Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32432 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32432 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a LEVICE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Palermo dell’Il novembre 2024 che, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Agrigento il 21 giugno 2022 previa declaratoria di estinzione del reato di bancarotta semplice, ha rideterminato in anni 1 reclusione la pena (di cui è stata revocata la sospensione condizionale) a carico di NOME COGNOME, ritenuta colpevole del residuo reato di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000. commesso in Agrigento il 30 settembre 2015.
Osservato che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta la mancata declaratoria estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000, è manifestame infondato, computandosi il termine massimo del predetto reato in 10 anni, in forza della previsione di cui all’art. 17, comma 1 bis, del d. Igs. n. 74 del 2000, per cui, riferendosi l’omessa dichiarazione all’anno 2014, il termine prescrizionale matura il 31 dicembre 2025, dovendosi aggiungere alla scadenza del 30 settembre 2015 (data entro la quale doveva essere presentata la dichiarazione omessa) non solo i 10 anni della prescrizione massima, ma anche il termine dilatorio di 90 giorni riconosciuti al contribuente per presentare la dichiarazione dei re successivamente alla scadenza del termine ordinario (cfr. Sez. 3, n. 36387 del 12/06/2019, Rv. 276884 e Sez. 3, n. 36387 del 12/06/2019, Rv. 276884), con la conseguenza che, alla data di emissione della sentenza impugnata, il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74 non era decorso, né tantomeno lo è ora.
Rilevato che il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa, in termini sovrappon censura la conferma del giudizio di colpevolezza dell’imputata, sono parimenti manifestamente infondati, in quanto volti a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probat estranea al sindacato di legittimità, a fronte dell’adeguata ricostruzione operata dai giudic merito, i quali hanno richiamato gli accertamenti svolti dall’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate, da cui è emer che la RAGIONE_SOCIALE, di cui la COGNOME è stata legale rappresentante all’epoca dei fatti, non ha presentato la dichiarazione dei redditi riferita al 2014, pur essendovi tenuta, un’iva evasa pari a 106.570,38 euro, avendo la Corte di appello sottolineato, con considerazioni pertinenti, la coerenza delle acquisizioni probatorie delineatesi a carico dell’imputata, rim prive di seria smentita, e ciò anche rispetto alla sussistenza dell’elemento soggettiv adeguatamente argomentata dai giudici di merito (cfr. pag. 6-7 della sentenza impugnata).
Ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia esulano dal perimetr del giudizio di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d
pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in fav della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese pro e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 luglio 2025.