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Omessa dichiarazione: quando scatta la prescrizione?

L’amministratore di una società, condannato in appello per omessa dichiarazione IVA, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, pur ritenendo infondati i motivi sulla determinazione dell’imposta e sul ruolo di ‘testa di legno’, ha annullato la sentenza. Il motivo decisivo è stata la prescrizione del reato, maturata durante il giudizio di legittimità, calcolata a partire dai 90 giorni successivi alla scadenza ordinaria per la presentazione della dichiarazione.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Dichiarazione: La Cassazione Annulla per Prescrizione

Il reato di omessa dichiarazione fiscale, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, rappresenta una delle figure criminose più comuni nel diritto penale tributario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 29870/2025) ha offerto un importante chiarimento sui termini di prescrizione, portando all’annullamento di una condanna per un amministratore di società. Analizziamo i dettagli del caso per comprendere le implicazioni di questa decisione.

I Fatti di Causa

Il legale rappresentante di una società operante nel commercio di autoveicoli veniva condannato dalla Corte d’Appello di Napoli per il reato di omessa dichiarazione ai fini IVA per l’anno d’imposta 2013. L’evasione contestata ammontava a oltre 68.000 euro.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata determinazione dell’IVA evasa: La difesa sosteneva che il calcolo fosse basato su elementi documentali (bilanci, fatture) insufficienti a provare l’effettiva vendita della merce e l’entità dell’imposta dovuta.
2. Assenza dell’elemento soggettivo: L’imputato si professava una mera ‘testa di legno’, un prestanome privo di un reale potere gestionale e, di conseguenza, del dolo specifico di evasione richiesto dalla norma.
3. Intervenuta prescrizione: Il motivo cruciale, basato sulla tesi che il reato si fosse consumato alla scadenza ordinaria del termine per la presentazione della dichiarazione (30 settembre 2014) e non 90 giorni dopo, rendendo così il reato già prescritto al momento della sentenza d’appello.

L’Analisi dei Motivi di Ricorso della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i primi due motivi di ricorso. Sul primo punto, ha stabilito che le argomentazioni della difesa miravano a una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello aveva, secondo i giudici, adeguatamente motivato la condanna sulla base di prove documentali precise, come bilanci, controlli incrociati e movimentazioni bancarie.

Anche il secondo motivo, relativo al ruolo di ‘testa di legno’, è stato respinto. La Cassazione ha ribadito che il legale rappresentante è il soggetto tenuto per legge agli obblighi dichiarativi. L’affermazione di essere un semplice prestanome, per avere rilievo, deve essere supportata da prove concrete, che nel caso di specie non erano state fornite.

Il Momento Consumativo e la Prescrizione dell’Omessa Dichiarazione

Il terzo motivo di ricorso è stato invece ritenuto non manifestamente infondato, aprendo la strada alla declaratoria di estinzione del reato. La questione centrale riguarda l’individuazione del momento esatto in cui si consuma il delitto di omessa dichiarazione.

L’art. 5, comma 2, del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario. La difesa sosteneva che questo termine di 90 giorni rappresentasse una mera causa di non punibilità, lasciando invariato il momento consumativo alla scadenza originaria. La Cassazione, tuttavia, ha aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la tipicità del reato si perfeziona solo allo scadere di questi ulteriori 90 giorni. In altre parole, il reato non si commette alla scadenza fiscale ordinaria, ma solo dopo che è trascorso infruttuosamente anche il periodo di ‘tolleranza’ di 90 giorni.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha chiarito che, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 5, il reato di omessa dichiarazione prende corpo solo allo scadere dei novanta giorni successivi al termine tributario originario. Questo slittamento del momento consumativo è fondamentale per il calcolo della prescrizione. Partendo da questa data, e tenendo conto dei periodi di sospensione del processo, la Corte ha calcolato che il termine massimo di prescrizione era maturato il 21 febbraio 2025, ovvero nelle more del giudizio di legittimità. Di conseguenza, pur essendo la condanna dei giudici di merito potenzialmente corretta nel merito, la Suprema Corte non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare l’estinzione del reato.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale per la difesa nei processi per reati tributari: il dies a quo per il calcolo della prescrizione nel reato di omessa dichiarazione decorre non dalla scadenza ordinaria, ma dal novantunesimo giorno successivo. Questa interpretazione, consolidata dalla giurisprudenza, può rivelarsi decisiva per l’esito del procedimento, come dimostra il caso di specie. La pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta individuazione del momento consumativo del reato, un elemento tecnico che può determinare l’annullamento di una condanna per il semplice decorso del tempo.

Quando si considera commesso il reato di omessa dichiarazione ai fini del calcolo della prescrizione?
Secondo la sentenza, il reato si perfeziona e si considera commesso non alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione, ma solo allo scadere dell’ulteriore termine di novanta giorni concesso dalla legge.

È sufficiente affermare di essere una ‘testa di legno’ per evitare una condanna per reati fiscali?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto che il ruolo di ‘testa di legno’ (prestanome) debba essere oggetto di un’adeguata dimostrazione. In assenza di prove concrete, il legale rappresentante rimane il soggetto responsabile degli obblighi dichiarativi della società.

Cosa accade se la prescrizione del reato matura mentre il processo è in corso in Cassazione?
Se la prescrizione matura durante il giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione è tenuta a rilevarla e ad annullare la sentenza di condanna senza rinvio, dichiarando il reato estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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