficiare del gratuito patrocinio. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello, specialmente riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno osservato che i motivi presentati dal ricorrente non erano altro che una ‘pedissequa reiterazione’ delle argomentazioni già avanzate e puntualmente respinte nel giudizio d’appello. Secondo la Corte, un ricorso di questo tipo è solo apparentemente specifico, in quanto non assolve alla funzione di muovere una critica argomentata e mirata contro la sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le medesime doglianze.
Le Motivazioni: la consapevolezza e l’omessa dichiarazione redditi
Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo del reato. La Corte di Cassazione ha confermato l’impianto logico-giuridico della sentenza d’appello, ritenendolo esente da vizi. La Corte territoriale aveva correttamente evidenziato come il dolo generico fosse ampiamente dimostrato. L’imputato non poteva non essere a conoscenza dei trattamenti pensionistici dei propri genitori, componenti del suo stesso nucleo familiare.
L’omessa dichiarazione dei redditi di questi ultimi non è stata quindi una mera svista, ma una scelta consapevole finalizzata ad ottenere un beneficio altrimenti non spettante. La Corte ha sottolineato che la motivazione della pronuncia impugnata era appropriata, basata su acquisizioni probatorie ‘definite e significative’. Di fronte a questa chiara ricostruzione, le lamentele del ricorrente sono state giudicate infondate. La condanna dell’imputato è stata pertanto confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. In primo luogo, riafferma il principio per cui chi richiede l’accesso a un beneficio statale, come il gratuito patrocinio, ha il dovere di fornire una rappresentazione veritiera e completa della propria situazione economica, includendo i redditi di tutti i familiari conviventi. L’omissione consapevole di tali informazioni integra pienamente il reato di false dichiarazioni. In secondo luogo, la pronuncia serve da monito sulla tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione: la semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti, senza una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza d’appello, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è ritenuto inammissibile quando, tra le altre cose, si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti, senza muovere una critica specifica e argomentata alla sentenza che si sta impugnando. In pratica, se non si evidenziano nuovi e concreti vizi logico-giuridici della decisione d’appello.
Cosa integra il dolo nel reato di omessa dichiarazione dei redditi per il gratuito patrocinio?
Il dolo, in questo reato, è ‘generico’. Ciò significa che è sufficiente la consapevolezza di omettere informazioni reddituali rilevanti (come le pensioni dei familiari conviventi) che si sa di dover dichiarare. Non è necessario dimostrare un piano elaborato o un fine ulteriore: la semplice omissione cosciente basta a configurare l’elemento soggettivo del reato.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese del procedimento e di versare una somma di denaro, a titolo di sanzione, alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12515 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/09/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Campobasso ha confermato la decisione del Tribunale di Campobasso, che aveva riconosciuto COGNOME NOME colpevole del reato di cui agli artt. 79 e 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
2.COGNOME NOME, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello per due distinti motivi:
Con un primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione del provvedimento che non risulta coerente con il canone valutativo obbligatoriamente prescritto dall’art. 533 c.p.p. e vizio di motivazione per travisamento della prova relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
I motivi del ricorso sono manifestamente infondati, in quanto si risolvono in doglianze che costituiscono una pedissequa reiterazione di motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi pertanto gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 24383801). Contrariamente a quanto dedotto, infatti, la pronunzia impugnata reca appropriata motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie ed immune da vizi logico-giuridici, circa il profilo della penale responsabilità del prevenuto. La corte territoriale ha invero precisato che il dolo generico era dimostrato dal fatto che il ricorrente aveva omesso di autocertificare entrate reddituali di cui era sicuramente a conoscenza quali i trattamenti pensionistici dei genitori che componevano il nucleo familiare, il cui ammontare avrebbe precluso il beneficio.
4.Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre4d4ne