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Omessa dichiarazione: quando la Cassazione la conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per omessa dichiarazione fiscale. La Corte ha stabilito che il mancato incasso delle fatture e il successivo fallimento non escludono la responsabilità penale. Anche la notifica degli atti al difensore è stata ritenuta valida in assenza di elezione di domicilio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Dichiarazione: La Cassazione Conferma la Condanna anche in caso di Fallimento

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di reati tributari, in particolare riguardo al delitto di omessa dichiarazione previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, confermando la sua condanna e chiarendo che né il mancato incasso delle fatture emesse né la successiva dichiarazione di fallimento possono escludere la responsabilità penale.

Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso

Il caso riguarda un imprenditore condannato sia in primo grado che in appello per aver omesso di presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per gli anni d’imposta 2012 e 2013. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali: un vizio di procedura nella notifica degli atti, la contraddittorietà della motivazione sulla determinazione dell’imposta evasa e, infine, l’avvenuta prescrizione del reato per una delle annualità contestate.

I Punti Chiave del Ricorso dell’Imputato

L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato diverse questioni per contestare la sentenza di condanna. In sintesi, i motivi del ricorso erano i seguenti:
1. Violazione processuale: Si lamentava che la notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello fosse avvenuta presso il difensore e non personalmente all’imputato, non essendo state effettuate le necessarie ricerche.
2. Vizio di motivazione: La difesa sosteneva che non vi fosse prova dell’effettivo incasso delle fatture, elemento necessario per superare le soglie di punibilità del reato. Inoltre, contestava il metodo di calcolo dell’imponibile, basato su presunzioni e dati incrociati, e sottolineava che la dichiarazione di fallimento dell’imputato, avvenuta prima della scadenza per la presentazione della dichiarazione del 2013, rendeva impossibile l’adempimento.
3. Prescrizione: Si denunciava che il termine di prescrizione per il reato relativo all’anno d’imposta 2012 fosse già decorso al momento della pronuncia della sentenza d’appello.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo inammissibile con argomentazioni precise e fondate su consolidati orientamenti giurisprudenziali.

In primo luogo, riguardo alla notifica, la Corte ha osservato che l’imputato non aveva mai eletto un domicilio per le comunicazioni, nonostante fosse stato più volte invitato a farlo. Di conseguenza, la notifica presso lo studio del difensore è stata ritenuta pienamente valida e corretta, in conformità con le norme processuali applicabili all’epoca dei fatti.

Sul punto centrale, relativo alla determinazione dell’imposta evasa e alla rilevanza del mancato incasso delle fatture, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale in materia di reati tributari. Il giudice penale può determinare la base imponibile e l’imposta evasa anche attraverso accertamenti induttivi e valutazioni logiche, basate su elementi come i dati dello “spesometro” e i questionari inviati ai clienti. Spetta all’imputato fornire prove concrete per contrastare tali ricostruzioni, cosa che nel caso di specie non era avvenuta. La Corte ha inoltre specificato che, per il reato di omessa dichiarazione, l’obbligo di indicare i ricavi segue il criterio di competenza, e non quello di cassa. Pertanto, il fatto che le fatture non siano state incassate è irrilevante, poiché il mancato pagamento da parte dei clienti rientra nel normale rischio d’impresa e non esclude la sussistenza del reato.

Anche l’argomento relativo all’impossibilità di adempiere a causa del fallimento è stato respinto. La giurisprudenza è costante nel ritenere che l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta anteriori al fallimento gravi sul fallito stesso, mentre al curatore spetta l’adempimento per i periodi successivi. La violazione dell’obbligo dichiarativo, pertanto, era già imputabile all’imprenditore prima che intervenisse la sentenza di fallimento.

Infine, la Corte ha giudicato manifestamente infondato il motivo sulla prescrizione, evidenziando che il calcolo della difesa non teneva conto della recidiva specifica contestata e di un periodo di sospensione del processo dovuto a un’astensione degli avvocati, elementi che hanno spostato in avanti il termine prescrizionale.

le conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione per gli imprenditori e i professionisti. In primo luogo, conferma che la responsabilità per l’omessa dichiarazione sorge al momento della scadenza del termine per la presentazione, a prescindere dal fatto che i corrispettivi siano stati effettivamente incassati. Il rischio di insolvenza dei clienti non può essere usato come scudo per eludere gli obblighi fiscali. In secondo luogo, la decisione chiarisce che la dichiarazione di fallimento non cancella le responsabilità penali per le violazioni commesse prima della sua pronuncia. L’imprenditore rimane tenuto a presentare le dichiarazioni per i periodi pre-fallimentari. La pronuncia sottolinea, infine, l’importanza di una corretta gestione degli adempimenti processuali, come l’elezione di domicilio, per garantire il pieno esercizio del diritto di difesa.

Il mancato incasso delle fatture esclude il reato di omessa dichiarazione?
No. Secondo la Corte, il reato sussiste indipendentemente dall’effettiva riscossione delle somme, poiché l’obbligo di dichiarare i ricavi segue il criterio di competenza e il mancato incasso rientra nell’ordinario rischio d’impresa.

La dichiarazione di fallimento esonera l’imprenditore dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno precedente?
No. L’obbligo di presentare la dichiarazione per i periodi d’imposta anteriori al fallimento rimane in capo al fallito. La sopravvenuta sentenza di fallimento non costituisce una causa di impossibilità ad adempiere.

La notifica del decreto di citazione in appello al solo difensore è valida se l’imputato non è stato reperito?
Sì, è valida se l’imputato, pur essendo stato invitato a farlo, non ha dichiarato o eletto un domicilio per le notifiche. In tal caso, la legge prevede che la notifica venga effettuata presso il difensore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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