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Omessa dichiarazione: onere della prova dei costi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per omessa dichiarazione. Viene confermato il principio secondo cui l’onere di provare i costi deducibili spetta al contribuente, che non può basarsi su calcoli presuntivi per ridurre l’imposta evasa al di sotto della soglia di rilevanza penale.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omessa Dichiarazione: A Chi Spetta Provare i Costi Deducibili?

L’omessa dichiarazione dei redditi è un reato tributario che pone complesse questioni probatorie, specialmente riguardo alla deducibilità dei costi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’onere di dimostrare l’esistenza e l’ammontare dei costi sostenuti grava interamente sul contribuente, anche quando l’amministrazione finanziaria ha proceduto con un accertamento induttivo.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso riguarda il legale rappresentante di una ditta individuale, condannato in primo grado e in appello per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. All’imputato veniva contestato di non aver presentato le dichiarazioni dei redditi per due annualità (2015 e 2017), con una conseguente evasione dell’imposta IRPEF superiore alla soglia di rilevanza penale.

L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello su tre fronti principali, tutti incentrati sulla determinazione del reddito imponibile e, in particolare, sul mancato riconoscimento dei costi d’esercizio.

I Motivi del Ricorso e l’Onere della Prova dei Costi

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare i costi che avrebbero ridotto l’imposta evasa al di sotto della soglia di punibilità.

La Prova dei Costi d’Esercizio

Il primo motivo di ricorso lamentava una violazione di legge, poiché i giudici di merito avrebbero preteso una prova analitica e documentale dei costi, mentre, secondo la difesa, si sarebbero dovuti considerare anche elementi presuntivi.

La Ricostruzione dei Costi da Parte dell’Amministrazione Finanziaria

Con il secondo motivo, si sosteneva che, in caso di accertamento induttivo puro, l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto essa stessa procedere d’ufficio alla ricostruzione dei costi dell’attività, anche se non annotati nelle scritture contabili.

L’Applicazione di un Criterio Induttivo per i Costi

Infine, la difesa ha evidenziato una presunta illogicità della motivazione. Era stato prodotto un caso analogo in cui l’Agenzia delle Entrate aveva calcolato un’incidenza media dei costi sui ricavi pari al 56,62% per imprese dello stesso settore. L’applicazione di tale percentuale, secondo il ricorrente, avrebbe ridotto l’imposta evasa al di sotto della soglia penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Omessa Dichiarazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che le argomentazioni della difesa non miravano a denunciare un errore di diritto, ma a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché tendeva a una “rilettura degli elementi probatori”, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado). La Corte di Appello aveva già valutato in modo logico e corretto le prove disponibili, incluse le testimonianze e, soprattutto, l’assenza di documentazione probatoria fornita dall’imputato riguardo ai costi che asseriva di aver sostenuto.

Il punto cruciale della decisione risiede nella riaffermazione dell’onere della prova. La Corte ha chiarito che spetta al contribuente, e non all’accusa o all’amministrazione finanziaria, dimostrare l’esistenza di costi deducibili. Non è sufficiente invocare criteri presuntivi o medie di settore. Occorrono “elementi analitici, documentali e/o fattuali” che provino l’effettivo sostenimento di tali costi. Nel caso specifico, la Corte ha anche notato che lo sforamento della soglia di punibilità per una delle annualità era così significativo che, senza prove concrete, era impossibile ritenere che l’imposta evasa potesse scendere al di sotto del limite di legge.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un importante monito per tutti i contribuenti: la responsabilità di documentare e provare i costi d’esercizio è un dovere imprescindibile. In un procedimento penale per omessa dichiarazione, l’imputato non può sperare di salvarsi invocando una presunta inerzia dell’amministrazione finanziaria nella ricostruzione dei costi o basandosi su calcoli forfettari. La sentenza della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, esaustiva e non sindacabile, confermando la condanna e chiudendo definitivamente la vicenda processuale.

Chi deve provare l’esistenza di costi deducibili in un processo per omessa dichiarazione?
Secondo questa ordinanza, l’onere della prova grava interamente sul contribuente (l’imputato nel processo penale). Egli deve fornire elementi analitici, documentali e fattuali per dimostrare i costi sostenuti, non potendo pretendere che sia l’amministrazione finanziaria a ricostruirli d’ufficio.

È possibile utilizzare calcoli percentuali o presuntivi per dimostrare i costi e scendere sotto la soglia di punibilità?
No, la Corte ha stabilito che non è sufficiente fare riferimento a criteri presuntivi, come le medie di settore, per ridurre l’imponibile. Per ottenere il riconoscimento dei costi ai fini della determinazione dell’imposta evasa, è necessaria una prova concreta e specifica dei costi effettivamente sostenuti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori nell’applicazione della legge, mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti del caso. Questo tipo di riesame è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta interpretazione delle norme giuridiche, non agire come un terzo grado di giudizio sul merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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