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Omessa dichiarazione IVA: la responsabilità del prestanome

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, dichiara inammissibile il ricorso di un legale rappresentante condannato per omessa dichiarazione IVA. La Corte ha ribadito che la qualifica di ‘prestanome’ non esclude la responsabilità penale, ma anzi conferma un concorso nel reato. La condanna era fondata su prove concrete, come fatture per operazioni inesistenti, e non su mere congetture, rendendo irrilevanti le doglianze dell’imputato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa dichiarazione IVA: quando il prestanome risponde penalmente?

L’omessa dichiarazione IVA è un reato tributario che comporta serie conseguenze per l’amministratore di una società. Ma cosa succede quando chi ricopre formalmente la carica di legale rappresentante è in realtà un semplice ‘prestanome’? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che nascondersi dietro questo ruolo non è sufficiente a evitare la responsabilità penale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda il legale rappresentante di una società in liquidazione, condannato in primo e secondo grado per il reato di omessa dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2017. L’imposta evasa superava la soglia di punibilità prevista dalla legge.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la motivazione della condanna sarebbe stata viziata. A suo dire, i giudici di merito avevano fondato la loro decisione esclusivamente sulla testimonianza della curatrice fallimentare, la quale avrebbe quantificato il debito IVA basandosi su fatture ritrovate presso una non meglio specificata ditta fornitrice, rendendo la prova puramente congetturale. In sostanza, l’imputato lamentava la mancanza di prove certe a sostegno dell’accusa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo presentato dall’imputato non fosse consentito in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata. Inoltre, la difesa mirava a una nuova valutazione delle prove, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non sui fatti.

Le Motivazioni della Cassazione sull’omessa dichiarazione IVA

La Corte di Cassazione ha rafforzato la decisione dei giudici di merito, evidenziando la correttezza del loro ragionamento. Le motivazioni principali si fondano su due pilastri:

1. L’irrilevanza della difesa del ‘prestanome’: I giudici hanno sottolineato che l’argomento difensivo secondo cui l’imputato sarebbe stato un mero prestanome non solo non lo scagionava, ma, al contrario, confermava implicitamente la sua responsabilità. Secondo la Corte, infatti, chi accetta di agire come prestanome risponde del reato in concorso con l’eventuale amministratore di fatto. La posizione formale di legale rappresentante comporta l’assunzione di tutti gli obblighi e le responsabilità che ne derivano, inclusi quelli di natura fiscale.

2. La concretezza delle prove: La Corte ha smontato la tesi della ‘prova congetturale’. La società amministrata dall’imputato era destinataria di fatture per operazioni inesistenti emesse da una società fornitrice ben identificata e tutt’altro che sconosciuta. Di fronte a un verbale di accertamento che contestava queste operazioni, l’imputato non aveva fornito alcuna controdeduzione o prova a sua discolpa. Pertanto, la base probatoria era solida e non basata su mere supposizioni.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale tributario: la responsabilità penale per i reati fiscali ricade su chi riveste formalmente la carica di legale rappresentante. La difesa basata sul ruolo di ‘prestanome’ è inefficace e, anzi, può essere interpretata come un’ammissione di partecipazione al disegno criminoso. La decisione serve da monito per chiunque accetti di ricoprire cariche societarie formali senza esercitare un effettivo controllo sulla gestione, poiché gli obblighi di legge, specialmente quelli fiscali, non possono essere delegati o ignorati. L’omessa dichiarazione IVA rimane un reato grave per cui è chiamato a rispondere, in prima persona, chi rappresenta legalmente la società.

Un legale rappresentante che agisce come ‘prestanome’ è responsabile per l’omessa dichiarazione IVA?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, agire come prestanome non esclude la responsabilità penale. Al contrario, questa circostanza conferma una partecipazione al reato in concorso con l’eventuale amministratore di fatto, poiché la carica formale comporta l’assunzione di tutti gli obblighi legali, inclusi quelli fiscali.

Su quali prove si è basata la condanna per evasione fiscale nel caso di specie?
La condanna si è basata su elementi concreti, in particolare su fatture per operazioni inesistenti emesse da una specifica e identificata società fornitrice. I giudici hanno ritenuto questa prova solida, soprattutto perché l’imputato non aveva fornito alcuna argomentazione a sua difesa a fronte del verbale di accertamento che gli era stato notificato.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché non sollevava questioni di legittimità, ma si limitava a riproporre critiche già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Inoltre, la difesa chiedeva una nuova valutazione delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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