Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36347 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36347 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Foligno il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato per prescrizione; uditi i difensori, AVV_NOTAIO del foro di Perugia e AVV_NOTAIO del foro di Spoleto, che insistono per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, ai fini che qui rilevano, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Roma e appellata dagli imputati, la quale aveva condannato NOME COGNOME alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per il delitto ex artt. 110 cod. pen., 5 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato al capo D), dichiarando, inoltre, non doversi procedere con riguardo ai restanti delitti tributari e al delitto associativo ex art. 416 cod. pen. perché estinti per prescrizione; il Tribunale, inoltre, aveva disposto la confisca diretta de profitto del reato per la somma di 441.770,37 euro – corrispondente all’importo dell’imposta evasa – e, in caso di impossibilità della stessa, la confisca dei beni nella disponibilità degli imputati per un valore corrispondente.
In particolare, al COGNOME, nella veste di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere l’i.v.a., si contesta di aver omesso di presentare la dichiarazione annuale per l’anno 2013, sebbene le autovetture fossero acquistate dalla società da fornitori comunitari, facendole apparentemente figurare come rivendute a NOME COGNOME quale privato comunitario con indirizzo apparente in Germania, senza che mai venissero da lui ricevute in territorio tedesco, autovetture che poi NOME COGNOME provvedeva a rivendere ai clienti indicati dalla RAGIONE_SOCIALE, consentendone così l’immatricolazione con sblocco dei telai, simulando di fatto vendite tra privati con indebito risparmio di imposta e conseguente evasione dell’i.v.a. relativa alle vendite pari a 444.770,37 euro.
Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il ministero dei difensori di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a undici motivi, che deducono:
2.1. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per erronea applicazione degli artt. 530 e 192 cod. proc. pen. in relazione all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000. Rappresentano i difensori che l’istruttoria dibattimentale si sarebbe unicamente concentrata sulle diverse fattispecie delittuose, senza che alcuna prova sia mai stati acquisita in relazione all’omessa presentazione della dichiarazione fiscale, che è stata desunta dalla violazione di altri e diversi obblighi di natura tributaria;
2.2. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in ordine alle responsabilità del ricorrente in relazione agli artt. 125, comma 3, 192, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e 111 Cost. Dopo avere riportato ampi stralci della sentenza di primo grado, ribadiscono i difensori che nessuna prova è stata acquisita in ordine alla mancata presentazione della dichiarazione i.v.a. per l’anno di imposta 2013.
2.3. la mancata risposta, con conseguente vizio motivazionale, in relazione ai primi tre motivi di appello, con cui si deduceva: la mancata analisi, da parte del tribunale, del delitto di cui all’art 5 d.lgs. n. 74 del 2000, la violazione disposto di cui all’art. 521 cod. proc. pen. e la mancanza di prova in ordine alla mancata presentazione della dichiarazione fiscale; a tal proposito, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe assente, essendosi limitata a negare genericamente le prospettazioni dell’appellante, facendo generico rinvio alla decisione di primo grado;
2.4. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione ai primi due motivi di appello, laddove la Corte di appello riferisce che la sentenza di primo grado spiega il meccanismo con il quale sarebbe stato aggirato l’obbligo di applicazione dell’i.v.a., senza spendere alcuna considerazione in ordine all’omessa presentazione della dichiarazione
2.5. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 192, 533 e 546 cod. proc. pen. sotto il profilo del travisamento della prova in ordine all’accertamento della asserita mancata presentazione della dichiarazione i.v.a. e alla qualità di legale rappresentante all’epoca della scadenza del termine per la presentazione di detta dichiarazione. Argomentano i difensori che il ricorrente, a far data dal 3 ottobre 2014, non era più amministratore della società, sicché, in ogni caso, non era più tenuto a presentare la dichiarazione;
2.6. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., in quanto la Corte di merito ha ritenuto il COGNOME responsabile del delitto ex art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 quale amministratore di fatto: circostanza che non è mai stata oggetto di contestazione e in relazione alla quale l’imputato non è stato in grado di difendersi;
2.7. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in ordine alla modificazione della qualifica di amministratore di diritto in amministratore di fatto, senza che la Corte di appello abbia motivato in ordine alla sussistenza di specifici elementi fattuali, idonei a dimostrare il ruolo ricoperto in seno all società;
2.8. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, posto che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, nessun obbligo grava sull’amministratore uscente al fine di verificare l’assolvimento degli obblighi di natura tributaria gravant sull’amministratore di diritto subentrante;
2.9. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per motivazione apparente in ordine alla insussistenza dei presupposti di cui all’art.
81, comma 2, cod. pen., avendo la Corte di appello erroneamente escluso l’unicità del medesimo disegno criminoso tra il delitto in esame e i fatti di bancarotta, per i quali è stata emessa sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. a carico del COGNOME dal Tribunale di Perugia in data 18 aprile 2023, irrevocabile il 3 giugno 2023, stante il medesimo contesto sia societario che spazio-temporale in cui sono stati commessi i fatti in esame;
2.10. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 81, comma 2, cod. pen., posto che la disciplina della continuazione è stata erroneamente esclusa sulla base della diversità dei beni giuridici tutelati dalla fattispecie al vaglio;
2.11. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 62 -bis cod. pen., per avere la Corte di merito illogicamente negato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la buona condotta tenuta dal COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riferimento alla censura incentrata sulla mancanza di prova dell’omessa dichiarazione, dedotta, a vario titolo, con i primi quattro motivi.
Se è vero che l’attività truffaldina posta in essere dal COGNOME, all’origine delle diverse imputazioni a lui originariamente ascritte, si inserisce in un contesto incentrato sul meccanismo mediante il quale veniva aggirato l’obbligo di applicazione dell’i.v.a., tale per cui le autovetture commercializzate dalla società di cui il ricorrente era il legale rappresentante venivano sottratte al relativo pagamento dell’imposta con conseguente omissione di ogni documentazione in proposito, è altresì vero che l’unica fattispecie delittuosa per la quale è intervenuta la condanna è quella di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, ossia l’omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto per l’anno 2013.
Orbene, né dalla sentenza di primo grado, né in quella di appello nonostante la questione fosse stata devoluta in maniera sufficientemente specifica (cfr. p. 17 dell’appello) – viene indicato alcun elemento fattuale da cui desumere la prova della mancata presentazione della dichiarazione fiscale, da parte della società RAGIONE_SOCIALE, con riferimento all’annualità di imposta del 2013.
Ciò posto, si deve rilevare che, alla data odierna, il termine decennale di prescrizione, decorrente dal 31 dicembre 2014, anche calcolando 107 giorni di sospensione – 64 giorni ai sensi dell’art. 83, comma 4, di. 17 marzo 2020, n. 18 (cfr. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, deo. 2021, Sanna, Rv. 280432-03) e 43 giorni per il rinvio dell’udienza dal 5 dicembre 2022 al 17 gennaio 2023 – è spirato il 17 aprile 2025.
Al proposito, si osserva che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275).
La sentenza impugnata deve perciò essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Si osserva, infine, la disposta confisca per equivalente è eliminata, ipso iure, per effetto della pronuncia di annullamento per intervenuta prescrizione dei reati di cui alla sentenza di condanna, che la confisca di valore aveva disposto (cfr. Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, deo. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01, in motivazione, par. 8)
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il residuo reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 07/10/2025.