Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17885 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17885 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nata a Firenze il 01/03/1970, avverso la sentenza in data 06/10/2023 della Corte di appello di Firenze, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 6 ottobre 2023 la Corte di appello di Firenze confermato la sentenza in data 31 ottobre 2022 del Tribunale di Firenze che ave condannato NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 5 d.lgs. n 2000 consistente nell’omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA 2013, con imposta evasa di euro 190.465.
La ricorrente articola cinque censure: la prima per violazione di legg vizio di motivazione sull’utilizzo delle presunzioni in ambito penal-tributar seconda per violazione di legge per l’assenza dell’elemento soggettivo in difet prova della notifica dell’invito dell’Agenzia delle Entrate, la terza per violaz legge in ordine al diniego della causa di proscioglimento dell’art. 131-bis cod.
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la quarta per violazione di legge in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, la quinta per violazione di norme processuali per il mancato avviso della possibilità di accedere a pene sostitutive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
I Giudici di merito hanno accertato in fatto che la ricorrente, socia accomandataria e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, aveva omesso la presentazione della dichiarazione fiscale annuale 2013, sia ai fini IVA sia ai fini delle imposte dirette; aveva presentato, in data 26 febbraio 2014, la comunicazione annuale dei dati IVA ove aveva indicato operazioni attive ai fini IVA per euro 968.713,00, importo confermato dallo spesometro integrato; non aveva presentato invece la documentazione contabile né in fase amministrativa, nonostante la richiesta dell’Agenzia delle Entrate, né durante il processo.
Nel primo motivo di ricorso la COGNOME lamenta che l’accertamento tributario fosse stato effettuato sulla base di presunzioni e non sulla base di dati contabili effettivi. Il motivo è generico perché non si confronta con la sentenza impugnata ove si dà atto che l’imposta evasa non è stata calcolata sulla base di presunzioni bensì sulla base dei dati comunicati dalla stessa ricorrente e riscontrati attraverso le comunicazioni dei fornitori e dei soggetti passivi delle fatture indicate. La ricorrente lamenta altresì l’insufficienza della motivazione nella parte in cui si limita a registrare la mancata produzione della documentazione relativa ai costi. Anche sotto questo profilo, il motivo è generico perché contesta il calcolo dell’imponibile, in assenza di una qualsivoglia indicazione sugli eventuali costi sostenuti. E’ pacifico in giurisprudenza che il giudice, per determinare l’ammontare dell’imposta evasa, può tenere conto dei costi non contabilizzati solo in presenza di allegazioni fattuali specifiche, da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza (Sez. 3, n. 17214 del 14/03/2023, Gallo, Rv. 284554 – 01; Sez. 3, n. 8700 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275856 – 01), onere non assolto dalla ricorrente.
Nel secondo motivo l’imputata nega il dolo perché non aveva ricevuto l’invito a comparire dell’Agenzia delle Entrate e perché in altra occasione aveva pagato. L’assunto è disancorato dalle risultanze processuali. La Corte territoriale ha accertato che l’imputata aveva ricevuto la notifica dell’accertamento tributario a mani, che non aveva esibito la contabilità, che tuttavia aveva pagato una minima parte dell’imposta evasa, nella misura di euro 10.000, e che aveva presentato la comunicazione IVA. Pertanto, aveva dimostrato di essere perfettamente edotta dell’IVA da versare e di aver dolosamente omesso il pagamento con finalità di
evasione. D’altra parte, la disponibilità a pagare altro debito tributario non neutralizza il dolo di evasione in questo caso.
Sul punto, va ribadito che è configurabile la responsabilità del contribuente per il delitto di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, anche quando lo stesso abbia regolarmente provveduto alla comunicazione IVA, prevista dall’art. 8-bis del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, poiché si tratta di adempimenti non equipollenti e che rispondono a diverse finalità (Sez. 3, n. 7135 del 17/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281323 – 01).
La ricorrente ripete inoltre la censura relativa al calcolo dell’imposta per omessa contabilizzazione in diminuzione dei costi, ma, ancora una volta, si tratta di una doglianza generica e non corroborata da documentazione contabile. Tale considerazione determina l’inconsistenza anche del terzo motivo con cui si lamenta il diniego della causa di proscioglimento sulla base di un diverso calcolo della somma evasa pari a 60.000 euro. La Corte territoriale ha accertato infatti un’evasione di imposta pari a 190.465 euro e ha stimato il fatto grave. La motivazione è, pertanto, immune da censure.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento al diniego del beneficio della pena sospesa, eccezione menzionata nella rubrica del quarto motivo, cui si aggiungono le doglianze in ordine alla pena, alle generiche e al beneficio della non menzione di cui alla parte finale del quarto motivo. Le richieste sono giustificate dalle deboli condizioni di salute, dal decorso del tempo e dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. La Corte territoriale ha motivatamente confermato la sentenza di primo grado osservando che il fatto era grave, il che escludeva il beneficio della non menzione, non vi erano motivi per il riconoscimento delle generiche, e per il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena che vi era un precedente penale ostativo alla formulazione di una prognosi favorevole alla non reiterazione di delitti. La motivazione è, anche sotto questo profilo, immune da censure.
Infine, manifestamente infondato è anche il quinto motivo sugli avvisi dell’art. 545-bis cod. proc. pen. La giurisprudenza ha chiarito che, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, è onere dell’imputato, nel giudizio di appello celebrato con rito cartolare, richiedere il subprocedinnento di conversione della pena detentiva previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. nell’atto di appello o nei motivi nuovi o aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni scritte o nella memoria di replica (Sez. 2, n. 4772 del 05/10/2023, dep. 2024, A., Rv. 285996 – 02), onere nella specie non assolto.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via
equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso, il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presente